VERONA. A 90 anni dalla sua prima mostra, il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri rende omaggio a Tina Modotti (1896-1942), la cui eccezionale vicenda umana artistica e politica l’ha resa una delle fotografe più celebri al mondo e una delle personalità più eclettiche del secolo scorso. Lo fa con una mostra, aperta al pubblico fino all’8 marzo, che ripercorre l’intera vita di Tina, come fotografa, musa e attivista. Ne ricostruisce sia la sua straordinaria esperienza artistica – che la vide prima attrice di teatro e di cinema in California e poi fotografa nel Messico post-rivoluzionario degli anni venti – sia la sua non comune vicenda umana.
Un percorso teso a mappare l’evoluzione della sua vicenda, dagli affetti famigliari ai suoi amori; dai primi scatti – influenzati dal compagno Edward Weston – alle ultime rare e poco conosciute foto scattate a Berlino, quando ormai la fotografa ammetteva l’impossibilità di continuare la sua carriera con strumenti tecnici troppo moderni, che non consentivano il suo particolare approccio metodico e posato. Un percorso di ricerca estetica e formale, che guida lo spettatore nelle evoluzioni degli stili e delle tecniche della Modotti, passando dagli still life e dagli scatti figli dell’Estridentismo del primo periodo, per arrivare – senza strappi ma progressivamente – ai ritratti delle donne di Tehuantepec, passando attraverso le immagini più politiche e “rivoluzionarie”.
Una fotografia sempre calibrata e meditata, con bianchi e neri pastosi ma estremamente vari nelle tonalità, frutto di lunghe riflessioni ed esperimenti. Nuclei definiti e coerenti che tracciano la linea di ricerca della fotografa, declinata in fasi e temi diversi: Stadio (Messico, 1925) e Serbatoio n. 1 (Messico, 1926) testimoniano l’attento lavoro per catturare i volumi, enfatizzati da tagli prospettici rigorosamente geometrici, a cui fa da contraltare l’ammorbidirsi delle linee delle nature morte come El Manito (Messico, 1924) o la celeberrima Calle (Messico, 1924 ca.), dove il contrasto tra luce e ombra dona una concretezza quasi carnale agli still life. Nei ritratti della stagione messicana l’immagine si concentra sul soggetto umano, con tagli inusuali volti a marcare la dimensione emotiva, parallela al suo impegno politico, umano e sociale a fianco dei protagonisti, ben rappresentato da fotografie come Julio Antonio Mella sul letto di morte (Messico, 1929) e Bambina che prende il latte (Messico, 1926) o dal famoso scatto della Marcia di campesinos (Messico, 1928).
Fondamentale, per completare la panoramica su questa figura, è la serie di suoi ritratti fatti dal compagno Edward Weston, dove la forza dirompente della presenza fisica della Modotti ne dichiara anche la consapevolezza e l’aderenza totale a una precisa idea del “fare fotografia”, come testimoniano Tina che recita (Messico, 1924) e The white iris (1921), portando a una rara disinvoltura da una parte e dall’altra dell’obiettivo. Un cammino che educa l’occhio dello spettatore contemporaneo, riportandolo alla misura calibrata e meditata che caratterizza tutta l’opera della Modotti, cogliendo la forza caratteristica della fotografia: il suo non voler essere a tutti i costi “arte”, ma il suo dover essere qualitativamente valida per raccontare al mondo gli infiniti aspetti della vita.
L’esposizione è realizzata dall’associazione culturale Cinemazero in collaborazione con il Comune di Verona – Scavi Scaligeri – e Silvana Editoriale.