Susan Meiselas è una delle fotografe protagoniste di Les Rencontres Arles.
Grazie al riconoscimento, Women in Motion, che Les Rencontres le ha riconosciuto quest anno per la sua straordinaria carriera, il festival le ha riservato una mostra che la vede a fianco ad altre due apprezzate fotografe internazionali, Eve Arnold ed Abigail Heyman, in un argomento comune: Unretouched women – femminilità non ritoccata.
Il progetto dell’autrice, in mostra fino al 22 settembre all’Espace Van Gogh di Arles, è Carnival Strippers, che è il suo primo progetto affrontato subito dopo aver completato gli studi ad Harvard in pedagogia.
Carnival Strippers
La Meiselas, dal 1972 al 1975, trascorre l’estate fotografando e intervistando donne che si esibiscono in uno spogliarello per i carnevali delle piccole città nel New England, in Pennsylvania e nella Carolina del Sud.
Il progetto da lei è stato raccontato in modo molto articolato e nella mostra in corso, è possibile anche vedere delle immagini inedite che in prima selezione e pubblicazione – il 1976 anno in cui la Meiselas entra in Agenzia Magnum – non erano state scelte.
Non si è trattato solo di scattare immagini mentre le ragazze compivano il loro lavoro: l’autrice con il suo occhio indagatore e la sua sensibilità, è riuscita a farsi accogliere dalle ragazze per poter raccontare la loro femminilità, intimità e le loro personali storie, complesse e toccanti oltre che ad ottenere la narrazione dei uomini spettatori: curiosi, ridacchianti ed eccitati. I due volti della medaglia.
Eve Arnold e Abigail Heyman
Nel contempo altre fotografe si stavano interessando alle donne sotto un aspetto più personale ed intimo. Tra queste ci sono Eve Arnold e Abigail Heyman, anch’esse associate all’agenzia Magnum, di cui vengono rispettivamente pubblicati The Unretouched Woman nel 1976 e Growing Up Female: A Personal Photo-Journal nel 1974.
La comunanza nel raccontare queste storie è da ricercare ad un fatto storico rilevante: il 1972 rappresenta l’anno in cui il Senato americano approva, con una campagna globale a favore dell’uguaglianza di genere, l’Equal Rights Amendment Act.
La mostra ad Arles per Susan Meiselas
All’incontro d’apertura della mostra, a cui eravamo presenti, Susan Meiselas racconta del suo progetto Carnival Strippers davanti ad una numerosa e interessata platea, in un’atmosfera intima intenzionalmente semi buia dell’esposizione.
“Carnival Strippers – ha spiegato – è un racconto svolto in tre estati che ho narrato in varie dimensioni e affrontato in luoghi diversi. Solo un piccolo giornale si interessò alla pubblicazione di due immagini del racconto. Venne pubblicato in Europa dopo la prima pubblicazione del libro che fu nel 1976, in versione francese ed inglese“.
E ancora: “Prima ancora della pubblicazione del libro, subito dopo aver finito il progetto, organizzai una mostra di Carnival Strippers. La collocai in quattro piccole stanze, suddivise per macrotemi, e per sottofondo si poteva sentire la registrazione dei dialoghi delle ragazze, dei loro manager e del pubblico davanti a cui si esibivano. Questo è stato un primo modo per dare voce al progetto. Pubblicato il libro, poi, ad una delle prime presentazioni a Brooklyn, un drammaturgo portoricano decise teatralizzare la copertina del libro: pensate che immensa sorpresa fu per me e per Lena, la protagonista in copertina. Era come vivere una favola: chi poteva mai immaginare una presentazione così intensa”.
L’autrice spiega poi perchè dello stesso porgetto vi furono due pubblicazioni e la differenza tra la prima e le seconda.
“Nella prima edizione del 1976 avevo deciso di includere quei volti e quelle storie delle ragazze che avevo frequentato di più e che avevo seguito nei vari luoghi, trascurando quelle che invece avevo frequentato meno, nonostante alcuni ritratti e situazioni mi piacessero allo stesso modo. Nella seconda edizione, invece, quella del 2004, ho deciso di includere anche il volto di quelle ragazze fugaci perché a distanza di anni mi piacevano ancora e le loro storie andavano raccontate”.
Tra le cose più curiose, nel suo racconto, di certo il fatto che “le ragazze non potevano permettersi di mostrare le immagini delle esibizioni ai famigliari o ai loro compagni. Quindi i singoli ritratti sono pose spontanee per regalare ai loro cari un ricordo. Non mi considero una ritrattista ma è importante notare come davanti alla camera le ragazze volessero mostrarsi per come volevano essere”.
“Il fine settimana successivo – ha poi aggiunto la Meiselas – consegnavo questi ritratti alle ragazze, tenendo conto che molte di loro erano scappate di casa o avevano dei bambini piccoli. A trent’anni dalla prima pubblicazione del libro, ho ritrovato alcune ragazze e ho avuto modo anche di conoscere le famiglie, come quella di Lena”. La connessione creata con le ragazze “è avvenuta anche attraverso i numeri di telefono che mi hanno lasciato su foglietti strappati e che ho rintracciato anni dopo”.
E in quanto alla strumentazione e la tecnica? “Ho scattato con una Hasselblad e negli anni ’70 la fotografia era una questione molto “fisica” rispetto al digitale. Alla camera oscura e alla selezione accurata delle immagini veniva dedicato un tempo tecnicamente più lungo. La scelta delle pellicole necessarie e lo sviluppo erano questioni a cui era necessario dare considerazione. Sarebbe stato comodo scattare con una digitale in posti scuri e avere a disposizione sensibilità elevate, invece allora era impossibile, per esempio, immaginare di scattare di notte per ottenere fotografie a colori. Quindi il bianco e nero per me è stata in parte una scelta obbligata, anche se qualche immagine a colori la potete vedere tra la serie”.
Unretouched women
Le foto della Meiselas e i racconti fotografici della Arnold e Heyman in questa mostra sono la testimonianza di un evoluzione visiva non solo dal femminile al femminile – sensibile ed empatica – ma anche di un cambiamento epocale che ancora oggi coinvolge le varie decisioni governative prese sulle donne come fossero ancora una proprietà.
La profondità d’intento della Meiselas è percepibile e la concezione di libertà è tangibile.
“Alcune immagini di Carnival Strippers che vedete” ha detto “sono sicuramente difficili anche da elaborare, è stato difficile emotivamente anche per me scattarle ma non avevo assolutamente intenzione di mostrare le ragazze in modo da doversi vergognare poi, anzi proprio per questo mi sono messa nei loro panni da donna come donna”.