Ritratti industriali e divise da lavoro. S’intitola “Uniform into the work/out of the work” la nuova mostra al Mast di Bologna che unisce due differenti esposizioni legate dal lavoro.
Curata da Urs Stahel, l’esposizione è dedicata alle uniformi da lavoro. Esposti oltre 600 scatti di grandi fotografi internazionali per scoprire le molteplici tipologie di abbigliamento indossate dai lavoratori. In diversi contesti storici, sociali e professionali.
A questo si aggiunge un’esposizione monografica di Walead Beshty, che raccoglie centinaia di ritratti di addetti ai lavori del mondo dell’arte. Tutti personaggi incontrati dall’artista e per cui l’abbigliamento professionale è segno distintivo, una sorta di tacito codice dell’anti-uniforme.
44 artisti raccontano le divise da lavoro
La mostra collettiva “La divisa da lavoro nelle immagini di 44 fotografi”, allestita nella PhotoGallery, raccoglie gli scatti di 44 artisti. Tra questi Manuel Alvarez Bravo, Walker Evans, Arno Fischer, Irving Penn, Herb Ritts, August Sander. Ma anche fotografi contemporanei come Paola Agosti, Sonja Braas, Song Chao, Clegg & Guttmann, Hans Danuser, Barbara Davatz. E poi: Roland Fischer, Andrè Gelpke, Helga Paris, Tobias Kaspar, Herline Koelbl, Paolo Pellegrin, Timm Rautert, Oliver Sieber, Sebastião Salgado. Oltre a immagini tratte da album di collezionisti sconosciuti e otto contributi video di Marianne Müeller.
In tutto il mondo si distingue ancora oggi tra “colletti blu” e “colletti bianchi”. Due espressioni che si sono imposte in molte lingue della società industrializzata. Ispirandosi all’abbigliamento da lavoro, si opera una distinzione tra diverse forme e categorie professionali e poi sociali. Da un lato la casacca o la tuta blu degli operai delle fabbriche, dall’altro il colletto bianco quale simbolo del completo giacca e pantaloni, di coloro che svolgono funzioni amministrative e direttive.
La mostra è un viaggio tra le uniformi, che sollecita una riflessione sull’essere e sull’apparire.
Ogni lavoro la sua uniforme
In mostra troviamo le casacche da lavoro fotografate da Graciela Iturbide, i grembiuli dei “piccoli mestieri” – come li chiama Irving Penn – del pescivendolo e dei macellai. Le tute degli scaricatori di carbone nel porto de L’Avana ritratti da Walker Evans, gli abiti dei contadini negli scatti a colori di Albert Tübke. E le tute da lavoro delle operaie nelle officine di montaggio della Fiat, a Torino, nelle fotografie di Paola Agosti.
Nelle immagini di Barbara Davatz gli abiti da lavoro dei collaboratori di una piccola fabbrica svizzera si confrontano con le uniformi degli apprendisti del più grande rivenditore di generi alimentari “Migros” della Svizzera fotografati da Marianne Müller. I colletti bianchi di Florian Van Roekel fanno invece da contrappunto alle tute nere dei minatori nelle foto del cinese Song Chao. Ma anche alle lavoratrici di una fabbrica di abbigliamento immortalate da Helga Paris. Gli indumenti protettivi sono al centro delle immagini sia del messicano Manuel Álvarez Bravo che di Hitoshi Tsukiji che si sofferma sui guanti di sicurezza della Toshiba. Mentre Sonja Braas, Hans Danuser e Doug Menuez si concentrano sulle tute.
Lo status? Lo vedo dall’abito
L’abito non rispecchia solo la diversa occupazione, né obbedisce esclusivamente alla funzionalità del lavoro, ma indica anche una distinzione di classe e di status come mostra il grande ritratto di gruppo dei dirigenti di una multinazionale di Clegg & Guttmann dove la luce illumina solo i volti, le mani e i triangoli sfolgoranti formati dai risvolti, dalle camicie bianche e dalle cravatte.
Nei nove ritratti di August Sander, considerato uno dei più famosi ritrattisti del XX secolo, emerge la simbiosi tra persona, professione e ruolo sociale più che l’essenza dei singoli individui. L’attenzione del fotografo è infatti sulla funzione sociale, piuttosto che estetica della fotografia, con l’intento di costruire un’immagine fedele della propria epoca.
Non solo uniformi da lavoro
L’esposizione ci guida dall’abbigliamento da lavoro all’uniforme con i sette ritratti del soldato “Olivier” di Rineke Dijkstra e le uniformi civili di Timm Rautert. Si passa poi per gli abiti talari fotografati da Roland Fischer fino ad arrivare ai ritratti di Angela Merkel nelle nove fotografie di Herlinde Koelbl. Questa è anche la celebre artista tedesca che ha dedicato un progetto pluriennale, “Traces of Power” alla raffigurazione anno per anno di alcuni dei maggiori leader politici tedeschi, a partire dal 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino.
Sebastião Salgado immortala il riposo di un operaio della Safety Boss Company, in Kuwait, impegnato nelle operazioni di spegnimento dei pozzi petroliferi dati alle fiamme dagli iracheni nel 1991 durante la Guerra del Golfo.
Ancora, le foto di Olivier Sieber, Andreas Gelpke, Andri Pol, Paolo Pellegrin, Herb Ritts e Weronika Gesicka descrivono la progressiva trasformazione dell’abbigliamento da lavoro e dell’uniforme in stile e moda. La serie “Beauty lies within” di Barbara Davatz, invece, fotografa alcuni commessi di H&M fuori dal contesto lavorativo. Infine, a chiudere la mostra, le fotografie dei ricami di Tobias Kaspar, tratti dagli archivi di un produttore tessile svizzero.
Su grandi monitor otto addetti alla sicurezza in uniforme di servizio, protagonisti di altrettanti video di Marianne Müller, “vigilano” sui visitatori.
I ritratti industriali di Beshty
La mostra monografica del fotografo americano Walead Beshty è allestita nella Gallery/Foyer e raccoglie 364 ritratti, suddivisi in sette gruppi di 52 fotografie ciascuno. In foto artisti, collezionisti, curatori, galleristi, tecnici, altri professionisti, direttori e operatori di istituzioni museali.
Sono fotografie di persone con cui l’artista è entrato in contatto nel suo ambiente di lavoro.
Nel corso degli ultimi dodici anni Walead Beshty ha fotografato circa 1400 persone con una macchina di piccolo formato a pellicola analogica di 36 mm. Di queste 364 sono state selezionate per il Mast.
Ispirandosi al lavoro di August Sander, Beshty ha voluto rappresentare le persone nel loro ambiente di lavoro, la loro funzione e il ruolo professionale che svolgono nel mondo dell’arte.
É da qui che deriva il titolo della sua opera “Industrial Portraits”, una sorta di “ritratto” di chi lavora nell’industria dell’arte.
La mostra al Mast
Dove: MAST. via Speranza 42, Bologna
Quando: dal 25 gennaio al 3 maggio
Orari: martedì – domenica 10 – 19
Orari speciali: in occasione di Arte Fiera e Art City: sabato 25 gennaio dalle 10 alle 24 e domenica 26 gennaio dalle 10 alle 20.
Ingresso: gratuito
Info: www.mast.org