ROMA. Fino al 17 gennaio 2016 il Macro ospiterà la XIV edizione di FOTOGRAFIA – Festival Internazionale di Roma promosso dall’Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzato da Zètema Progetto Cultura, con la direzione artistica di Marco Delogu.
IL TEMA. Il festival ha scelto quest’anno Il Presente come proprio focus tematico, a partire dal quale è possibile elaborare una riflessione, mediante il mezzo fotografico, circa le molteplici dinamiche di comunicazione, interazione e relazioni che caratterizzano il vivere contemporaneo. In un mondo in costante e repentina accelerazione, la pratica fotografica – i cui meccanismi di produzione e di distribuzione sono ormai pressoché immediati – si presenta come arte privilegiata per fissare e definire il presente, per osservarlo e per delimitarne i confini. Il Presente è quindi il tema centrale che funge da filo conduttore delle varie sezioni del Festival. Oltre alla collettiva principale – dedicata al presente della fotografia italiana attraverso una selezione di artisti tra cui Olivo Barbieri, Fabio Barile, Federico Clavarino, Nicolò Degiorgis, Stefano Graziani, Allegra Martin, Domingo Milella, Francesco Neri, Sabrina Ragucci, Flavio Scollo, Giovanna Silva, Paolo Ventura – si segnalano le mostre personali di Paul Graham, Rachel de Joode, Kai Wiedenhöfer, Giovanni Cocco & Caterina Serra, Joachim Schmid, Martin Bogren, Mohamed Keita, e la XIII Commissione Roma affidata quest’anno a Hans-Christian Schink e Paolo Pellegrin.
LE MOSTRE
LA MOSTRA COLLETTIVA
La collettiva di questa edizione, curata da Marco Delogu e Alessandro Dandini de Sylva, presta particolare attenzione al presente della fotografia italiana con l’esposizione dei lavori fotografici di importanti artisti nazionali.
Olivo Barbieri “site specific_ROMA 14”
Da sempre attento alle trasformazioni metropolitane e al rapporto tra reale e virtuale, per questo nuovo progetto Olivo Barbieri si rifà al lavoro realizzato per la Commissione Roma 2004. Allora ha fotografato da un elicottero la città usando la tecnica del fuoco selettivo, partendo dall’idea che la città, vista da lontano, appare come un grande plastico in scala, dominata da un tempo immobile che pure è il nostro presente. Collegandosi a questo progetto, Olivo Barbieri propone a FOTOGRAFIA 2015 il suo nuovo lavoro site specific_ROMA 14 che fotografa dall’alto il plastico della città di Roma che si trova presso il Museo della Civiltà Romana.
Giovanna Silva “Narratives/Relazioni”
Lo sguardo di Giovanna Silva segue i ritmi delle trasformazioni locali e geopolitiche che stanno riplasmando il
nostro mondo. Come nei racconti di viaggio di fine Ottocento, le sue fotografie sono un atto di ricerca consapevole e al tempo stesso un’esplorazione degli accadimenti della realtà contemporanea. Negli anni, Giovanna Silva ha viaggiato e fotografato nei paesi in guerra o in crisi, creando un’antologia di storie per immagini di quelle nazioni attraverso i loro paesaggi.
Federico Clavarino “Italia O Italia”
Tessendo una rete di rimandi, associazioni e tranelli, Clavarino si rivolge – con quella dose di ironia che solo una relazione intima consente – alla monumentale staticità del paesaggio italiano, investendola di rinnovate allegorie. Così, prima di diventare fotografie, questi frammenti sono le città di Calvino, i versi di Montale, i vuoti di De Chirico, i colori di Morandi. La storia della rappresentazione dell’Italia si manifesta, più vivida del suo storicismo.
Domingo Milella “Index”
Da alcuni anni cerca, grazie alla fotografia, un alfabeto per affrontare il presente. Ha iniziato dalle periferie, dal paesaggio familiare, poi si è spinto molto oltre iniziando un viaggio globale, che pian piano lo ha attirato verso le terre più antiche e il mondo arcaico. Un viaggio che, afferma l’artista, lo ha portato fino a perdere il presente da cui aveva iniziato, come si è persa l’anima di tante cose in un’epoca confusa che crede troppo a immagini e tecnica. Il soggetto del suo lavoro è il tempo, la memoria e la smemoratezza, l’ignoranza, la bellezza e la violenza.
Fabio Barile “Homage to James Hutton”
Negli anni successivi al terremoto del 2009 a L’Aquila spesso la fotografia è stata usata per documentare la vita della comunità locale, dopo il disastro che ha causato numerose vittime e enormi danni al territorio.
Homage to James Hutton sposta lo sguardo sull’enigma del paesaggio naturale della regione, sovrapponendo a vedute fotografiche disegni tecnici del geologo Antonio Moretti. Linee di diversi colori ricoprono le forme naturali, lasciando immaginare il novero di forze invisibili in azione su quei rilievi, formazioni rocciose, avvallamenti.
Flavio Scollo “OMO”
Il 20 luglio del ’69 l’astronauta Neil Armstrong mise piede per la prima volta sulla Luna lasciando impressa la
forma ovale dello scarpone, che divenne presto talmente iconica da divenire parte integrante del paesaggio lunare. 350.000 anni prima alcuni appartenenti ad una delle tante specie di homo esistite lasciavano le loro impronte sulla superficie di un complesso vulcanico nel casertano. Entrambe le orme sono testimoni di grandi imprese dell’uomo, dell’incredibile capacità di superare abilmente gli ostacoli tecnologici e naturali. Oggi come ieri gli uomini sono in movimento per sete di conoscenza o per sopravvivenza L’uomo com’è oggi, deve la sua esistenza proprio a questa spinta.
Nicolò Degiorgis “Peak”
All’esplorazione dell’idea di “casa”, “patria”, “luogo natale” sono votati i più recenti progetti di Nicolò Degiorgis, che ha rivolto il proprio sguardo sul presente del territorio stretto tra le Dolomiti Cadorine e la laguna di Venezia, il profondo Nord-Est d’Italia. Muovendo da solide premesse sociologiche, la sua attenzione si è spostata dalla complessità del panorama umano all’incanto delle formazioni di roccia e sabbia, indistintamente cime alpine o cumuli di terreno delle cave locali. Le immagini, accostate a due a due, si susseguono secondo un preciso gradiente tonale, che dal nero assoluto delle vedute in notturna culmina nel chiarore abbagliante dei picchi innevati.
Stefano Graziani “Salto Grande Estasi”
Uno sciatore spicca il volo da un trampolino e Stefano Graziani ferma il tempo, e poi ancora e ancora, fino all’atterraggio morbido in fondo alla discesa. L’estasi del salto si traduce in sequenza di istanti, in frazioni di un gesto. Vediamo lo sciatore in aria e seguiamo la sua planata senza movimento, ogni volta immobile e lontano dalla sua ombra. Insistendo sul volo con gli sci nel suo momento più magico, Stefano Graziani ritorna a parlare di fotografia e del presente isolato da tutto il resto. Un tempo infinito che esiste solo nella “secchezza” del linguaggio fotografico, capace di spezzare qualsiasi traiettoria e trasformare ogni gesto in segno.
Francesco Neri “Farmers”
Francesco Neri da anni lavora con il grande formato 8’ x 10’, realizzando ritratti e fotografia d’ambiente. Nella serie dei contadini, Neri riesce nel suo proposito di fotografare i luoghi a lui vicini, producendo immagini che rinnovano una tradizione del ritratto ben radicata nella storia della fotografia, soprattutto americana, senza dimenticare la lezione di Sander. I ritratti di Neri ci mostrano come il corpo di questi anziani contadini e delle loro mogli, con le posture che hanno assunto davanti all’obiettivo, sia stato modellato da anni di faticoso lavoro della terra, da consuetudini di vita e di relazione.
Allegra Martin “AM”
Per Allegra Martin la fotografia isola frammenti di realtà e li consacra ad un eterno presente, che si rinnova continuamente, ogni qual volta l’immagine viene visitata. Le fotografie sono per natura ambigue e sospese; non riproducono la realtà, ma la mistificano, la alterano, ne ripropongono una versione parziale e selettiva, ma che contiene molto di più di ciò che è visibile. Con questa serie che ritrae A.M., ragazza incontrata alla fermata dell’autobus, Allegra Martin evoca uno spazio intimo e un tempo sospeso, presente, in cui avviene il tentativo di riconoscersi l’una nell’altra, di ritrovare quello che è perduto e quello che non è ancora stato.
Sabrina Ragucci Giorgio Falco “Trenta novembre”
Trenta novembre è un’opera in progress, fatta di fotografie e scrittura. Paesaggi ri-visti. Spazi abbozzati. Architetture che non vanno al loro posto. Persone fotografate o ritrovate in un archivio familiare e privato come se potessero essere ospitate nella mente altrui. Per il suo lavoro Sabrina Ragucci trae ispirazione dall’esperienza dello scrittore Giorgio Falco. Falco ha cercato per alcuni anni di scrivere, invano, un testo intitolato Trenta novembre, in cui il senso di estraniamento – da se stesso, dal mondo – partiva proprio dalla cupezza atmosferica e scarsità di luce nell’hinterland sud di Milano, il presente nebbioso e offuscato, che combatteva contro il tentativo della memoria di restituire qualcosa di nitido, sottraendolo all’oblio, alla morte.
Paolo Ventura “Homage à Saul Steinberg”.
Il senso del lavoro di Paolo Ventura è la domanda, che resta aperta, su quanta parte di te bambino riesci a tenere crescendo e quanto scompare diventando adulto. Si ispira a una fotografia di Saul Steinberg in cui c’è Steinberg che tiene per mano se stesso bambino, una riproduzione a grandezza naturale di quando aveva 8 o 9 anni. Nelle fotografie di Paolo Ventura cè suo figlio Primo che indossa una divisa fatta fare da suo padre per Ventura stesso quando avevo la sua età. In questo modo, è come se il fotografo tornasse bambino tramite suo figlio, in un gioco evidente di vero/falso, teatro/realtà che lascia spazio alle ambiguità e alle contraddizioni del presente: diventare adulto, restare bambino.
LE ALTRE MOSTRE
- Paul Graham: The Present
Paul Graham, fotografo inglese di base negli USA attinge alla tradizione americana della street photography per il suo lavoro estremamente contemporaneo sul presente. Le immagini di The Present sono apparentemente immagini spontanee delle strade di New York. In realtà, ogni momento ci viene presentato accompagnato dal suo doppio: due immagini scattate dalla stessa posizione ma separate da pochi attimi. Ci viene così mostrato un presente che non è un attimo di vita rigidamente congelato, quanto piuttosto un continuum tra il prima e il dopo, tra ciò che arriva e ciò che sta lasciando. Un presente quindi, che è un allineamento tanto fugace quanto provvisorio e privo di definitezza.
In collaborazione con carlier | gebauer
- Kai Wiedenhöfer: Wallonwall
Per Wallonwall, Kai Wiedenhöfer ha fotografato in quasi dieci anni otto fra le più grandi frontiere esistenti al mondo. 6386 kilometri di linee tirate nel mezzo di Baghdad e della Corea, fra Stati Uniti e Messico, linee che isolano l’enclave di Ceuta e Melilla dal Marocco, che rigano Israele e i Territori Occupati, che spaccano in due Belfast o Nicosia (Cipro). Linee che hanno diviso, fino al 1989, la Germania. Gli scatti di Kai Wiedenhöfer cominciano proprio dalla Germania, l’anno della caduta del muro, in bianco e nero a Potsdamer Platz, per poi allargare l’inquadratura verso un altro presente: le nuove barriere nate dopo la caduta del muro di Berlino e i vecchi muri che non crollano.
Il progetto espositivo del Festival prevede l’installazione di una fotografia panoramica all’interno del foyer del MACRO.
A cura di Maddalena Parise / lacasadargilla
- Rachel de Joode, Metabolism
Rachel de Joode è un’artista multimediale che fonde i mezzi della fotografia e della scultura attraverso la scultura fotorealista e la fotografia scultorea. Le sue opere alterano le forme tradizionali, esplorando la materialità e la nostra percezione e dando un nuovo aspetto a corpi ed oggetti. La mostra Metabolism, a cura di Alessandro Dandini de Sylva, prosegue il percorso dedicato alla fotografia sperimentale internazionale avviato dal curatore per il festival con le mostre di Fleur van Dodewaard e Asger Carlsen.
Per Rachel de Joode la fotografia è lo strumento ideale per appiattire la realtà e trasformare le sue sculture in superficie, poi di nuovo in sculture e di nuovo in superficie. L’oggetto scultoreo viene riconfigurato attraverso la lente a due dimensioni per poi tornare di nuovo nel mondo tridimensionale. La fotografia iniziale viene manipolata, mescolata ad altre e stampata per poi trovare la sua strada in nuove fotografie o sculture. Un lungo processo di sperimentazione che riporta le immagini digitali ad assumere una presenza fisica nello spazio della galleria.
- Giovanni Cocco & Caterina Serra, Displacement – New Town No Town
Cosa ne è di una città che perde i suoi abitanti? Dove termina lo spazio fisico della città e inizia quello vissuto? Displacement è un progetto di fotografia e scrittura, che prende avvio con il lavoro dedicato alla città simbolo della perdita di centro e della dispersione della comunità: L’Aquila. Dopo il devastante terremoto del 6 aprile 2009, la città de L’Aquila è stata testimone di un secondo, altrettanto inaspettato, movimento. Tutta la sua popolazione è stata spostata e vive disseminata nelle New Town, periferie-dormitorio frettolosamente costruite alla periferia della città storica, la cui piazza è la rotonda di un centro commerciale e dove lo spaesamento è fisico e mentale, materiale e spirituale.
Nel corso del 2014 Giovanni Cocco e Caterina Serra si sono immersi nella realtà della città abruzzese per cogliere e documentare tutti gli aspetti della nuova vita generata dalla perdita del centro e dallo spostamento verso le periferie.
A cura di Giovanni Cocco (fotografia) e Caterina Serra (testi) in collaborazione con (h)films
- Joachim Schmid: Other People’s Photographs
La serie si compone di fotografie caricate sul noto sito di hosting Flickr. Schmid ne ha selezionato un certo numero, seguendo il percorso degli upload giornalieri da diversi fusi orari. Ha poi organizzato queste immagini in collezioni tematiche – sotto titoli neutri come “Cose”, “Scarpe”, “Cani” o “Fauna”, talvolta umoristici come “Volti nei buchi”, “Vari incidenti”, “Scollature” – che per Schmid rivelano modelli ricorrenti nella moderna fotografia popolare. Questa pratica, rigorosa e arbitraria in egual misura, ha condotto a quella che può essere descritta come un’enciclopedia della fotografia vernacolare contemporanea.
A cura di Olga Smith
- Martin Bogren: Italya
Martin Bogren inizia il suo personale Gran Tour dell’Italia timidamente, come in punta di piedi. Lo fa, ed è quasi una tradizione per i fotografi scandinavi, con una fotocamera di piccolo formato, anzi ancora più piccolo: di mezzo formato. Sembra quasi che voglia dimostrare nei confronti di un paese su cui
grava il peso di un immaginario imponente, l’educazione tipica dell’ospite che non vuole farsi invadente. Non cerca di inseguire un immaginario, ne trova naturalmente uno suo più personale, mentre insegue
qualcos’altro. Questa ricerca, composta da tantissimi frammenti emozionali, si risolve in un punto di fusione che coinvolge due mondi, due ritmi e due temperature, creando così la sua Italya personale. Immagini scolpite nella nostra memoria visiva, si rivelano in una nuova forma al tempo stesso familiare e straniera.
A cura di Flavio Scollo
- Mohamed Keita: Dentro Roma
Mohamed Keita ha iniziato a fotografare quasi subito dopo esser arrivato a Roma, dopo un lungo viaggio dalla Costa d’Avorio, attraverso il deserto Libico. Quando è arrivato non aveva un letto, una casa, un lavoro. Ma aveva una piccola fotocamera usa e getta e un talento innato ed invidiabile per la fotografia. Ha iniziato così la sua esplorazione di Roma, per raccontarsi e raccontarcela con gli occhi vergini di chi esplora un mondo nuovo. Uno sguardo intenso che viene direttamente da dentro Roma, dal dinamismo della città o dalla sua pigrizia. Keita non è mai banale nelle sue fotografie, ognuna contiene il racconto della sua umanità e di quella che incontra, ognuna cela un suo commento sull’anima profonda dei romani, da ovunque essi vengano, formando un unico organico ritratto.
A cura di Marco Delogu
LA XIII EDIZIONE DELLA COMMISSIONE ROMA
Nata nel 2003, la Commissione Roma si rivolge a grandi fotografi internazionali e chiede loro di ritrarre la città di Roma in totale libertà interpretativa. Inaugurata nel 2003 da Josef Koudelka, la Rome Commission è diventata presto l’elemento più rappresentativo e atteso di FOTOGRAFIA, donando alla città di Roma il prestigio di essere l’unica città al mondo ad avere affidato per tredici anni consecutivi un suo “ritratto” al gotha della fotografia internazionale. Olivo Barbieri (2004), Anders Petersen (2005), Martin Parr (2006), Graciela Iturbide (2007), Gabriele Basilico (2008), Guy Tillim (2009), Tod Papageorge (2010), Alec Soth (2011), Paolo Ventura (2012), Tim Davis (2013) e lo stesso Marco Delogu (2014) si sono succeduti in questa importante opera curatoriale. Oltre ai fotografi che hanno lavorato alla Commissione Roma, il progetto ha visto coinvolti nel tempo molti altri autori: David Farrell, Leonie Purchas, Tim Davis, Matthew Montheith, David Spero, Pieter Hugo, Juan Fabuel, Agnes Geoffray, Miguel Rio Branco.
Per la XIII edizione la Commissione si affida ai lavori di Hans-Christian Schink e Paolo Pellegrin, due tra i maggiori esponenti della fotografia contemporanea internazionale, che espongono contestualmente i loro “ritratti” di Roma negli spazi di FOTOGRAFIA. Due sguardi differenti e complementari che per la prima volta saranno messi in relazione tra loro e con la città.
- Paolo Pellegrin: Sevla
Paolo Pellegrin – nato a Roma, erede contemporaneo di Henri Cartier-Bresson e membro della prestigiosa Magnum Photos (fondata da Cartier-Bresson stesso) – dopo aver viaggiato per il mondo nelle zone più calde di conflitto, porta la sua visione del mondo nella sua città di appartenenza, di nascita, e ribadisce che questo è ciò che vede e che vorrà sempre vedere.
Pellegrin cerca l’umanità che la città eterna sembra aver perduto. La trova in una famiglia rom. Torna a Roma e si tiene ai margini e quel prototipo di famiglia è ciò che c’è più vicino alla sua visione del mondo. Concentrato sul mondo in costante cambiamento, in lotta per i bisogni veri, le guerre, i conflitti sociali, le grandi migrazioni, è come se avesse cancellato un’estetica “romana”.
La sua è un’operazione di condivisione forte con i protagonisti delle sue immagini, è la rinuncia alla città per la famiglia. Una famiglia con poche sovrastrutture, grande, numerosa, con un senso di rispetto per il tempo e l’anzianità, diversa dalla disgregazione occidentale, calorosa.
A cura di Marco Delogu. In collaborazione con Annalisa d’Angelo
- Hans-Christian Schink: EUR / Acqua Claudia
La ricerca di Hans-Christian Schink, artista tedesco, è invece ascrivibile all’impostazione della celebre Scuola di Düsseldorf, avviata dai coniugi Becher negli anni settanta, che ha giocato un ruolo fondamentale nell’emancipazione della fotografia come linguaggio artistico indipendente. Interessato alla rappresentazione delle tracce della presenza e dell’azione umana sul paesaggio naturale e artificiale, il lavoro di Schink su Roma si sviluppa attorno allo strano dialogo tra due archeologie, quella canonica delle rovine di epoca romana e quella metaforica della fase “imperiale” del fascismo, mettendo a confronto due serie distinte e intimamente connesse. La prima segue l’acquedotto romano Claudio, dall’agro fino al centro della città, la seconda indaga i paesaggi metafisici del quartiere Eur.
A cura di Marco Delogu
IL CIRCUITO
Anche quest’anno il Festival si avvale di un programma di esposizioni collaterali che coinvolge Accademie di Cultura straniere, spazi espostivi e gallerie private con cui FOTOGRAFIA dialoga da anni, costruendo un vero e proprio circuito a Roma dedicato alla fotografia contemporanea.
L’American Academy in Rome ospita la mostra Cy Twombly, Photographer (7 ottobre-22 novembre 2015), a cura di Peter Benson Miller, la prima retrospettiva in Italia dedicata alle fotografie di Cy Twombly, celebre artista americano principalmente conosciuto per la sua ricerca pittorica e scultorea. La mostra abbraccia oltre sessant’anni di lavoro, dai primi scatti del 1951, realizzati al Black Mountain College, dove Twombly è stato allievo dei fotografi Aaron Siskind e Hazel Larsen Archer, fino a quelli più recenti del 2011, risalenti agli suoi ultimi mesi di vita. In concomitanza con l’inaugurazione della mostra (07.10.2015 ore 19.00), la fotografa americana Sally Mann presenta il proprio libro di memorie Hold Still, bestseller per il “New York Times”.
L’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo presenta la mostra fotografica Erich Salomon – Friedrich Seidenstücker (8 ottobre-12 novembre 2015), curata dalla storica della fotografia Ute Eskildsen.
Dopo l’avvio della serie delle mostre dedicate alla fotografia tedesca, iniziata nel 2014, vengono presentati altri due fotografi del tempo della Repubblica di Weimar: Erich Salomon (1886-1944), il pioniere del fotogiornalismo, e Friedrich Seidenstücker (1882-1966), il sagace ritrattista della vita di strada berlinese.
Per entrambi, autodidatti, era essenziale la registrazione delle situazioni, la fotografia del momento.
Info: www.fotografiafestival.it