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Piglio da attore, battuta sempre pronta, capacità di catturare con fulminea rapidità l’attimo dello scatto giusto. Paolo Ferrari è stato il fotoreporter che forse più di ogni altro ha saputo raccontare, attraverso la sua macchina fotografica, la storia e le storie della città di Bologna. Purtroppo, il reporter si è spento il 3 febbraio a Bologna dopo una lunga malattia.
La donazione delle fotografie a Genus Bononiae
Nel 2015, Paolo Ferrari aveva deciso di donare il suo poderoso archivio fotografico di circa 2 milioni di immagini a Genus Bononiae Musei nella Città di Bologna. Unica condizione che l’Archivio restasse nel suo studio di una vita, in via Marsala, nel cuore della città.
Parte di quelle foto oggi sono esposte all’Oratorio di Santa Maria della Vita, una delle sedi del circuito museale, nella mostra “Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna”.
Attivo fin dagli anni Settanta come fotoreporter, non c’è fatto bolognese che non sia stato immortalato dalla sua macchina fotografica. Complice un apparecchio che intercettava le chiamate alle volanti delle forze dell’ordine, trucco probabilmente appreso durante il suo periodo di studi a New York. Sono sue alcune delle immagini più drammatiche della bomba alla stazione di Bologna, il 2 agosto. Così come le tragiche foto dei cadaveri lasciati sull’asfalto dalla banda dei fratelli Savi.
Fotografie che documentano la realtà degli eventi senza indulgere nell’enfatizzazione o nelle facili accondiscendenze alle regole sensazionalistiche dei media. Una persona speciale, come lo ricordano molti dei suoi colleghi. Burbero, concentrato e a tratti severo sul lavoro quanto incline alla battuta e a un’ironia tagliente e irriverente.
Non solo cronaca. Aveva lavorato sul set con Pupi Avati fin dagli esordi del regista, presentandogli anche una giovanissima Mariangela Melato, ed era stato corrispondente per Associated Press.
Paolo Ferrari, il ricordo
“Di Paolo Ferrari conservo un ricordo bello, perdurante. La nostra amicizia iniziò negli anni Settanta per poi consolidarsi nei decenni successivi” racconta il presidente di Genus Bononiae Fabio Roversi-Monaco. “Un grande professionista, con un profondo amore per la sua città, testimoniato dal dono che volle fare del suo Archivio a Genus Bononiae, dal quale provengono gli scatti che oggi si possono ammirare nella mostra “Criminis Imago” a Santa Maria della Vita“.
“Paolo non ci ha lasciati. Il suo spirito più autentico rimane con noi attraverso le fotografie del suo Archivio, e il suo sguardo sulla storia che ci ha consegnato.
La sua essenza più profonda resta in quella poderosa mole di scatti – un milione e mezzo, dagli anni Sessanta ai primi anni Duemila – che ha voluto generosamente donare a Genus Bononiae, nell’Archivio che porta il suo nome“. Un archivio che si trova “all’interno del suo studio di via Marsala in cui ha lavorato per decenni e nel quale ha voluto si svolgesse, per mantenerlo vivo e vitale, il lavoro di conservazione e archiviazione” spiega Marco Baldassari, responsabile dell’Archivio Ferrari.