La fotografa documentarista Jill Freedman è morta a 79 anni, lo scorso 9 ottobre 2019, in struttura di cura a Manhattan. Nota per essersi immersa tra la gente, che fossero circensi, manifestanti o poliziotti, la Freedman ha catturato le loro storie, tarsformandole in emozioni vere e sincere.
Nata nel 1939, a Pittsburgh da un venditore e un’infermiera, Jill Freedman ha iniziato il suo percorso nella fotografia da autodidatta. Per pagarsi l’attrezzatura aveva accettato un lavoro da copywriter. Pur non avendo mai scattato una fotografia, infatti, lei sapeva di voler diventare fotografa. Per questo usò tutti i suoi stipendi per comprarsi l’attrezzatura necessaria per iniziare il suo percorso nel fotogiornalismo.
Amava trovare le sue storie quasi per caso e molti, in lei, hanno rivisto influenze da Smith, Cartier-Bresson, Don McCullin, Leonard Freed e Weegee.
Il suo libro più famoso è stato ‘Old News: Resurrection City‘, pubblicato nel 1970. Si tratta di un racconto che unisce immagini e parole della manifestazione di protesta a sostegno dei poveri.
Una manifestazione promossa da Martin Luter King, prima del suo assassinio.
Le sue fotografie, intense, sono state pubblicate su Life e hanno sottilineato la complessità delle condizioni in cui i manifestanti versarono per sei settimane. La sua macchina fotografica è diventata uno strumento importante per denunciare una situazione di caos insostenibile.
Il suo approccio alla fotografia?
La Freedman ha sempre cercato di essere invisibile per raccontare, dallo sfondo, ciò che accadeva. E ci riusciva.