FOLIGNO. Dopo la grande mostra dedicata a Edward Weston, il Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, nuovamente in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e la sua Fondazione Fotografia, ospiterà fino al 25 gennaio la mostra “Visioni del mondo” dedicata a Daido Moriyama, fotografo on the road, spirito libero e viaggiatore solitario, tra i maggiori protagonisti della fotografia contemporanea giapponese.
Curata da Filippo Maggia e Italo Tomassoni, la mostra raccoglie una selezione di oltre 120 fotografie realizzate dagli anni Sessanta fino ad oggi, che ripercorrono l’intensa carriera dell’artista evidenziandone il personale approccio col mondo e offrendo al contempo una lucida visione sulle trasformazioni che hanno segnato la storia giapponese.
È una ricerca quotidiana senza fine quella che spinge Moriyama a realizzare migliaia e migliaia di scatti, per anni, per una vita. Immagini dai bianchi e neri contrastati, spesso sfocate, graffiate, sovraesposte o sgranate, che tracciano i contorni di un’esistenza priva di legami con un luogo d’origine o di vincoli dettati dalle convenzioni sociali.
Per Moriyama ogni singola cosa che si offre al suo sguardo è degna di essere fotografata: non è importante il soggetto, né chi sia l’autore, perché non c’è distinzione tra la realtà vissuta e la realtà nell’immagine – spesso fotografie di fotografie tratte da magazine, poster, pubblicità, televisione si mischiano a quelle scattate dal vivo. Ciò che conta è il frammento di esperienza, parziale e permanente, che la fotografia può trovare, quell’unica verità che esiste solo nel punto in cui il senso del tempo del fotografo e la natura frammentaria del mondo si incontrano.
Parallelamente alla mostra, sarà inoltre allestita una selezione di opere video di artisti dell’Estremo Oriente dalla collezione di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Sotto il titolo Asian Contemporary, sono presentate le opere di Tabaimo, Yasumasa Morimura, Miwa Yanagi, Kimsooja e Yang Fudong.
Hiromichi (Daido) Moriyama nasce a Ikeda-cho, Osaka, nel 1938. A causa del lavoro del padre, impiegato per una società di assicurazioni, trascorre l’infanzia trasferendosi in diverse città del Giappone. Nel 1961 si stabilisce a Tokyo dove entra in contatto con i fotografi Shomei Tomatsu ed Eikoh Hosoe, del quale diventa assistente. Poco dopo inizia la carriera da freelance e nel 1967 vince il premio della Japan Photo-Critics Association come artista emergente.
Nel 1968 pubblica il suo primo grande libro Japan: A Photo Theater, che include anche la precedente serie Pantomime. Questo lavoro si pone in assoluta rottura con tutto ciò che fino ad allora era stata la fotografia giapponese: immagini di attori o militari americani si mescolano a scene di vita quotidiana e a scorci urbani, senza alcun riferimento al contesto o alla struttura narrativa d’insieme. Ogni frammento è rimescolato in un flusso unico, caratterizzato da uno stile diretto e istintivo.
In quegli anni Moriyama collabora con diverse testate, la più importante delle quali – benché uscita in tre soli numeri – è “Provoke”, rivista d’avanguardia destinata a influenzare radicalmente la fotografia giapponese degli anni a venire. Definita dal suo stesso sottotitolo “Provocative material for thinkers”, la rivista sostiene l’idea che, in un mondo in cui le parole hanno perso la loro forza, solo la fotografia può raccogliere frammenti della realtà e presentarli come materiale capace di provocare pensiero. Non importa la composizione estetica perché l’obiettivo non è fare una bella fotografia: ogni scatto ha valore, al pari di un altro, anche quelli sbagliati, fuori fuoco, sgranati, presi senza inquadrare o a occhi chiusi.
Quello di “Provoke” per Moriyama è un periodo di sperimentazione e di riflessione sulla fotografia, sulla sua essenza e sul ruolo del fotografo. In accordo con altri, arriva a sostenere il principio dell’anonimato: il fotografo è un selezionatore, è il primo spettatore di un’immagine più che il suo creatore. Gli scatti dal vivo si mescolano quindi a riproduzioni di foto tratte da magazine, poster, pubblicità o televisione.
Nel 1968 Moriyama legge On the road di Jack Kerouac. La cultura della Beat generation va ad aggiungersi al suo immaginario, già influenzato da artisti come Andy Warhol e William Klein. Nello stesso anno compie un viaggio senza meta lungo le strade del Giappone, a bordo di una vecchia Toyota malandata, poi in autostop, fotografando qualsiasi cosa si presenti lungo il cammino. I suoi scatti confluiranno nella serie A Hunter del 1972, dove appare per la prima volta l’immagine del cane randagio, destinata a divenire una sorta di autoritratto del fotografo. Il libro afferma definitivamente lo spirito erratico di Moriyama, il suo vagabondare libero da imposizioni o convenzioni sociali, la sua natura anarchica.
Le posizioni fin qui elaborate vengono portate all’estremo con Farewell Photography, volume pubblicato nel 1972. La serie include immagini prive di qualsiasi traccia riconoscibile, scatti dalle inquadrature casuali, dalle esposizioni improbabili, fotografie graffiate, sporche, sgranate, fatte di ombre e di bagliori accecanti. Il libro segna un nuovo momento di passaggio: Moriyama cade in una crisi profonda da cui uscirà solo nei primi anni ottanta. Gli scatti realizzati all’inizio di questo periodo hanno come soggetto la natura e le zone rurali del Giappone tradizionale, in cui l’autore sembra cercare rifugio.
Nel 1982, dopo un lungo periodo di assenza, Moriyama torna alla fotografia con il libro Light and Shadow. La città fa di nuovo da sfondo al libero girovagare del fotografo. Il suo sguardo è come sempre capace di conferire valore a dettagli apparentemente insignificanti ma le immagini sembrano evocare con una diversa intensità emotiva i chiaroscuri della vita, i suoi contrasti.
Negli anni Novanta arriva il successo internazionale che lo porta ad esporre in diverse gallerie e musei di tutto il mondo, tra cui il MoMA di San Francisco, che nel 1999 gli dedica la grande retrospettiva Daido Moriyama: stray dog consacrandolo come uno dei grandi autori della fotografia contemporanea.
Da allora Moriyama non ha mai smesso di fotografare. Continua a percorrere le strade del mondo e a filtrare attraverso il suo sguardo ogni esperienza vissuta, senza mai tradire il suo spirito libero e anarchico, sempre fedele alla sua natura di cane randagio.
Tra i numerosi musei e istituzioni che hanno presentato il suo lavoro: San Francisco Museum of Modern Art (1999, 2009); Metropolitan Museum di New York; Fotomuseum di Winterthur (1999), White Cube, Londra (2002), Fondation Cartier pour l’art contemporain, Parigi (2003), Kunsthaus di Graz; Museum of Contemporary Art di Vigo, Spagna (2005), Museum of Contemporary Art, Tokyo (2008), Tate Modern, Londra, Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles (2012).
Tra le principali pubblicazioni: Japan: A Photo Theater, Muromachi Shobo (1968), The Japanese Box, Edition 7L/Steidl (2001), transit, eyesencia, (2002), Daido Moriyama Complete Works vol.1, Daiwa Radiator (2001), Memories of a Dog, Nazraeli Press; Daido Moriyama Complete Works Vol.2/Vol.3/Vol.4, Daiwa Radiator (2004), Moriyama/Shinjuku/Araki, Heibonsha; Buenos Aires, Kodansha press (2005), Farewell Photography, Power Shovel Books, Tokyo (2006), Kyoku/Erotica, Asahi Shimbun Publications inc.(2007); Hokkaido, Rat Hole Gallery (2008); Daido Moriyama. Visioni del mondo, Skira (2010).