Nuove e inedite fotografie di Vivian Maier stanno arrivando a Trieste per una nuova mostra al Magazzino delle Idee.
L’esposizione, a cura di Anne Morin, realizzata e organizzata dall’Ente per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con diChroma photography, Madrid, John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery New York, sarà visibile al pubblico dal 20 luglio al 22 settembre 2019.
In mostra 70 autoritratti, di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori (questi ultimi mai esposti prima d’ora sul territorio italiano) per scoprire la celebre fotografa attraverso i suoi primi scatti.
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Gli autoritratti
Nel suo lavoro ci sono temi ricorrenti: scene di strada, ritratti di sconosciuti, il mondo dei bambini e gli autoritratti, che abbondano nella produzione di Vivian Maier attraverso una moltitudine di forme e variazioni.
L’interesse di Vivian Maier per l’autoritratto era più che altro una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all’invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei.
Il suo riflesso in uno specchio, la sua ombra che si estende a terra, o il contorno della sua figura. Come in un lungo gioco a nascondino, tra ombre e riflessi, in mostra ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento.
Caratteristica ricorrente è l’ombra, diventata una firma inconfondibile nei suoi autoritratti. La sua silhouette, la cui caratteristica principale è il suo attaccamento al corpo, quel duplicato del corpo in negativo “scolpito dalla realtà”, ha la capacità di rendere presente ciò che è assente.
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La mostra omaggio alla sua vita
La mostra ripercorre la produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale, e che, anzi, nel mondo è sempre passata inosservata. E che è stata riconosciuta solo dopo al 2009, quando è stato acquistato tutto il corpus fotografico per caso, in un mercatino.
Lei che ha lavorato come bambinaia per 40 anni, a partire dai primi anni Cinquanta e per quattro decenni, tra New York e Chicago, nel suo tempo libero fotografava la strada, le persone, gli oggetti, i paesaggi ritraendo tutto ciò che la sorprendeva, cercando di restituire l’ordine delle cose.
Quando i protagonisti dei ritratti erano poveri, lasciava loro una legittima distanza; quando invece appartenevano all’alta società metteva in atto azioni di disturbo facendo in modo che nello scatto risultassero infastiditi.
Le sue foto sono rimaste nascoste, tenute per sè. Fino a quando appunto il suo lavoro – oltre più di 150.000 negativi, super 8 e 16mm film, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e centinaia di rullini non sviluppati – è stato scoperto da un giovane immobiliarista, John Maloof, e la sua opera fotografica è stata resa nota in tutto il mondo.
Lo scopo della mostra è dunque quello di rendere omaggio a questa straordinaria artista, capace non solo di appropriarsi del linguaggio visivo della sua epoca, ma di farlo con uno sguardo sottile e un punto di vista acuto.
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Il colore per la Maier
Inedito nel percorso espositivo il nucleo di immagini a colori.
Per Vivian Maier, il passaggio al colore è stato accompagnato da un cambiamento dovuto all’utilizzo di una Leica all’inizio degli anni Settanta.
La fotocamera è leggera, facile da portare: le foto sono riprese direttamente a livello dell’occhio, a differenza della Rolleiflex che usava prima. Vivian Maier è così in grado di raccogliere il contatto visivo con gli altri e fotografare il mondo nella sua realtà colorata.
Il suo lavoro a colori rimane singolare, libero e anche giocoso. Esplora le caratteristiche specifiche del linguaggio cromatico con una certa casualità, elabora il proprio vocabolario, ma soprattutto si diverte con il reale: sottolineando stridenti dettagli di colore, mostrando le discrepanze multicolore della moda o giocando con brillanti contrappunti.
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I filmati Super 8 mm
In mostra anche una serie di filmati in super 8mm che ci permettono di seguire il movimento dell’occhio dell’artista. Nel 1960 inizia a filmare scene di strada, eventi e luoghi. Il suo approccio cinematografico è strettamente legato al suo linguaggio da fotografa: è una questione di esperienza visiva, di un’osservazione discreta e silenziosa del mondo che la circonda.
Non c’è narrazione, nessun movimento della macchina (l’unico movimento cinematografico è quello della carrozza o della metropolitana in cui si trova). Vivian Maier filma quello che la porta all’immagine fotografica: osserva, si ferma intuitivamente su un soggetto e lo segue.
Ingrandisce con la lente per avvicinarsi senza avvicinarsi e concentrarsi su un atteggiamento o un dettaglio (come le gambe e le mani di individui in mezzo alla folla).
Il film è sia una documentazione (un uomo mentre viene arrestato dalla polizia, oppure i danni causati da un tornado) sia un oggetto di contemplazione (la strana processione di pecore ai mattatoi di Chicago).
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Il film Findig Vivian Maier
La pellicola conclude il percorso della mostra, proiettata in una saletta cinematografica allestita per l’occasione. E’ stata realizzata dal giovane regista che è anche la persona a cui si deve la scoperta di Vivian Maier: John Maloof.
Fu lui, infatti, nel 2007, ad acquistare in un mercatino di Chicago una scatola contenente una decina di negativi di cui non si conosceva né la provenienza e né l’autore.
Questa scoperta ha determinato una “caccia al nome” che si concluse solo dopo la morte della fotografa, nel 2009.
In questo docu-film il regista racconta una storia avvolta nel mistero, perché l’identità di Vivian Maier fotografa è sì venuta alla luce postuma, senza che lei potesse ricevere alcun riconoscimento in vita, ma la storia della sua vicenda personale si è rivelata intricata, dolorosa e costellata di interrogativi rimasti inevitabilmente senza risposta.
Finding Vivian Maier è dunque un omaggio alla figura enigmatica di un’artista vissuta nell’ombra della sua grande passione.
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Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double | |
Dove | Magazzino delle Idee, Trieste |
Quando | 20 luglio – 22 settembre 2019 |
Orari | da martedì a domenica 10-20. Lunedì chiuso |
Ingresso | intero 6 euro; ridotto 4 euro |
Info | www.magazzinodelleidee.it |