ROMA. ‘From the Varangians to the Greeks‘ è un progetto di Arthur Bondar che ci accompagna attraverso un’Ucraina contaminata, legata al fiume Dnieper e da esso minacciata continuamente a causa dell’altissimo tasso di inquinamento delle sue acque. La mostra inaugura venerdì 4 aprile e proseguirà fino al 23 maggio al 10b Photography.
Sin dalla mia infanzia, ho visto l’immensa bellezza della natura sulle rive del Dnieper, ormai presente solo nei miei ricordi. Tutto ciò che vedo oggi è l’incapacità, o la mancanza di volontà, da parte della mia gente di guardare al futuro. Ci dimentichiamo che la nostra stessa cultura, lingua e tradizioni sono strettamente legate alla natura. Allo stesso tempo abbiamo trasformato la nostra nazione in una grande macchina industriale grazie alla sua natura unica dalle ricche risorse naturali di cui potevamo godere. Utilizziamo tecnologie di estrazione e lavorazione mineraria obsolete, estremamente dannose per l’ecosistema. Abbiamo reso la nostra aria una delle più inquinate d’Europa. E, come se questo non bastasse, inquiniamo senza sosta le nostre risorse idriche. Sotto il mio sguardo, quello stesso fiume che era il centro della vita in questa regione sin dai tempi più antichi è diventato un centro di morte. Il livello di contaminazione del Dnieper e dei suoi affluenti è diventato catastrofico in anni recenti. I rifiuti tossici di numerose industrie, grandi città e discariche finiscono direttamente nel fiume o contaminano le falde acquifere. Ho visto le conseguenze di cosa abbiamo fatto con il ‘pacifico atomo’ della centrale nucleare di Chernobyl, che si trova sul fiume Pripyat, uno dei maggiori affluenti del Dnieper. Abbiamo costruito argini immensi e allargato nuovi territori, distruggendo l’intero ecosistema delle coste. Quasi metà della nostra popolazione vive sulle rive del Dnieper o dei suoi affluenti. I nostri bambini hanno problemi di salute enormi. Tutti i programmi di ricostruzione ambientale e assistenza medica stanno chiudendo per mancanza di fondi. E nonostante tutto questo, continuiamo a vivere qua, a respirare, a bere quest’acqua e a bagnarci in essa, perché non abbiamo altra scelta. E tutte queste sono le conseguenze di quanto ci stiamo facendo con le nostre stesse mani. Arthur Bondar