Sarà ospitata a Modena, al Foro Boario, fino all’11 gennaio la personale di Kenro Izu “Territori dello spirito” . Curata da Filippo Maggia la mostra è interamente dedicata al lungo lavoro che ha spinto l’artista ad esplorare i più importanti luoghi sacri del mondo, dalle piramidi d’Egitto alle antiche pietre di Stonehenge, dalla città di Angkor in Cambogia ai templi buddisti di India e Indonesia, dal deserto della Siria alle alte vette del Tibet.
Ecco cosa ci ha detto Izu sulla mostra modenese e sul suo percorso artistico.
Hai iniziato a studiare nel campo medio, poi è arrivata la fotografia. Come mai questo cambio radicale?
Non ho fatto studi specifici per la fotografia. Ho iniziato ad usare la macchina fotografica collegata al microscopio per fotografare i microorganismi. Poi, quando ho cambiato il mio indirizzo dal campo medico a quello artistico , ho “tolto” la macchina fotografica dal microscopio ed ho cominciato a fotografare paesaggi e gente.
Sei cresciuto vicino a Hiroshima. La sua storia ti ha influenzato in qualche modo?
Mmm no. Nono nato a Osaka e ho speso 6 anni della mia giovinezza a Ywakuni che non è a Hiroshima, è a circa un’ora. Sono poi nato dopo la guerra, per cui non ha avuto influenza diretta sulla mia attività.
Più tardi, invece, ti sei trasferito a New York. Come mai questa scelta?
Quando ero al college, a Tokyo, mi è arrivata la notizia che a New York la fotografia era considerata una forma d’arte, cosa che in Giappone non era. I musei, così come gli eventi, erano di un arte che non avevo studiato, non c’erano in Giappone, ma il MOMA di New York era il primo museo con un reparto per la fotografia, era considerata una forma d’arte. Ed anche a Manhattan c’erano due gallerie d’arte che ospitavano esclusivamente fotografia. Ho studiato due mesi a New York e mi è piaciuto molto, avevo 20 anni e mi sono divertito molto anche con la musica, l’arte… così ho cominciato a cercare un posto per vivere lì. Poi ho pensato a quanto sarebbe stato bello aprire lì il mio studio.
Sulla tua biografia si legge che hai cominciato a fotografare viaggiando per scoprire le sette meraviglie del mondo.
Quando stavo ancora decidendo di fare un book ho preso le mie fotografie come esperimento e ho dovuto scegliere una direzione… Street photography, landscapes photography… cosa scegliere? Non ero sicuro, così ho deciso di fare un grosso viaggio in Egitto per capire cosa fare. E dei quattro viaggi fatti in Egitto sono rimasto affascinato dalle tombe fatte di pietra. Da allora si è sviluppato il mio interesse per i monumenti di pietra, sui posti segreti… Ed è così che ho deciso che quello sarebbe stato il mio indirizzo artistico.
Utilizzi macchine fotografiche molto antiche. Hai avuto qualche maestro, qualche tecnico che apprezzi in particolare?
Non ho avuto nessun maestro per quelle. Ho studiato le basi della fotografia al college a Tokyo e l’uso di una grossa macchina fotografica con cui faccio la maggior parte delle mie foto è stata un’ispirazione.
Non ci sono molti monumenti storici a New York. Questo ti ha dato un’ulteriore spinta nello scoprire, nel cercare nel mondo monumenti dal flavour storico?
Ad oggi, il mio viaggio più importante è quello in Egitto ed è lì che nasce la mia ispirazione. Sin da quando ero bambino avevo l’idea di vedere le sette meraviglie del mondo come Stonehenge, Bogotà, Angkor Wat… ci sono molte culture in questi monumenti e ho cominciato a capire anche il mio interesse oltre che per la storia e la loro architettura, per il lato spirituale delle cose. In alcuni posti non sono andato, in altri invece ci torno spesso. In America ho visitato monumenti degli indiani… dei nativi americani nel Southwest.
A Modena presenti una selezione di Sacred Places. Quali sono? Cosa possiamo vedere in questa selezione?
Questa è una retrospettiva dei miei 34 anni di viaggi, cominciata nel 1979 con le mie prime foto in Egitto fino in India, nel 2012. Ho proseguito il mio viaggio anche nel 2013 ma non abbiamo avuto il tempo per avere nuove immagini, quindi, questa a Modena è una retrospettiva dei miei viaggi. Posti in cui sono stato, che mi hanno ispirato.
Un progetto non ancora finito, quindi.
Il progetto sta ancora crescendo. In realtà nel nuovo lavoro che sto facendo in India sono più i ritratti di persone dei paesaggi. Questa però non è solo una nuova serie separata ma a tutti gli effetti uno sviluppo di “Secret Places”. Dopo “Secred Places” ho lavorato alla serie “Bhutan The Secret Within” e poi un’altra ancora in India, “Where Prayer Echoes”, sulla gente in preghiera e sui posti sconosciuti. E ora, con “Eternal Light of India” l’evoluzione del progetto dove il soggetto principale sono le persone piuttosto che le preghiere. Un progetto sulla vita, sul fatto che tutto è in un unico grande ciclo. Che dire… è il mio progetto di una vita e sto andando ancora avanti.
Qui il video con l’intervista in lingua originale.
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