Il Magazzino delle Idee di Trieste ospita la mostra fotografica di Monika Bulaj dal titolo Geografie sommerse.
L’esposizione è organizzata dall’ERPAC – Ente Regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia – e curata dalla stessa fotografa. In mostra 100 fotografie che orbitano attorno all’essenza del sacro.
Il senso del sacro nelle persone e nei luoghi
Tra bianconero e colore, con intensa sensibilità visiva oltre che emotiva, la Bulaj restituisce alla visione del visitatore un’opera fotografica lungo tutto il viaggio della sua vita definita da minoranze e popoli erranti, fra fedi e confessioni religiose.
La particolare attitudine a queste tematiche, complesse e coinvolgenti, e la sua formazione in filologia e antropologia, l’hanno condotta a documentare luoghi sacri e partecipati.
Ha portato all’attenzione le condizioni sociali degli strati più vulnerabili dei Paesi da lei oltrepassati come l’Europa orientale, il Caucaso, il Medio Oriente, l’Africa, l’altipiano iranico, l’Asia centrale, la Russia, l’Afghanistan, oltre Haiti e Cuba.
Un patrimonio culturale da conoscere e riconoscere
Le fotografie della Bulaj, polacca d’origine e cittadina triestina d’adozione, fanno emergere un patrimonio culturale visivo dell’impercettibile che distinguono la sua fotografia in due momenti contrapposti eppure sequenziali.
Da un lato, le scene quotidiane sono riprese dall’acuta capacità di osservazione di Bulaj, fermate in un istante decisivo e senza uguali. Dall’altro, questo suo comporre funge da ricchezza senza tempo.
Infatti, l’unicità del momento, spesso ripreso con la conoscenza fiduciosa delle popolazioni sono ambientazioni che stanno scomparendo, in territori dove per millenni i nativi hanno condiviso i santi, i gesti, i miti, i canti, le danze, gli dei.
Le storie visive, cadenzate tra spiritualità e radicamenti culturali, si manifestano in minoranze oppresse in Afghanistan e Pakistan, o i cristiani d’Oriente, i maestri sufi dal Maghreb alle Indie, gli stregoni dell’antica Battria, gli ultimi pagani del Hindu Kush o i nomadi tibetani alle sette gnostiche dei monti Zagros.
Nelle immagini ritratte dalla fotografa, percorrendo la strada con i nomadi, le minoranze in fuga e i pellegrini, si può scorgere la bellezza anche nei luoghi più oscuri. La solidarietà e la convivenza tra fedi in luoghi in cui si mettono bombe, le crepe nella teoria del nominato scontro di civiltà.
La metamorfosi della semantica spirituale e antropologica
Monika Bulaj afferma: “Le geografie che traccio con questa ricerca sconvolgono le mappe mentali tradizionali sul sacro, basate su elezione, divisione ed esclusione, dando vita ad un piccolo atlante visuale delle minoranze a rischio e del sacro.
Sono luoghi tenuti segreti e spesso indecifrabili dove da secoli si preservano parole trasmesse di bocca in bocca, e con esse il sapere sulle origini, le metafore delle iniziazioni e delle trasformazioni, le ricette per la sopravvivenza”.
Un progetto che è cambiato nel tempo quanto la maturità della fotografia di Bulaj. Se agli inizi il suo proposito è stato quello di registrare piccole e grandi confessioni religiose nelle tenebre degli arcaici eppure presenti conflitti, nella sua indagine più recente l’istinto fotografico l’ha portata a raccogliere e cogliere il racconto delle invocazioni e delle utopie, delle tante reminiscenze sempre focalizzate sul senso dell’uomo per il sacro.
Il corpo come scrigno della memoria collettiva
L’epicentro di tutto il suo approfondimento è il corpo, sia perno che contraddizione nelle religioni. Il corpo qualificato quale adepto e benedetto, rivelato e occultato dalle vesti, temuto e intabarrato, protetto e sentenziato, intoccabile e depravato, ingabbiato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo-martire, corpo-trappola, corpo-bomba.
Come sancisce Bulaj: “Mi piace pensare il corpo come a un tempio, scrigno della memoria collettiva, quello che non mente. Nell’arcaicità dei gesti si legge la saggezza arcana di un popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi”.
Dal 2001 l’opera fotografica di Monika Bulaj ha trovato spazio in oltre cento esposizioni nel luoghi più riconosciuti tra Europa, New York ed Il Cairo. I suoi scatti e reportage in costante cammino “con persone in fuga dalla follia dell’uomo” per citare l’autrice, sono stati pubblicati in molteplici quotidiani, magazine italiani e internazionali. Tra questi: Courrier International, Gazeta Wyborcza, Geo, Corriere della Sera, Internazionale, National Geographic, The New York Times, Time, La Repubblica, RevueXXI, Al Jazeera, Granta Magazine, Virginia Quarterly Review.
Il suo reportage Haiti degli spiriti ha rappresentato la testata “La Repubblica” nella sezione Daily Press per il Visa d’Or a Perpignan nel 2015 e le sue opere sono state acquistate da Leica Collections.
In occasione della mostra Emuse ha pubblicato il libro dal titolo Geografie sommerse con immagini e testi dell’autrice.
Monika Bulaj. Geografie Sommerse | |
Dove | Magazzino delle Idee, Corso Cavour 2, Trieste |
Quando | Fino all’8 ottobre 2023 |
Orari | Da martedì a domenica dalle 10 alle 19. Chiuso il lunedì |
Ingresso | Intero 8 euro; ridotto 5 euro. Previste altre riduzioni |
Info | www.magazzinodelleidee.it |