La XXIV edizione del festival internazionale Isole che Parlano di Palau, in Sardegna, ospiterà la mostra fotografica di Monika Bulaj. L’esposizione, dal titolo “Broken Songlines“, è stata realizzata con il contributo di Fujifilm e in collaborazione con Istituto Polacco di Roma.
Le foto – in tutto 51 – rimarranno in mostra un mese, dal 10 settembre all’8 ottobre negli spazi del Centro di Documentazione del Territorio.
La mostra di Monika Bulaj al festival internazionale Isole che Parlano
Le foto di Monika Bulaj esposte al festival sardo fanno parte di un più ampio progetto sulle minoranze in fuga, i nomadi, i pellegrini.
Nel Medio Oriente e sul Caucaso, in Asia e nelle Afriche degli esili, lungo i confini d’Europa, sotto i nostri occhi sta scomparendo la ricchezza della complessità, in quelle terre dove per millenni le genti hanno condiviso i santi, i gesti, i simboli, i miti, i canti, gli dei. I cristiani del Pakistan, i maestri sufi d’Etiopia e Iran, gli sciamani afghani, gli ultimi pagani del Hindu Kush e degli Urali, i nomadi tibetani, le sette gnostiche dei monti Zagros.
Monika Bulaj sta costruendo un atlante delle minoranze a rischio e dei luoghi sacri condivisi, le ultime oasi di incontro tra fedi. Zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi di oggi, luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca, e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi.
Dai confini spirituali al corpo
Come racconta la stessa Bulaj “ho viaggiato tra i confini spirituali, nei crocevia dei regni dimenticati, dove scintillano le fedi e le tradizioni dei più deboli ed indifesi, con la loro resistenza fragile ed inerme, la loro capacità al dialogo e all’incontro.
In cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini, cercando il bello anche nei luoghi più tremendi. La solidarietà nella guerra. La coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe. Le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà, dove gli dei sembrano in guerra tra di loro, evocati da presidenti, terroristi e banditi. Al centro è il corpo.
Chiave di volta e pomo della discordia nelle religioni. Iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo martire, corpo-trappola, corpo-bomba. Mi piace pensare il corpo come un tempio.
Il corpo che contiene il segreto della memoria collettiva. Il corpo che non mente. Il sacro passa attraverso il corpo. Lo trafigge. Nell’arcaicità dei gesti, si legge la saggezza arcana del popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi”.
Un incontro con Monika Bulaj: dove e quando
In occasione della serata inaugurale, giovedì 10 settembre alle 22.30, si terrà uno speciale incontro con la fotografa. La Bulaj sarà protagonista della performance multimediale Broken Songlines – Tre manoscritti. Una narrazione estemporanea in cui, sul grande schermo, con luci e suoni che danno vita alla scenografia naturale del luogo, scorrono storie di amori e separazioni, resistenze e fughe, danze sacre e cammini, dei silenzi nei grandi spazi e masse che ondeggiano come alghe, accompagnati dal reportage in azione.