PALERMO. Norman Lewis appunta questo pensiero nelle sue memorie militari, dopo avere assistito al pianto inconsolabile di alcune bambine in un ristorante di Napoli. Un evento di vissuto quotidiano durante gli anni della Guerra che, tuttavia, si attacca visceralmente alle pareti delle memoria.
Si tratta di gesti, accadimenti o situazioni che non possono essere dimenticati, proprio per la loro attraente tragicità. Un appunto che suona come un comandamento laico: non dimenticare che il dolore esiste, che non ci si abitua mai a conviverci.
Nella sua prima antologica — inaugurata lo scorso maggio 2016 negli spazi dell’ex hangar industriale ZAC ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo — l’artista Mustafa Sabbagh (1961, Giordania) mette in scena un pianto similmente tragico nella sua bellezza.
Un pianto doloroso, schizofrenico eppure catartico, fatto di lacrime vischiose, come nero liquido, come il sangue che macchia le mani di chi è innocente soltanto in apparenza. La mostra ‘XI Comandamento: non dimenticare’ è una commistione riuscita di mito, nevrosi, violenza e quotidianità in uno spazio di 2000 mq che si è rivelato pronto ad accogliere non solo immagini fotografiche ma anche installazioni scultoree — vedi Rinasci:mentale, Das Unheimliche e Dark Room — e installazioni video — vedi Anthro-pop-gonia e Chat Room.
Percorrendo in lungo lo spazio dell’edificio, si è incessantemente accompagnati da un lamento gutturale, un rumore sordo che scandisce la visita, la quale si rivela un’inquietante viaggio nelle storture culturali del XXI secolo.
Se è vero che — come Deleuze e Guattari affermavano — “ogni delirio è sociale, storico, politico, e razziale”, Sabbagh riesce a delineare questi aspetti in tutta la sua complessità.
Onore al Nero
In mostra, la serie che forse più di tutte ha consacrato Sabbagh è Onore al Nero (2014 – continuativo). Una serie in cui l’artista si cimenta in esperimenti cui filo conduttore è il nero, in ogni sua cromia. Corpi umani e minacciose figure, ricoperte “dalla testa ai piedi con (…) oggetti-feticcio della quotidianità”, sembrano subire un inarrestabile processo di annullamento. I modelli di Sabbagh sono intrisi di colore catramato, che li definisce e li oscura, mettendone in evidenza soltanto i tratti più inquietanti, come denti digrignati, o sigarette mai spente.
Candido e Chat Room
La folle battaglia tra luce e tenebre, tra ataviche pulsioni e redenzione del proprio Io, si dipana lungo la serie del 2016 Candido, così come nei 02’55’’ dell’installazione video Chat Room (baciami giuda e cristo, pietà). Si tratta di peccatori laicamente perdonati per le loro colpe. Un giovane Caino incosciente del suo peso da assassino,candido nella sua efferata fanciullezza. Un Giuda “perfetto nelle sue imperfezioni” e nel suo giustificato ruolo di aguzzino. Entrambi antonomasia e paradosso di una vuota quanto autoconvinta assoluzione.
Made in Italy
Da storico-religiosa, la candida fanciullezza — non più colpevole bensì vittima di una Dichiarazione dei Diritti imperfetta — si declina in forma politico-sociale nella serie Made in Italy — Handle with care (2016), acquisita nella collezione permanente di arte contemporanea del MAXXI di Roma – e attualmente esposta anche al MAXXI a sigillo, ed a suggello, dell’antologica sui Maestri della fotografia Extraordinary Visions.
Sabbagh pone in fila veri e propri “bambolotti”, pronti all’uso di futuri acquirenti. Gli amanti del made in Italy non possono disdegnare il nuovo arrivo sul mercato di un tale prodotto, che allude alla violenza sui minori, alla tratta, allo sfruttamento. Sabbagh confeziona questa serie concependola come monito circa i diritti negati o ancora da ottenere, su mercificazione umana e scambi illeciti, seppure “maneggiati con cura”.
Anthro-pop-gonia e Rinasci:mentale
“Per dare forma al mondo di domani è necessario ripensare le nostre molteplici radici”. E questo è quello che Sabbagh fa riportando in auge i più celebri miti, i quali tuttavia si manifestano soltanto a partire dalle loro devianze. “Nuovi miti, incarnati dai divi e dalle vamp hanno conservato la forza apparente di quelli dell’antichità, ma sono svuotati di ogni sostanza mitopoietica“. Così nei video di Anthro-pop-gonia e nella installazione Rinasci:mentale, ci si ritrova faccia a faccia con un’Arianna squillo, un Minotauro culturista, una Leda zoofila, e davanti alla riproduzione di un busto greco che, in barba ai principi winckelmanniani, assume schizofreniche espressioni, ai limiti del grottesco.
Nevrosi e intime perversioni coesistono all’interno di “XI Comandamento: non dimenticare”, la quale si configura come un’antologica dalle forti qualità simboliche. Quasi come in una tragedia greca, in questa mostra si snodano i tratti più oscuri della psiche umana, che Sabbagh magistralmente cattura attraverso degli scatti di costruita quotidianità.