MILANO. Fino al 22 novembre le Officine dell’Immagine (via Vannucci 13) ospiteranno la personale di Tamara Ferioli. Il tema ruota attorno al suo soggiorno in Islanda e, in particolare, sull’isola Heimaey, a sud della costa.
La mostra, curata da Björg Stefánsdóttir, presenta un’installazione con disegni su tela e fotografie che indagano la relazione tra Uomo e Natura, ovvero il legame che si crea tra una persona e un luogo che l’accoglie per la prima volta ma che gli sembra di conoscere da sempre. La stessa isola di Heimaey – letteralmente ‘Casa Isola’ – è simbolo di questa relazione: vittima, nel 1973, di un’eruzione vulcanica che ha distrutto quasi metà della città, conserva ancor oggi il calore che si sprigiona dal terreno in prossimità del vulcano e che riporta le persone a un più intimo legame con la Natura. Nei lavori di Tamara Ferioli, il viaggio riveste una parte importante e partecipa al suo processo creativo, attraverso elementi naturali, come piante, fiori, pietre, sabbia lavica, ossa, e altri materiali biologici, come se percepisse le terre islandesi a livello psicosomatico.
Il percorso espositivo si apre con un’installazione, emotivamente ispirata dalla violenta, ma al tempo stesso rassicurante, natura islandese. Il suo peregrinare sul territorio, l’ha portata a imbattersi in una casa abbandonata che era stata invasa da un grosso masso che ne aveva modificato la conformazione, fino a farla diventare parte integrande del paesaggio. Allo stesso modo, negli ambienti della galleria, Tamara Ferioli ha ricreato questa abitazione in modo che si erga come una grande presenza, attorno alla quale si possa girare attorno. Il soffitto sembra appoggiarsi interamente sulla casa come una grossa pietra quasi a voler dare l’impressione che voglia invaderla. La casa è, inoltre, totalmente ricoperta con ossi di seppia che si spandono fino sul pavimento.
Attraverso l’uscio fuoriescono rumori di varie presenze naturali che l’artista ha registrato durante il suo peregrinare in Islanda, come il vento, i ghiacciai che si sfaldano, l’eco di una cascata catturato all’interno della fabbrica di aringhe abbandonata di Djupavik. Inoltre, calpestando gli ossi di seppia, i visitatori potranno interagire con l’installazione e lasciare un segno tangibile del loro passaggio.
Anche nei minuziosi e delicati disegni a matita su tela, l’artista conserva il suo legame con gli elementi della Natura; in alcuni, i soggetti sono piante, pesci, fiori, foglie e altri oggetti trovati; in altri, si vede un corpo umano nudo che si relaziona con gli elementi biologici e la cui simbiosi viene accentuata dall’applicazione dei capelli rossi della stessa Ferioli. Intervento che l’artista ripropone sulle fotografie per creare nuove forme che modificano il paesaggio raffigurato.
Tamara Ferioli è nata a Legnano nel 1982. Dopo aver studiato all’École des Beaux-Arts di Lione, si diploma presso il dipartimento di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Attualmente vive e lavora a Milano. Negli ultimi anni, la giovane artista milanese ha partecipato a numerose esposizioni personali e collettive, in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero.