Si è conclusa la “call for entry” del Perugia Social Photo Fest 2016 – Blindspot. In totale sono arrivate 177 proposte provenienti 17 paesi (Italia, Argentina, Belgio, Brasile, Danimarca, Francia, Giappone, Germania, Inghilterra, Israele, Polonia, Russia, Spagna, Sudafrica, Thailandia, Ungheria, USA). In particolare, 139 progetti per la sezione “fotografia sociale” e 38 progetti presentati nella sezione “fotografia terapeutica”.
La commissione composta da Antonello Turchetti, direttore artistico del festival in rappresentanza dell’associazione organizzatrice ‘LuceGrigia’, dal fotografo Fausto Podavini (vincitore del Word Press Photo 2013) e da Loredana De Pace, giornalista specializzata in fotografia, ha selezionato i progetti vincitori e ha assegnato delle menzioni d’onore.
Miglior progetto sezione “Fotografia sociale”. SARA CASNA. The Egon project
Con il progetto “The Egon project”, Sara Casna dimostra una delicata capacità di affrontare senza retorica un tema assai discusso quanto attuale, ma poco conosciuto realmente nell’intimità delle mura domestiche, negli sguardi dei protagonisti, nella difficoltà propria del cambiamento: prima ancora di fotografarla, la transessualità di Egon, Sara la vive come testimone discreta. Lo dimostra dal suo modo affatto didascalico di raccontare per immagini, dalla sua maniera “sporca” di inquadrare, come se invece di ripulire la scena, la Casna abbia scelto una forma di documentazione primitiva, motivata dalla volontà di trascrivere tale-e-quale tutti quei passaggi – graduali e dolorosi – verso la nuova vita di Egon. Come in un album di famiglia.
Miglior progetto sezione “Fotografia terapeutica”. MAURO BATTISTON. TIA – Fotoelaborazione del trauma psichico
“TIA” di Marco Battiston primeggia per la perfetta coincidenza fra intenzioni dell’autore, sviluppo del progetto e capacità terapeutica dello stesso. Scatta per aiutarsi quando la sua salute è drammaticamente cagionevole, postproduce in seguito cercando scene dal suo subconscio e le trova nel colore vivissimo che sovrappone alle foto realizzate in precedenza, sin da quando si trovava in ospedale, ricoverato. Queste non sono immagini viste, sono immagini sentite, fatte risalire dalla coscienza, ripescate dall’animo per fare ordine in un cervello confuso dalla malattia. Il risultato è di una forza talmente straordinaria da “curare” un poco – nel senso di avere cura di – anche coloro i quali guarderanno queste fotografie.
Premio speciale della giuria “Call for Entry” 2016. Alla Mirovskaya “Distant & Close”
Qualcuno formalmente userebbe l’espressione “per insindacabile decisione della giuria”. In effetti, i giurati che hanno guardato e riguardato, discusso e scelto i due vincitori di quest’anno, hanno anche compreso quanto fosse importante premiare – con una mostra presentata al PSPF 2016 – un altro approccio al fare fotografia terapeutica, diverso e ugualmente efficace, espresso dal lavoro Distant & Close di Alla Mirovskaya. Il progetto scandisce prossimità e lontananza di un rapporto complesso quale può essere quello fra madre e figlia, e lo fa con fermezza, potenza lirica e di contenuto.