Con oltre 200 fotografie, la mostra fotografica “L’occhio come mestiere” al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo racconta l’Italia attraverso l’occhio del maestro del bianco e nero: Gianni Berengo Gardin.
Immagini note, alcune inedite a altre poco conosciute per scoprire l’Italia dal dopoguerra a oggi attraverso un patrimonio visivo unico caratterizzato da una grande coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica.
Un racconto dedicato all’Italia
La mostra, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, è un racconto straordinario dedicato all’Italia che riprende il titolo del celebre libro del 1970 curato da Cesare Colombo, “L’occhio come mestiere“. Un’antologia di immagini del maestro che testimoniava l’importanza del suo sguardo, del suo metodo e della sua capacità fuori dal comune di narrare il suo tempo.
Il percorso espositivo è introdotto sulle scale dall’intervento dell’artista Martina Vanda: grandi illustrazioni a parete in bianco e nero ispirate da alcune fotografie iconiche di Berengo Gardin. All’interno del MAXXI si va poi incontro ad un percorso fluido e non cronologico che accompagna il visitatore in un viaggio nel mondo e nel modo di vedere del maestro, offrendo una riflessione sui caratteri peculiari della sua ricerca.
Tra questi: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura concretamente ma anche poeticamente analogica della sua “vera fotografia” (formula con cui timbra le sue stampe autografe mai manipolate e che rimanda al lavoro del fotografo come “artigiano”); la potenza e la specificità del suo modo di costruire la sequenza narrativa, che non si limita a semplici descrizioni dello spazio ma costruisce naturalmente storie; l’adesione impegnata a una concezione della fotografia intesa come documento, eppure puntellata da dettagli spiazzanti e ironici. E, su tutto, la coerenza della sua visione.
Da Venezia a L’Aquila con Gianni Berengo Gardin
La mostra inizia con le fotografie di Venezia, città d’elezione per Berengo Gardin, il luogo in cui si forma come fotografo (grazie all’incontro con circoli fotografici come La Gondola) e in cui ritorna fotografando una città intima e l’ingresso delle Grandi Navi.
C’è poi Milano, con le sue industrie, le lotte operaie, gli intellettuali; la Sicilia e le risaie del vercellese. I reportage dei luoghi di lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e Olivetti e negli ospedali psichiatrici.
Altre immagini raccontano i popoli e la cultura Rom, i piccoli borghi rurali e le grandi città; i luoghi della vita quotidiana; L’Aquila colpita dal terremoto. E poi i cantieri, gli incontri dell’autore con figure chiave della cultura contemporanea (Dino Buzzati, Peggy Guggenheim, Luigi Nono, Mario Soldati, solo per citarne alcuni).
Completano il percorso una parete dedicata allo studio di Milano, luogo di riflessione e di elaborazione, che appare come una sorta di camera delle meraviglie in cui emergono anche aspetti privati e meno noti della sua personalità. Infine, una parete dedicata ai libri, destinazione principale del suo lavoro che ripercorre le oltre 250 pubblicazioni realizzate anche dalla collaborazione con altri autori come Gabriele Basilico, Luciano D’Alessandro, Ferdinando Scianna, Renzo Piano, il Touring Club Italiano e De Agostini.
Fondamentale, inoltre, la collaborazione con il settimanale Il Mondo di Mario Pannunzio, dove tra il 1954 e il 1965 pubblicò oltre 260 fotografie.
Col QR code la mostra è raccontata da Gianni Berengo Gardin
Grazie alla scansione di un QR code è possibile visitare la mostra accompagnati dalla voce di Gianni Berengo Gardin. Sarà lui a raccontare aneddoti e ricordi legati alla sua vita personale e professionale.
Gianni Berengo Gardin: L’occhio come mestiere | |
Dove | MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, via Guido Reni 4a, Roma |
Quando | fino al 18 settembre 2022 |
Orari | Da martedì a venerdì dalle 11 alle 19. Sabato e domenica dalle 11 alle 20. |
Ingresso | 7 euro intero; 5 euro ridotto. Previste altre riduzioni. |
Info | www.maxxi.art |