TORINO. Fino al 14 luglio, Palazzo Reale di Torino celebra con un’importante retrospettiva uno dei maestri della fotografia del XX secolo: Robert Capa, in occasione del centenario dalla nascita.
Nel 1938 Robert Capa fu definito dalla prestigiosa rivista inglese Picture Post “Il migliore fotoreporter di guerra nel mondo”. Sebbene il suo lavoro sia in molti tratti lirico e talvolta anche spiritoso – tanto da essere paragonabile a quello di altri fotografi come André Kertész o Henri Cartier-Bresson – tuttavia la forza visiva e l’incisività delle sue fotografie, oltre alla quantità dei reportages realizzati, giustificano ancora oggi questo lusinghiero giudizio.
Senza dubbio l’esperienza bellica fu al centro della sua attività di fotografo: iniziò come fotoreporter durante la guerra civile spagnola (1936-39), proseguì attestando con i suoi scatti la resistenza cinese di fronte all’invasione del Giappone (1938), la seconda guerra mondiale (1941-45) – fra cui spicca la documentazione dello sbarco in Normandia – e ancora il primo conflitto Arabo-Israeliano (1948), e quello francese in Indocina (1954), durante il quale morì, ucciso da una mina antiuomo, a soli 40 anni.
Robert Capa fu tra i primi a capire l’importanza del mezzo fotografico come arma di denuncia e di testimonianza, i suoi reportages comparirono sulle più importanti riviste internazionali, fra le quali Life e Picture Post. Durante la sua breve e folgorante carriera, riuscì a documentare cinque guerre, con quel suo modo di fotografare potente e toccante allo stesso tempo, senza alcuna retorica e con un’urgenza tale da spingersi a scattare a pochi metri dai campi di battaglia, fin dentro il cuore dei conflitti.
Non gli fu difficile raccontare gli esuli, i soldati feriti, la popolazione civile stremata perché conosceva molte delle esperienze di coloro che aveva ritratto. Egli stesso era stato un rifugiato politico, aveva provato in prima persona la fame, il dolore della perdita, la fuga dalla furia dell’antisemitismo nazista, esperienze che lo portarono a provare una profonda empatia, un’intima fratellanza con i protagonisti delle sue fotografie.
Le sue immagini colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza, per l’empatia e l’umanità che riescono a comunicare: più che le battaglie, Capa racconta gli eventi bellici attraverso gli sguardi della popolazione civile, dei bambini, e di tutti i sopravvissuti che, nonostante le perdite e la distruzione, riescono, con ammirevole forza e dignità, ad andare avanti: immagini che sono entrate in maniera indelebile nell’immaginario del Novecento.
L’esposizione racconta il percorso umano e artistico di Capa attraverso 97 fotografie in bianco e nero, raggruppate in undici sezioni: Leon Trotsky (1932), France (1936-1939), Spain (1936-1939), China (1938), Britain & Italy (1941-1944), France (1944), Germany (1945), Eastern Europe (1947-1949), Israel (1948-1950), Indochina (1954), Friends.
In mostra sono inoltre presenti alcune fotografie di personaggi famosi – da Picasso a Hemingway, da Matisse a Ingrid Bergman – che illustrando le grandi qualità di ritrattista di Capa, dimostrando che non può essere etichettato semplicemente come fotografo di guerra: molte delle sue immagini infatti catturano, con sensibilità e arguzia, anche le gioie della pace.
Per info: www.ilpalazzorealeditorino.it