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Il 2020 ha segnato il ventennale della scomparsa di Mario Giacomelli. Per questo, il Comune di Senigallia, Città della Fotografia, ha dedicato un’ala del Palazzo del Duca ad un’esposizione
permanente delle sue opere donate negli anni ‘90 dall’artista stesso al Comune.
Le opere trovano spazio in una porzione riqualificata di Palazzo con 80 fotografie selezionate e allestite in collaborazione con gli archivi Giacomelli rappresentati dai due direttori Simone Giacomelli e Katiuscia Biondi.
Mario Giacomelli, la collezione permanente
Questa non è una mostra temporanea, ma un riallestimento della collezione che vuole raccontare l’universo poetico ed artistico del fotografo e renderlo fruibile in maniera permanente.
L’idea è quella di fornire una lettura innovativa dell’opera del maestro che viene proposta non in modo antologico, per anni e per serie, ma ne ripercorre la poetica mettendone in luce temi e suggestioni.
Il tratto saliente della personalità – privata e fotografica – di Mario Giacomelli è il forte radicamento
alla sua terra. Si spostava malvolentieri, ma nonostante ciò riuscì sin da subito attraverso
la sua arte a superare i confini geografici essendo il suo lavoro caratterizzato da un forte spirito di
sperimentazione e da una vorace volontà di ricerca.
La fotografia per Giacomelli
“Giacomelli parte dalla realtà non per documentarla con pretesa oggettività, ma per innalzare il
particolare all’universale, per dirigere il tempo verso l’infinito circolare dell’eterno ritorno”. Dice
Katiuscia Biondi, direttrice insieme a Simone Giacomelli degli archivi.
“Usa la fotografia per immergersi nel mondo, e nelle proprie viscere, riconoscendo egli stesso trattarsi di una sorta di rito purificatorio. I singoli scatti sono fotogrammi insolubili di un unico racconto, quello della sua vita e del suo rapporto con il mondo, e ogni foto rimanda alle altre in un’unità stilistica simbolica e segnica che solo un maestro sa perseguire con tanta coerenza e potenza evocativa”.
Si mosse poco da Senigallia. Visitò Scanno, Lourdes, Loreto, la Puglia e la Calabria. Però fu dal
paesaggio e dai personaggi della sua terra che attinse a piene mani. Dai seminaristi di “Io non ho
mani che mi accarezzino il volto” agli gli anziani dell’ospizio di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. E poi, la campagna con le persone che la abitano, gli amanti ispirati dall’antologia di Spoon River, i ritratti.
Tutto racconta di Senigallia e del suo territorio, dal mare all’entroterra.
“Giacomelli parte dalla realtà non per documentarla con pretesa oggettività, ma per innalzare il
particolare all’universale, per dirigere il tempo verso l’infinito circolare dell’eterno ritorno. Facendo suo l’insegnamento del maestro Cavalli, per una fotografia liberata dal puro documento ché non esiste un mondo al di là del nostro sguardo, Giacomelli porta questa visione all’eccesso, nel suo modo drammatico di far risuonare il reale.