MILANO. Martedì 23 settembre alle 21 Ferdinando Scianna incontrerà il pubblico dello Spazio Tadini (via Niccolò Jommelli, 24) in occasione dell’uscita di Visti&Scritti (ed. Contrasto). Il fotografo dialogherà con Alberto Bianda, l’art director che ha curato e impaginato il volume, per raccontare come è nato questo libro che lega insieme immagini e parole. L’incontro, il primo in cui si presenta Visti&Scritti a Milano, sarà un’occasione unica per scoprire i segreti della fucina creativa del grande maestro della fotografia.
Visti&Scritti è l’ultimo libro pubblicato da Ferdinando Scianna, nella collana In Parole di Contrasto. Si tratta di un libro che chiude un ciclo personale, che si potrebbe definire il ciclo della memoria, che comprende tre volumi. Prima di quest’ultimo ci sono stati, Ti mangio con gli occhi (2013, Contrasto) e nel 2001 Quelli di Bagheria. Ciclo della memoria perché rievoca l’infanzia e la prima giovinezza di Scianna in Sicilia, ma anche perché si avvale del tema del cibo come innesco del racconto. Nell’ultimo libro il fotografo siciliano raccoglie 350 ritratti realizzati in oltre cinquanta anni di mestiere. Per ogni ritratto Scianna ha scritto un testo che lo accompagna, tentando quindi un grande affresco autobiografico. Libro memoria, libro specchio anche Visti&Scritti dunque.
Ma i tre titoli insieme propongono anche un nuovo percorso narrativo per Ferdinando Scianna. L’autore, infatti, sperimenta e propone dei libri nei quali le fotografie si coniugano in maniera stretta e inscindibile con la scrittura. Ha sempre dichiarato che l’obbiettivo centrale della sua idea di fotografia sono i libri. Ne ha pubblicati oltre quaranta e sono stati sempre al centro della sua riflessione su come finalizzare il proprio racconto fotografico. Ma una cosa è comporre un album di fotografie, altra cosa è scrivere un romanzo o un saggio, altro ancora concepire dei libri in cui questi due linguaggi ambiscano a un nuovo, diverso tipo di racconto, che non è possibile leggere prescindendo dalle immagini, né – guardando le immagini – prescindendo dalle parole che vi scorrono insieme (e non accanto).
Per progettare libri di questo tipo, a cominciare da Quelli di Bagheria, Scianna ha capito di avere bisogno di una relazione importante e diversa con un art director con il quale stabilire un rapporto dialettico, profondo e molto complice per organizzare la vera e popria architettura del libro. L’incontro con Alberto Bianda è stato in questo senso fondamentale. Scianna concepisce i propri libri autonomamente, ma rispetto ai tre succitati (come anche, per esempio, per la grande monografia La Geometria e la Passione, pure realizzata insieme) considera Bianda alla stregua di un coautore. Nel senso che il contributo dell’art director alla realizzazione non è stato semplicemente grafico e formale, ma molto più profondo, essendo entrato nello spirito stesso del libro contribuendo in maniera molto rilevante al risultato finale.