Lodi e Codogno. Per l’edizione 2020 il Festival della Fotografia Etica cambia pelle, abbandona lo storico braccialetto arancione e muta il percorso, tra palazzi e spazi esterni, arrivando fino a Codogno.
La ricordiamo questa cittadina, una tra le più colpite dal Coronovirus, una tra le prime “zone rosse” dove ben 50mila persone, per questioni di sicurezza sanitaria, non potevano più entrare o uscire. Sembra un periodo davvero lontano, eppure eravamo solo al mese di marzo di quest’anno.
Realizzare questa edizione del Festival della Fotografia Etica non è certo stato facile, ma il risultato (di grande qualità) è lo stesso che ha contraddistinto l’evento negli anni passati.
Ora, spalmato su 5 week-end, con mostre all’aperto (anche gratuite), nei palazzi e nelle chiese del centro storico di Lodi, il festival è tornato. Si mostra come sempre portando un mondo nuovo in città, permettendoci di aprire i nostri sguardi. Tanti sono arrivati per scoprire le fotografie dei giovani (e non) fotogiornalisti di tutto il mondo.
Un lungo percorso tra sedi esterne, palazzi e chiese
Mappa in mano – e a distanza di sicurezza – il percorso di Lodi inizia a Palazzo Barni, vicino alla biglietteria di Piazza Broletto. Qui, come da diverse edizioni ormai, sono esposti i progetti che hanno vinto il World Report Award, tra cui lo splendido lavoro di Nikita Teryoshin che ci mostra il dietro le quinte del business mondiale della difesa e il back office della guerra come un grande parco di divertimenti per adulti.
Ad aprire le sale di Palazzo Barni è però Dario De Dominicis con un reportage che racconta come lo sviluppo industriale si sta accaparrando il territorio di Baia di Guanabara, il porto naturale di Rio de Janeiro, a discapito della pesca tradizionale.
Infine, Ingmar Björn Nolting racconta come è stato affrontato il Coronavirus in Germania, tra il 25 marzo e l’8 maggio 2020. Le mostre proseguono, poi, ai piani inferiori con un reportage di Mary Turner sugli abitanti delle valli e delle colline del nord-est dell’Inghilterra messe a dura prova dalla mancanza di lavoro e “Vitiligo” di Rosa Mariniello, un’indagine globale sulla vitiligine che hanno portato la fotografa in India, Cina, Danimarca, Cuba e Italia.
Focus sull’attualità al Festival della Fotografia Etica 2020
I vincitori di questa edizione del premio promosso dal festival si troveranno poi anche nella sede pubblica (ed aperta a tutti) ai Giardini di viale IV Novembre.
Qui esposti i singoli scatti dei vincitori e dei finalisti della categoria “Single Shot Award” tra cui la fotografia che è diventata un manifesto di questa edizione dell’evento. Ovvero lo scatto di Francesca Mangiatordi all’infermiera che, esausta, si addormenta sulla scrivania alle 6 del mattino e con la mascherina ancora sul volto.
Da qui si può facilmente arrivare a Piazza Banca Bipelle per una piccola mostra esterna dedicata ai sogni dei bambini (cosa diventerai da grande?) con fotografie di Vincent Tremeau.
Storie da raccontare e conoscere
Proseguendo, sempre negli spazi aperti al pubblico e all’aperto, si arriva al Parco Isola Carolina dove si trovano i lavori di Ernesto Pablo Piovano con un reportage sul popolo mapuche che sta cercando di difendere (al costo della vita) le proprie origini e la propria terra.
Qui anche il tenero lavoro dedicato al fenicottero Bob. A seguito di una commozione celebrale l’animale non può essere reinserito in natura e oggi vive in simbiosi con chi l’ha salvato. Un progetto di sensibilizzazione per i nativi dell’isola sull’importanza di proteggere la fauna selvatica con foto di Jasper Doest.
Infine, presente anche un lavoro del canadese Aaron Vincent Elkaim dedicato alla collaborazione tra aziende e nativi sulla costruzione di megadighe negli Stati Uniti e sugli impatti (spesso devastanti) che queste hanno non solo sull’ambiente ma anche sugli abitanti.
Ancora, da vedere, le mostre a Palazzo della Provincia. Qui un focus sugli eventi, fatti di cronaca, che negli ultimi mesi hanno caratterizzato il mondo, dagli incendi in Australia alle opposizioni ad Hong Kong fino all’epidemia del Coronavirus.
Vicina anche la mostra all’ex Chiesa dell’Angelo, una storia cruda raccontata da Maggie Steber. Si tratta del racconto di una studentessa delle superiori, Katie Stubblefield, che ha 18 anni ha tentato il suicidio rimanendo sfigurata in volto. La ricostruzione al viso, la ripresa della vita, le operazioni: tutto prende di nuovo forma attraverso le immagini.
Tra onlus e guerre
Il viaggio prosegue poi verso il Museo Paolo Gorini, con i lavori dello spazio No Profit, e al Palazzo della Prefettura con le fotografie di Alessio Romenzi dedicate al lavoro dei Medici Senza Frontiere, impegnati anche sul fronte Covid-19.
Nella Banca Centropadana, poi, si può ammirare da vicino “Pathos” il progetto di Giorgio Negro mentre a Palazzo Modignani si conclude il percorso di Lodi, con un lavoro di Antonio Faccilongo sulla guerra israelo-palestinese.
Si prosegue a Codogno
E a Codogno? Nella sede del Comune si possono trovare le fotografie di chi ha partecipato ad una call internazionale lanciata nel periodo più duro della pandemia, quello del lockdown generale. Immagini da tutto il mondo che restituiscono un racconto vero e sincero.
Insomma, come sempre un festival da non perdere per allenare la sensibilità, un dono prezioso che dovremmo coltivare il più possibile.