È difficile parlare di fotografia senza confrontarsi con il tema del tempo, della memoria e della morte – non in quanto archetipi stereotipati, ma come entità provocatorie e malleabili di cultura e natura. Domingo Milella
La prima monografia pubblicata di Domingo Milella, edita da Steidl, è un viaggio fotografico che parte dalla sua terra natia, nei dintorni di Bari, e ci porta, passando dalla Sicilia, in posti remoti come Mexico City, Il Cairo, Ankara, l’Anatolia, la Tunisia, sino alla Mesopotamia. I soggetti di Milella sono la città e si suoi confini, i cimiteri e i villaggi, le cave e le abitazioni, le tombe e i geroglifici – insomma, ogni traccia della presenza umana sulla terra.
Il suo interesse giace nell’incontro tra la civilizzazione e la natura, e in come il paesaggio e l’architettura sono investiti dalla memoria individuale e collettiva.
Le fotografie di Milella richiamano, ma al contempo sfidano, le teorie classiche della storia dell’arte sul territorio e il paesaggio, cercando un’iconografia alternativa in cui un passato quasi dimenticato coesiste con il presente.
“Creare immagini – spiega Milella – non vuol dire solo documentare o fare fotografie. Riguarda anche la possibilità di contemplare e ricordare. Costruire un immagine del passato e un modo di confrontarsi con il presente e attivare la possibilità del futuro”.
Domingo Milella è nato nel 1981 a Bari, dove ha vissuto fino all’età di 18 anni. Dopo essersi trasferito a New York, ha studiato fotografia alla School of Visual Arts sotto la guida di Stephen Shore. Ha lavorato con Massimo Vitali e successivamente Thomas Struth è stato per lui un mentore influente. Attualmente vive fra Bari e Londra. I suoi lavori sono stati esposti alla galleria Brancolini Grimaldi (Londra),Tracy Williams (New York), al Foam Museum di Amsterdam, alla 54°Biennale di Venezia e a Les Rencontres d’ Arles.