La mostra di Mario Cresci, Un esorcismo del tempo, al Maxxi di Roma propone circa 400 fotografie vintage, documenti d’archivio, oggetti etnografici.
Un’esposizione che permette di immergerci totalmente nel Sud e nella componente magica che vi abita. Un viaggio che ci trasporta dentro le cose, le persone, il territorio, l’identità dei luoghi. Una riflessione sulla memoria e sulla capacità della fotografia di esorcizzare il tempo.
La mostra di Mario Cresci a Roma è un viaggio nel Sud
L’esposizione, a cura di Marco Scotini e Simona Antonacci, celebra Mario Cresci, maestro della fotografia contemporanea, grande sperimentatore e pioniere di un approccio antropologico alla fotografia.
La mostra è dedicata al racconto e alla ricerca degli oltre 20 anni trascorsi dall’artista in Basilicata, a stretto contatto con il territorio e le comunità che vi abitano.
Cresci, infatti, arriva a Tricarico, piccolo borgo in provincia di Matera, intorno al 1966/1967 per collaborare a redigere il Piano Regolatore della città. Conquistato dal territorio e dalla potenzialità creativa della cultura materiale locale, rimane in Basilicata fino al 1988, dove partecipa attivamente alla vita del luogo e diviene punto di riferimento per giovani fotografi e artisti lucani.
Sperimentazioni, ritratti e ricordi, da Tricarico a Matera
La mostra allestita in Galleria 5, la più scenografica del Museo, è un vera e propria immersione in Lucania e a Matera. Una spina dorsale sinuosa del colore della gravina rende lo spazio fluido, poroso, circolare. Diversi percorsi sono possibili, tra piani inclinati, pedane, gradini che ricreano il movimento della città dei Sassi.
La mostra si apre proprio su Matera, cui è dedicata una sequenza di 95 immagini conservate nell’archivio CSAC e qui esposte per la prima volta. Le foto sono il risultato di un lavoro di quattro anni, confluito nel celebre volume del 1975 Matera. Immagini e documenti sulla complessità dello sfollamento dei Sassi. Cresci fotografa luoghi e oggetti, creando un confronto serrato tra il passato e il presente della città.
Di lato, si dischiude uno spazio aperto, una sorta di piccola piazza che ci fa entrare in un tipico vicinato materano. Qui troviamo le immagini di Tricarico, dove Cresci realizza oltre 1400 fotografie di cui sono rimaste le 14 stampe originali esposte. Dello stesso periodo è la Bimba di Tricarico, una tra le prime sperimentazioni dell’autore. L’opera è entrata nella Collezione del MAXXI Architettura nel 2021 grazie al finanziamento della DG Creatività Contemporanea del MIC con il bando Strategia Fotografia, insieme a 10 stampe vintage anch’esse in mostra.
Nella stessa area troviamo Interni e Interni mossi. Sul fondo nitido di locali pubblici (latterie, bar, negozi, sale riunioni, farmacie) di Tricarico nel 1967 e spazi domestici (cucine, camere da letto, salotti) di Barbarano Romano nel 1978-79, si stagliano talvolta figure fantasmatiche, evanescenti, con i volti sempre mossi, illeggibili, quasi mimetizzati con l’ambiente. Cresci lascia che a raccontare la loro vicenda sia il contesto, la messa a fuoco degli spazi e degli oggetti. E anima così la materia inanimata.
Memoria e tradizioni
Si arriva poi al cuore della mostra con la serie Fotografia nella Fotografia. Appese alle pareti, tenute sottovetro sulle credenze, posate sui mobili, incollate sugli album o raccolte nelle scatole da scarpe, le foto di memorie familiari rappresentano una tradizione delle case contadine.
Cresci fotografa le fotografie, o realizza ritratti di famiglia in cui le persone tengono in mano immagini dei loro cari lontani, defunti o emigrati, compensandone così l’assenza. Questi archivi familiari sono dispositivi che danno forma alla memoria, la custodiscono e la perpetrano.
In una sorta di esorcismo del tempo, i ritratti hanno il potere di rendere presente una lontananza o materializzare un’assenza, raccontando storie al contempo personali e collettive, come l’emigrazione, la vita e la morte. Sono immagini vere, intime, piene di poesia, senza alcuna traccia di pietismo e nessuna concessione alla ricerca dell’esotico o del folklore.
Dodici immagini raccontano il Presepe di Tricarico, realizzato a Natale del 1976 in una delle zone più degradate del paese, utilizzando frammenti della civiltà dei consumi combinati con elementi della cultura contadina.
Oggetti e paesaggi
Lungo la parete destra della galleria, oltre 60 fotografie della serie Misurazioni sono messe a confronto con oggetti d’uso quotidiano custoditi in tre teche (timbri del pane, cucchiai in legno, galli in ceramica, giocattoli popolari, il carro della Bruna in cartapesta).
Nelle fotografie, gli oggetti sono letteralmente “misurati” e reinterpretati, a riprova dell’approccio analitico e antropologico di Cresci alla cultura contadina e riflesso della sua formazione legata al design e alla grafica.
Le possibilità di un linguaggio fotografico sono esplorate nei foto-collage un po’ di terra in cielo un po’ di cielo in terra realizzati tra Matera e Milano nel 1973, in cui fotografia e grafica interagiscono esplicitamente: qui Cresci effettua prelievi e inserzioni di paesaggi, colora e sposta porzioni di immagini.
La mostra si conclude di fronte alla grande vetrata della galleria 5, su cui sono riprodotti cinque rayogrammi della serie Misurazioni ispirati a un piccolo giocattolo della tradizione, un Pinocchio di legno.
Qui troviamo la serie Martina Franca Immaginaria del 1979, caratterizzata dal bianco della calce dei muri rotto saltuariamente da porte, finestre e dall’attraversamento di persone i cui volti non sono mai completamente visibili.
Chiude il percorso una selezione di video storici e un’intervista realizzata per la mostra. Il libro dedicato alla mostra è pubblicato da Contrasto.
Mario Cresci, Un esorcismo del tempo | |
Dove | MAXXI, Galleria 5, via Guido Reni 4/a, Roma |
Quando | fino al 1° ottobre 2023 |
Orari | Da martedì a domenica dalle 11 alle 19 |
Ingresso | 12 euro intero; 9 euro ridotto. Previste altre riduzioni |
Info | www.maxxi.art |