Apre il 25 ottobre, allo spazio Cavò di Alpe Adria Cinema di Trieste, l’esposizione fotografica Caosmosi, storie minime di nuomini novunque di Paolo Youssef.
La mostra presenta una raccolta di fotografie in bianco e nero, anche di grandi dimensioni. Foto nate dalla necessità di creare una “cartografia del corpo sociale” per orientarsi in un contemporaneo fatto di diseguaglianze ed ingiustizie.
La mostra è organizzata dall’associazione Cizerouno, in collaborazione con l’associazione S@NGIORGIO 2020. Vengono presentate, qui, una serie di fotografie scattate dal 2015 al 2018 in Friuli Venezia Giulia.
Un periodo in cui fu coniata l’idea di economia e politica dell’emergenza che saturò, attraverso lo stereotipo del migrante-profugo, la discussione sul fenomeno delle migrazioni.
Una situazione che ne ha impedito di fatto la comprensione e ha lasciato sul tavolo problemi irrisolti.
La mostra di Paolo Youssef a Trieste
La mostra al Cavò rappresenta una sorta di ritorno a casa. Questo spazio espositivo è infatti incastonato nel quartiere di Cavana, cuore della città vecchia affacciata sul mare.
Nonostante l’attuale immagine mondana e modaiola conserva tutt’ora gli echi del porto, dei contrabbandi, dei postriboli e degli orinatoi a cielo aperto. Una zona calpestata da una miriade di gente in transito, tra cui stranieri, come quelli ritratti nelle fotografie. Ma anche da intellettuali, poeti e scrittori assiduamente a caccia di ispirazione.
Il titolo della mostra, poi, trae ispirazione dalla letteratura. “Caosmosi”, “nuomini” e “novunque” sono parole tratte dal quel “Finnegans Wake” nel quale James Joyce oltrepassa definitivamente il confine. Questo per mostrare che la narrazione non è il frutto di una trama, ma di un incrocio incessante di trame. Di ingorghi e situazioni paradossali, quei percorsi irrazionali dell’esistenza che fluiscono attraverso le coscienze.
Storie da raccontare
Anche in Caosmosi, compare una serie di storie non raccontate, frammenti di idee pensate da individui sconosciuti. E’ come se riuscissimo ad ascoltare i pensieri della folla enorme che ci attornia, venendo travolti da un fragore assordante.
Le fotografie di Caosmosi sono infatti tracce storiche di ciò che non è stato altrimenti mostrato dell’ondata migratoria che transitò dal Medio Oriente lungo la rotta balcanica, ovvero di cosa accadeva alla fine della Balkan Route, una volta valicato il confine Nordest dell’Italia, limbo considerato dai migranti di ultima generazione come il primo ponte verso l’agognata Europa.
Quello stesso confine che, nel XVII secolo, gli abitanti della Serenissima oltrepassavano, in direzione opposta, per raggiungere l’impero Ottomano e realizzare il sogno turco di potersi elevare socialmente a dispetto dei non nobili natali.
E ancora, quello stesso confine che fu, nei decenni della Guerra Fredda, tra i più militarizzati d’Europa, ma che ha sempre conservato il suo carattere di permeabilità e di occasione, di contaminazione e di scambio, di arrivi e di partenze. Arrivi e partenze di cui a tutt’oggi siamo testimoni.
Incontri per riflettere
La mostra sarà la cornice per una serie di incontri. Qui si parlerà del ruolo e delle responsabilità della “fotografia sociale” come cartografia del reale. Il calendario qui