Sono stati scelti i vincitori del Premio Marco Bastianelli 2023, il premio dedicato al miglior libro fotografico edito in Italia nel corso dell’anno 2022.
Il Premio è nato con la volontà di ricordare il caporedattore di Fotografia Reflex, Marco Bastianelli, e il suo interesse per l’editoria fotografica.
Bastianelli ha sempre intuito, all’interno delle redazioni nelle quali ha lavorato, lo straordinario sviluppo del libro di fotografia come laboratorio di sperimentazione ed innovazione del linguaggio fotografico.
Vediamo chi ha vinto il Premio Marco Bastianelli 2023.
Il Premio Bastianelli 2023 a Gabriele Stabile
Vince il Premio Marco Bastianelli 2023 Gabriele Stabile con il libro Swim Till I sank pubblicato da RVM HUB edizioni.
La giuria ha detto:
“Molto più che un lavoro sulla memoria depositata nelle immagini, questo intervento di Gabriele Stabile sul proprio archivio è un’interrogazione sulla seconda vita delle immagini, quella che comincia quando la loro funzione di condivisione di una visione si è esaurita e il significato si distacca dalla forma che aveva assunto. Privando le fotografie della loro materialità originaria, intervenendo sulla loro superficie con pittura e collage manuale, in un volume di sofisticata cura editoriale, Gabriele Stabile si chiede cosa resta vivo e natante delle visioni quando tutto il resto è affondato nel passato”.
Iaccarino e Peressutti i vincitori dell’opera autoprodotta
A vincere il Premio Marco Bastianelli 2023 per l’opera autoprodotta sono Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti con il libro Ramonika.
La motivazione della giuria:
“Una metafora non esplicitata sorregge il viaggio di Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti nelle valli del Natisone, area di frontiera fra Italia e Slovenia, terra di osmosi, di confronti e ibridazioni, dove ogni cosa sembra avere una estensione sentimentale che si espande e si contrae come la fisarmonica che dà il titolo al lavoro e che carsicamente compare in questo percorso di immagini non invasive, non aggressive stilisticamente, immagini che guardano prima di presumere di sapere”.
Due menzioni speciali per opere pubblicate con editore
Per la qualità dei lavori ricevuti la giuria ha ritenuto di assegnare una menzione speciale a Yvonne De Rosa con il libro A mia madre (pubblicato da Roberto Nicolucci Editore) e a Camilla de Maffei con il libro Delta (pubblicato da Ediciones Anómalas).
Per quanto riguarda il libro di Yvonne De Rose, la giuria ha detto:
“Navigando sapientemente tra lavoro d’archivio, indagine documentaria, fotografia d’autore, Yvonne De Rosa ha saputo ricavare da una commissione celebrativa da parte della Scuola Militare della Nunziatella una potentissima riflessione sulla guerra, sul dolore, sulla perdita, sul lutto, sul compianto, ma anche sull’ideologia che sorregge lo spirito bellico e sul suo tragico confronto con la realtà. Immagini, graffiti, lettere, vecchi album, dipinti: una ionosfera di significati che acquistano senso solo messi in una relazione drammatica fra loro”.
Per il libro di Camilla de Maffei, invece, la menzione è stata meritata perché:
“Nel delta del Danubio, il più esteso sbocco fluviale d’Europa, in quattro anni di esplorazioni Camilla De Maffei ha finito per vedere un labirinto del Minotauro, popolato da rare figure prigioniere di un ritmo della vita diverso dal nostro. Un equilibrio difficile ma saldamente gestito fra sguardo documentario-antropologico e tensione simbolica fa di questo libro una testimonianza poetica che sfugge ai generi tradizionali delle indagini fotografiche su un territorio”.
Due menzioni speciali anche per le opere autoprodotte
Infine, per quanto riguarda la sezione opere autoprodotte ci sono altre due menzioni speciali da segnalare.
La prima va a Michela Mariani con il libro Qui è tutto l’oro, scelto perché:
“Molte esplorazioni fotografiche sono attratte dall’abisso dell’Alzheimer, ma Michela Mariani non racconta la malattia dall’esterno del suo sgomento: ha messo in mano una macchina fotografica a sua madre, perché fosse lei a restituirle quel che nella sua mente andava scomparendo. Ne è uscito un commovente viaggio alla ricerca del vuoto che separa le cose, del senso delle loro relazioni che svaniscono, degli oggetti che si allontanano, nel tentativo impossibile di fermarne la deriva”.
Infine, il Collettivo Animale con il libro L’imbuto ha conquistato la giuria perché:
“Più che un imbuto, l’oggetto simbolico che ci introduce fin dalla copertina a questa meditazione per immagini sulla condizione entropica dell’esistenza umana e planetaria, la metafora che regge il lavoro d’esordio del Collettivo Animale è la clessidra: che come l’imbuto possiede una strettoia attraversando la quale la sabbia del tempo è costretta a cambiare il suo ordine, ma che può essere ribaltata per invertire il senso della trasformazione”.