ROMA. Si intitola “Vera fotografia. Reportage, immagini, incontri” l’esposizione curata da Alessandra Mammì e Alessandra Mauro con scatti di Gianni Berengo Gardin in mostra fino alla fine di agosto nelle sale di Palazzo delle Esposizioni.
Vera fotografia ripercorre la lunga carriera di Gianni Berengo Gardin, il fotografo che forse più di tutti ha raccontato il nostro tempo e il nostro paese in questi ultimi cinquant’anni. In mostra sono esposti i suoi principali reportage. Accanto alle celebri immagini, ve ne sono altre poco viste o addirittura inedite, in modo da offrire nuove chiavi di lettura per comprendere il suo lavoro e, attraverso questo, il ruolo di visione consapevole della realtà che una “vera fotografia” può offrire. Sono esposte circa 250 fotografie, per la maggior parte stampe vintage, datate tra il 1954 e il 2015.
L’intero percorso professionale di Gianni Berengo Gardin è segnato dalla scelta del bianco e nero e dall’uso costante di alcune macchine fotografiche: l’amata Leica, la Contax, la Nikon, l’Hasselblad. Alla predilezione esclusiva del mezzo meccanico, analogico, pertanto, si riferisce il timbro che l’autore appone sul retro delle sue fotografie: “Vera fotografia”, dal quale è stato tratto il titolo della mostra.
La vita e il lavoro di Gianni Berengo Gardin costituiscono una scelta di campo, chiara e definita: fotografo di documentazione sempre, a tutto tondo e completamente. Essere fotografi per lui significa assumere il ruolo di osservatore e scegliere un atteggiamento di ascolto partecipe di fronte alla realtà, così come hanno fatto i grandi autori di documentazione del Novecento.
In questi anni, del resto, Gianni Berengo Gardin è stato sempre in prima linea per raccontare, come avrebbe detto il sociologo e fotografo statunitense Lewis Hine, quel che doveva essere cambiato, quel che doveva essere celebrato. Con la sua macchina fotografica si è concentrato a lungo soprattutto sull’Italia, sul mondo del lavoro, la sua fisionomia, i suoi cambiamenti, registrati come farebbe un sismografo. Oppure sulla condizione della donna, osservata da nord a sud, cogliendo le sue rinunce, le aspettative e la sua emancipazione. O sul mondo a parte degli zingari, cui l’autore ha dedicato molto tempo, molto amore e molti libri.
La mostra è quindi anche l’occasione per ripercorrere la storia del nostro Paese da una prospettiva privilegiata, lo sguardo di Gianni Berengo Gardin, che come in un ideale storyboard restituisce in immagini le tappe più salienti del nostro recente passato.
“Quando fotografo – ha detto l’autore – amo spostarmi, muovermi. Non dico danzare come faceva Cartier-Bresson, ma insomma cerco anch’io di non essere molto visibile. Quando devo raccontare una storia, cerco sempre di partire dall’esterno: mostrare dov’è e com’è fatto un paese, entrare nelle strade, poi nei negozi, nelle case e fotografare gli oggetti. Il filo è quello; si tratta di un percorso logico, normale, buono per scoprire un villaggio ma anche una città, una nazione. Buono per conoscere l’uomo”.
Rispettando la successione temporale dei reportage realizzati nel corso della lunga carriera di Berengo Gardin, la mostra è articolata in sezioni diverse intrecciate tra loro: Venezia, Milano, Il mondo del lavoro, Manicomi, Zingari, La protesta, Il racconto dell’Italia, Ritratti, Figure in primo piano, La casa e il mondo, Dai paesaggi alle Grandi Navi.
Le diverse sale offrono al visitatore un percorso al tempo stesso tematico, filologico e cronologico, attraverso i principali lavori realizzati dal fotografo: dalle prime immagini di Venezia degli anni Cinquanta fino alle più recenti, sempre di Venezia, dedicate alle Grandi Navi (2014-2015).
La vita di Gianni Berengo Gardin è fatta anche di molti incontri. In occasione della mostra diverse persone (amici, intellettuali e colleghi) sono state chiamate a scegliere e commentare una sua foto spiegando il perché della scelta. Così, nelle diverse sezioni, accanto alle stampe vintage dal tipico formato 30×40 che caratterizza le sue fotografie, si alternano 24 immagini in grande formato accompagnate ognuna da un relativo commento “d’autore”. Si tratta di una sorta di omaggi, o di doppi omaggi, all’autore e ai suoi commentatori.
Gli autori chiamati a commentare le fotografie di Gianni Berengo Gardin sono i registi Marco Bellocchio, Alina Marazzi, Franco Maresco e Carlo Verdone, ma anche gli architetti Stefano Boeri, Renzo Piano e Vittorio Gregotti, gli artisti Mimmo Paladino, Alfredo Pirri, Jannis Kounellis e la critica e curatrice Lea Vergine. In mostra ci sono anche i commenti del sociologo Domenico De Masi, dei colleghi fotografi Ferdinando Scianna e Sebastião Salgado, ma anche di Luca Nizzoli Toetti, fotografo emergente. Tra gli scrittori, Maurizio Maggiani e Roberto Cotroneo hanno accettato di dare il loro contributo. C’è anche un testo di Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe di Franco Basaglia, accanto a quello dei giornalisti Mario Calabresi, Michele Smargiassi e Giovanna Calvenzi. E poi ancora lo scrittore e critico Goffredo Fofi e Marco Magnifico, vicepresidente del FAI, e la street artist Alice Pasquini.
Il percorso espositivo è completato da una selezione dei numerosi libri pubblicati da Gianni Berengo Gardin. Nel corso degli anni ne ha realizzati oltre 250: testimonianze del lavoro svolto dall’autore e del grande interesse che egli ha suscitato in ambito editoriale.
Gianni Berengo Gardin. Vera fotografia. Reportage, immagini, incontri
Dove: Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194, Roma
Quando: 19 maggio – 28 agosto 2016
Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso
Ingresso: intero € 12,50; ridotto € 10.00. Permette di visitare tutte le mostre in corso al Palazzo delle Esposizioni.
Info: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it