MODENA. Rimarrà aperta fino al 9 luglio la mostra “Numi” di Fiorella Iacono alla Gate26A_ (via Cartoleria 26/a).
Si chiamano ierofanie quei luoghi reali che contengono una spinta non così tanto occulta verso l’immaginario; in quel luogo, in quel sito ripristinato dalla memoria e dalla voce lontana di un ricordo, si conserva in maniera inesplicabile, un’azione del sentire che sprigiona un’attività molto vicina a ciò che chiamiamo sacralità definita nell’oggetto sacro del ricordo. Da questo sottofondo, nascosto, irreale, perché occultato dalla ragione e rinvenuto alla luce soltanto attraverso una percezione spontanea, sincera, dei nostri sensi, possiamo intendere un qualcosa di più che ci ha coinvolto emotivamente, sapendo che il nostro sentire non è uno stato temporaneo ma supera, quasi incredibilmente, la ragione del tempo, la temporalità almeno più prossima e contemporanea. Il lavoro fotografico di Fiorella Iacono proietta sul fotogramma degli oggetti esclusivi che hanno il privilegio di essere dei sacri Numi. Ogni immagine rappresenta il cristallizzarsi estremo di un viaggio fatto, prima di tutto, nella propria interiorità, anzi la sua lente si focalizza in un luogo segreto che produce memoria. Non bisogna escludere, infatti, da questi Numi, un’idea della Musa come un’entità che può evocare le cose: è il discorso più prossimo alla poesia; ma nell’arte fotografica, nell’immaginario che evoca, si percepisce una immediata oggettività, una nostalgia metafisica quanto mai vicina; proprio per questo motivo esiste un sentimento d’immagini sopravvissute di rimpianto, emblematiche di un loro sottile imperativo di esserci per sempre, a discapito della memoria perduta di un lascito testamentario dimenticato. Il loro sostrato, allora, non è effimero, disciolto da un qualunque senso: come nell’immagine composta di tre scure, nere, pietre laviche, a prima vista vulcaniche, risalite alla luce della terra dopo un percorso millenario. Così è dunque la nostra memoria poetica? Quali impulsi agiscono per definire il perdurare delle cose?. In questa casa piena di cose a prima vista private, domestiche, gli oggetti realizzano un intreccio creativo della memoria, attingono essenze da luoghi adesso magici, sono trasportati dal cuore dell’estate in un scenario domestico e sono da qui impresse, rivelate, da un obiettivo che ha scelto di dare efficacia e un nome alla voce del ricordo.
Andrea Gibellini