Vaste Programme è un duo artistico composto da Giulia Vigna e Leonardo Magrelli. Il loro lavoro si concentra principalmente sui temi del cambiamento climatico e sulle modalità di fruizione della tecnologia da parte del pubblico di massa. A Fotografia Calabria Festival hanno realizzato un progetto originale, Gli aspetti familiari, commissionato dagli organizzatori.
Un lavoro che ha coinvolto gli abitanti di San Lucido, in provincia di Cosenza, per riflettere sulle trasformazioni e sui cambiamenti dell’identità collettiva e individuale all’interno di una comunità (tema del festival).
Un progetto che “esce” dalle esposizioni di festival e che rimane agli abitanti del borgo del basso tirreno sorrentino.
Abbiamo chiesto a Vaste Programme di parlarci di questo progetto di comunità che – perché no? – potrebbe essere replicato in altri comuni, città e paesi.
Gli aspetti familiari: come nasce questo progetto?
Quando Anna Catalano ci ha contattati, abbiamo a lungo discusso, sia tra noi, sia con lei, per scegliere la direzione che fosse più attinente sia al tema del festival, sia alla nostra ricerca artistica, e alla fine abbiamo scelto di portare avanti un processo che avevamo in parte iniziato nel 2020 con il progetto: What Colour Are Your Eyes? dove i soggetti ritratti eravamo noi, i componenti del collettivo.
Insieme ad Anna, abbiamo deciso di riadattare quella ricerca, iniziata anni fa ma mai portata avanti, e provare ad espanderla lavorando insieme agli abitanti di San Lucido.
Qual è lo scopo di questo lavoro e come avete indagato il concetto di comunità?
Il nostro obbiettivo era quello di raccontare una comunità provando il più possibile a non far emergere la nostra prospettiva personale. Volevamo vedere se, rinunciando al nostro punto di vista, rinunciando a costruire noi un racconto su di un luogo che non viviamo, potesse emergere qualcosa di diverso.
Per questo motivo abbiamo deciso di tentare un approccio più neutrale (per quanto la completa neutralità in fotografia sia irrealizzabile), e di usare un espediente tecnico come filtro per guardare alla comunità di San Lucido.
- A livello tecnico come avete svolto il lavoro?
Il progetto si basa sulla tecnica della tricromia, con la quale venivano realizzate le primissime fotografie a colori. Questa tecnica è in buona parte ancora alla base delle immagini digitali a colori: sugli schermi si combinano tre immagini dello stesso soggetto (filtrate in rosso, verde e blu) e la loro somma additiva da luogo all’immagine a colori.
Per le immagini stampate vale invece un processo analogo, ma detto sottrattivo, in cui si sovrappongono tre lastre (ciano, giallo e magenta) per ottenere un’immagine a colori (e a cui poi si aggiunge il nero per dare più profondità). In sostanza, ogni fotografia che vediamo stampata, è composta da tre strati sovrapposti, che però presentano tutti la stessa immagine.
Cosa succede invece se io prendo il giallo di un’immagine, il magenta di un’altra e il ciano di un’altra ancora? Un gran macello se sono immagini completamente diverse, un effetto invece molto spaesante se compongo le lastre di ritratti di persone scattati esattamente allo stesso modo. Questa è l’idea alla base del lavoro: ricomporre in maniera casuale le diverse lastre dei ritratti della comunità di San Lucido.
Essendo un progetto elaborato che unisce diverse tecniche, ci sono state alcune difficoltà nel realizzarlo?
Sicuramente si tratta di un progetto e un processo elaborato, nel senso che è composto da diverse fasi. La prima consiste nello scattare i ritratti tutti con la stessa luce e nella stessa posizione / espressione.
Dopodiché si procede con la selezione delle foto, la post produzione e il taglio (per far sì che occhi naso e bocca coincidano quanto più possibile). L’ultima fase è poi quella della separazione dei livelli di colore e della ricombinazione della lastre per creare i nuovi ritratti. Le foto le abbiamo scattate a maggio 2023, e fino a luglio abbiamo lavorato sia alla preparazione dei file, sia al progetto allestitivo.
Vi siete ispirati a qualche fotografo/progetto/tematica particolare per realizzare il vostro lavoro?
Ci sono diversi fotografi che hanno lavorato con la tecnica della tricromia, e per quanto riguarda invece l’idea di una “catalogazione” fotografia di una comunità i riferimenti sono ancora più numerosi.
A noi però non interessava tanto l’aspetto di catalogazione, che anzi è un gesto molto autoritario, quanto l’idea che dalla neutralità del nostro sguardo potessero nascere più opportunità interpretative per lo spettatore. In questo e in altri sensi, di sicuro i ritratti di Thomas Ruff sono stati il principale dei nostri riferimenti.
Possiamo dire che “Gli aspetti familiari” nasce per trasmettere un messaggio?
Solitamente non lavoriamo mai con lo scopo di “trasmettere un messaggio”. Ci sono dei temi sui quali ragioniamo prima e durante il processo, che entrano nel progetto e che ci piacerebbe che in quale maniera venissero colti dallo spettatore, ma preferiamo non essere mai troppo espliciti e lasciare anche un pò carta bianca a chi visita la mostra.
Avete coinvolto la comunità di San Lucido in questo lavoro?
Sì, e la collaborazione è stata da subito piacevole. Per produrre le 174 fotografie finali che compongono il progetto, siamo venuti in Calabria a San Lucido a maggio. Non sapevamo bene cosa aspettarci, essendo la prima volta che coinvolgiamo in maniera così diretta (e così numerosa!) il pubblico e la comunità locale per un progetto. Di certo si è rivelata un’esperienza bellissima e divertente, che ci ha gratificato molto.
Il progetto è terminato o proseguirà?
Ci piacerebbe portarlo avanti in altri luoghi. Secondo noi potrebbe essere interessante riproporre lo stesso meccanismo in altre località, e all’interno di altre comunità, perché ci incuriosisce vedere in che maniera le sovrapposizioni possano creare sempre nuovi risultati.
Cosa vi ha lasciato questa esperienza? Vi ispirato rispetto a nuovi lavori?
Innanzitutto ci ha fatto davvero molto piacere essere coinvolti in maniera così profonda in un festival emergente. Ci siamo sentiti accolti e torneremo sicuramente a far visita durante le prossime edizioni.
È stato anche interessante vedere gli altri progetti esposti e conoscere i giurati e gli altri artisti che erano li presenti: i momenti di scambio sono sempre i più interessanti. Ma la cosa che ci ha più segnato è stata senza dubbio il fatto di creare un progetto che coinvolgesse così tante persone. Non avevamo mai lavorato in questo modo, e ci siamo divertiti ben oltre le nostre aspettative!