L’International Month of Photojournalism a Padova è tornato, con grande felicità per tutti noi appassionati di fotografia.
Una seconda attesissima edizione che, malgrado le ancora presenti difficoltà di distanziamento sociale ha già trovato un ottima risposta di pubblico. Piacevole conferma che ci arriva parlando con il direttore artistico del festival, Riccardo Bononi.
Una sentita necessità quella del pubblico, di ritornare agli approfondimenti di attualità, delle storie del mondo visibili fino al 27 giugno in vari luoghi della città veneta – oltre che gli eventi e incontri collaterali – che in questo biennio di fermo, bombardati e preoccupati da notizie quotidiani tra contagi e vittime, sono state loro malgrado messe in secondo piano.
Imp, mostre per capire il mondo
Le complessità del mondo non si sono di certo fermate e non si fermeranno mai né davanti ad una pandemia né quando tornano a galla con arroganza, ricordi dolorosi.
In effetti, è di attualità il rilascio da uomo semi-libero dal carcere di Rebibbia di Giovanni Brusca detto in siciliano “u verru” (il porco), stragista e feroce assassino tra gli altri del ricordato magistrato Giovanni Falcone.
Ex membro di Cosa Nostra, collaboratore di giustizia, nei giorni scorsi la sua messa in libertà ha profondamente turbato il nostro Paese. Una delle immagini più conosciute di quell’arresto avvenuto nel 1996 è del fotografo Tony Gentile – fotografo, docente e staff-photographer dell’agenzia internazionale Reuters dal 2003 al 2019, nato a Palermo nel 1964 -, tornata come monito su molte copertine dei quotidiani italiani.
Lui, l’omicida, al centro dello spazio in una significativa luce rinforzata dal bianco della sua camicia ‘pulita’. In contrasto, lo sguardo perso nel vuoto, quasi assente, forse un primo segno di coscienza ‘sporca’. Catturato dalle braccia dei due agenti della polizia, vestiti di nero, armati e incappucciati con gli occhi vispi rivolti verso l’esterno.
Un’immagine funesta e al contempo capovolta se vogliamo. Come dire che nel nostro immaginario potremmo rivedere la scena in ruoli inversi se fosse il contesto malavitoso. I due incappucciati, i carnefici. Il braccato, la vittima.
Una lettura d’immagine doppia a seconda di come il bene e il male può essere percepito nei due contesti, istituzione e malavita. Un immagine surreale che a cose fatte è figlia di una memoria che Gentile, scatto dopo scatto, propone in questa retrospettiva dal titolo La guerra – una storia siciliana, magistralmente pensata e allestita nella Galleria Sala della Gran Guardia – in Piazza dei Signori. Un’indelebile traccia degli eventi da lui ripresi in una apprensiva cronaca quotidiana.
Tony Gentile: come si presenta l’esposizione?
L’illuminazione naturale che entra dalle enormi vetrate aperte dalle tende, suggeriscono l’atmosfera rievocativa. Siamo in Sicilia, primi anni ’90 e come in una performance teatrale, si accede alla ‘cornice contemplativa’ delle immagini disposte e ben distanziate sui pannelli attorno agli arredi istituzionali.
Un rimando consapevole anche qui che, metaforicamente anticipa le contraddizioni che si vedranno nelle immagini: la politica, anche similitudine di istituzione, al centro con gli arredi e poi, le immagini che in satelliti tematici riprendono la vita di strada, il vissuto quotidiano anche in momenti intimi e divertenti e poi l’amarezza degli omicidi, la testimonianza senza filtri di una guerra non dichiarata, ostinatamente presente.
L’intenzione espositiva, in trent’anni di immagini, è dunque raccontare con la fotografia un pezzo importante di storia italiana.
La guerra – una storia siciliana è tratto dall’omonimo libro dell’autore con un racconto di Davide Enia (Ed. Postcard, 2015) che dal 1989 al 1994 hanno vissuto nella propria città, Palermo, i traumatici eventi protagonisti negli scatti esposti.
“Ho cominciato a fotografare a Palermo” – afferma Gentile – “la mia città di nascita, e scattare per il news è stato quasi un percorso naturale, a quei tempi, e sto parlando dei primi anni ’90, a Palermo non mancavano di certo le notizie di rilievo.”
E cosa vediamo in queste fotografie?
La contrapposizione di due forze radicate e tormentate, in una danza di opposti. Da una parte la storia sofferta di violenza e stragi mafiose, dall’altra la replica di rabbia della società civile e dello Stato nei confronti della prepotente criminalità mafiosa. La guerra nelle stragi, l’umanità nei ritratti e quell’immancabile folclore e misticismo siciliano che incorniciano la tragedia e la convivenza con l’oppressione quotidiana.
Non solo dispiacere nel dopo tra le macerie di attentati, ma anche leggerezza nell’emblematica fotografia anch’essa tra le più riconosciute carriera di Gentile. È il ritratto in bianco e nero di Giovanni Falcone che con un sorriso si avvicina a Paolo Borsellino in un bisbiglio all’orecchio.
Una fotografia felice, che incornicia la relazione di sincera amicizia e correità dei due magistrati, divenuta malgrado tutto un icona, quando solo pochi mesi dopo vengono assassinati dalla mafia. Tony Gentile aveva solo ventott’anni. Un’immagine questa che è a tutt’oggi al centro di un dibattito tra diritto d’autore in tema fotografia e l’utilizzo generalizzato dei più, che spesso distoglie la paternità della fotografia in favore di una sua condivisione e ri-condivisione senza permesso tra mille contraddizioni del sistema giudiziario italiano. Un’incoerenza sostanziale al limite del surreale.
Ebbene, questa mostra significativa ha un intenzione precisa, espressa sia dall’autore che dal gruppo IMP: divulgare attraverso una narrazione per immagini, eventi e personalità alle nuove generazioni. Non una ‘sosta’ istituzionale, ma un focus per apprezzare e approfondire chi da sempre in questo Paese pretende a gran voce legalità, moralità e buon costume. Una conoscenza legittima per comprendere e crescere.