BOLOGNA. Rimarrà a Bologna per quasi un mese la mostra “Daft Punk: a French Touch” che, a un anno esatto dall’uscita del loro ultimo album Random Access Memories, ripercorre gli ultimi anni del duo di Parigi. La mostra, esposta all’Ono arte, si compone di 15 scatti ed è curata da Ono arte e Dario Destefanis.
Dopo essersi incontrati nel 1992, Thomas Bangalter e Guy Manuel De Homem-Christo aka Daft Punk, ci metteranno qualche anno prima di essere riconosciuti come punte di diamante della nuova musica house francese, nota anche come “French Touch”. Di questa nutritissima compagine di artisti fanno parte anche gli Air, Cassius, Digitalism, Ratatat o Justice – solo per citarne alcuni – ma chi meglio di tutti ha saputo creare e alimentare la propria immagine mediatica – e non – sono stati proprio i Daft Punk. «Ci fu un incidente nel nostro studio. Stavamo lavorando con il sampler e questo esattamente alle 9.09 del 9 settembre 1999, esplose. Quando riprendemmo conoscenza, ci accorgemmo che eravamo diventati dei robot». Così Bangalter descrive la loro trasformazione che da quel 1999 si è fatta totale, tanto da non sapere, se non per qualche foto rubata, quale sembianza si nasconda sotto ai loro caschi luccicanti, ormai marchio di fabbrica del duo parigino.
Il loro nome, che deriva da una recensione apparsa sulla rivista britannica “Melody Maker”, che li aveva definiti “un gruppetto di avanzi della società” (“a bunch of daft punk”) quando ancora militavano nei Darlin’, a partire dal 1997 diventa familiare non solo agli appassionati del settore, ma anche ad un pubblico più ampio. Il loro singolo più famoso, Around the World, inscindibile nella memoria collettiva dal magistrale videoclip realizzato da Michel Gondry, ne ha sicuramente sancito la notorietà a livello globale, tanto da essere ancora nella TOP 100 delle canzoni dance più ballate di tutto il mondo. Oltre alla musica, che rimane il fulcro e il nodo cruciale del loro lavoro, i Daft Punk non si sono mai tirati indietro di fronte a collaborazioni più svariate, tanto da utilizzare l’album Discovery (2001) come colonna sonora al film d’animazione Interstella 5555, oppure, a dimostrazione della deformità congenita di matrice elettronica, hanno prodotto e recitato nel film Daft Punk’s Electroma, presentato al Festival di Cannes del 2006. E, proprio a partire dalla loro presenza scenica e dalla scelta di non mostrarsi mai senza l’immancabile “divisa”, i Daft Punk si impongono come il soggetto perfetto per i maggiori fotografi di moda e non, e le immagini in mostra ce ne danno un condensato. Dalle foto più posate e iconiche riprese da Claude Gassian e Jay Brooks si passa a quelle da palco, in cui la parte performativa sembra sempre essere l’elemento caratterizzante dell’esibizione. In questo senso, un fotografo d’eccezione come Alex Astegiano, fondatore ed ex Marlene Kuntz, ne ha restituito l’immagine più plateale: uno spettacolo di fasci di luci, giochi geometrici e colori acidi fanno da sfondo a una performance totale.
Info: onoarte.com