Le fotografie di Robert Mapplethorpe arrivano al Museo Novecento di Firenze grazie a una mostra particolare. Fino al 14 febbraio 2024, infatti, il museo rende omaggio a Mapplethorpe proponendo un confronto inedito con gli scatti di Wilhelm von Gloeden e una selezione di fotografie dall’Archivio Alinari. Vediamo meglio di cosa si tratta.
In mostra a Firenze Robert Mapplethorpe vs Wilhelm von Gloeden
La mostra, a cura del direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti, Eva Francioli e Muriel Prandato, è ospitata negli spazi espositivi al primo e al secondo piano del museo fiorentino.
Beauty and Desire trae spunto da un nucleo consistente di opere che mette in luce l’intensa produzione artistica di Mapplethorpe, sottolineando il legame della sua ricerca con la classicità, nonché il suo approccio scultoreo al mezzo fotografico, reso evidente tanto nello studio del nudo maschile e femminile, quanto nella natura morta, equiparando i corpi agli oggetti secondo una visione e una sensibilità di scultore.
A partire da questo focus, il lavoro di Robert Mapplethorpe è messo a confronto con alcune fotografie risalenti alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento, provenienti dagli Archivi Alinari. Fra queste, assumono uno speciale rilievo alcune immagini del barone Wilhelm von Gloeden, tra i pionieri della staged photography e punto di riferimento per alcune fotografie di Mapplethorpe. Uno dei tratti distintivi delle atmosfere che animano le composizioni di von Gloeden è proprio il richiamo al passato, concepito quale inesauribile bacino di soggetti e suggestioni: un segno stilistico unico, che lo rende ancora oggi un’icona.
Un modo per rileggere Mapplethorpe
Con questo progetto i curatori si propongono di gettare nuova luce sulla complessa articolazione della ricerca di Mapplethorpe, a partire da un inedito accostamento con le fotografie di von Gloeden. Un confronto evocativo e a tratti puntuale, che rivela il ricorrere di temi comuni: motivi che attraversano il tempo e giungono fino a noi, ponendosi come spunti di riflessione sull’attualità, soprattutto su come arte, morale, religiosità e spiritualità, cambino e si evolvano nella loro reciproca relazione.”
La mostra trae spunto da un nucleo di circa cinquanta fotografie selezionate tra le centinaia dell’intensa produzione artistica di Mapplethorpe. Le immagini sono state suddivise per sezioni tematiche per:
- focalizzare l’attenzione sul rapporto tra Mapplethorpe e l’antico;
- mostrare la sua passione per i maestri che lo hanno preceduto come von Gloeden e i fratelli Alinari;
- evidenziare la stretta comprensione se non affinità con Michelangelo Buonarroti, al quale Mapplethorpe si ispirò e con cui si relaziona anche grazie alle fotografie scultoree realizzate dagli Alinari, cogliendo il senso estetico delle pose atletiche, e in particolare della compressione di masse muscolari trattenute e pronte a esplodere con grande energia.
Il progetto si propone come ulteriore contributo alla conoscenza del grande fotografo statunitense nel nostro territorio, a cui sono state dedicate, tra le altre, una mostra a cura di Germano Celant al Centro Pecci di Prato (1993) e un’esposizione a cura di Franca Falletti e Jonathan K. Nelson alla Galleria dell’Accademia (2009). Una mostra, quest’ultima, che già metteva in luce l’innegabile relazione tra Mapplethorpe e Michelangelo.
Un costante interesse per l’antico e il passato
L’interesse per l’antico e la passione per i fotografi che lo hanno preceduto sono una costante nell’opera di Robert Mapplethorpe che fu un appassionato e curioso collezionista di fotografie.
Va aggiunto che Mapplethorpe compie agli inizi degli anni Ottanta un celebre viaggio in Italia, durante il quale ha la possibilità di confrontarsi direttamente con il paesaggio di Napoli e la potenza disarmante delle rovine che annullano agli occhi del fotografo la distanza tra il presente e il passato, in una prospettiva che è già di fatto post-moderna.
Fu qui a Napoli che Mapplethopre venne probabilmente a conoscere per la prima volta le fotografie di von Gloeden. Questo lo si deve soprattutto al gallerista Lucio Amelio (legato a Andy Warhol e Joseph Beuys). Fu nella stessa galleria di Lucio Amelio che Mapplethorpe espose nel 1984, proponendo un approccio autonomo alla fotografia, e un intenso connubio di elementi formali e contenuti soggettivi trasversali e liberi da ogni conformismo, in cui ad affiorare erano le continue metamorfosi tra spirito apollineo e sensualità dionisiaca, tra gli archetipi figurativi del mondo classico e l’iconografia del mondo cattolico.
Al di là dei canoni di bellezza classici
I soggetti, le pose, le atmosfere sospese delle composizioni, così studiate e ponderate nella messa in scena in studio, ci guidano alla scoperta di un’idea non convenzionale di bellezza e di eros, di quella che potremmo definire una sessualità spiritualizzata al limite dell’arte per l’arte. Le opere in mostra, pur traendo ispirazione dai canoni della classicità, sembrano infatti condurci lungo traiettorie estetiche non scontate e a tratti perturbanti, sollevando e risolvendo interrogativi sul tema del corpo e della sessualità la cui eco risuona, a tratti immutata, nella cultura visiva contemporanea, dove la censura e il giudizio morale sono sempre pronti a mettere sotto accusa la bellezza e il desiderio.
Arte da contemplare
Ma la grandezza artistica di Robert Mapplethorpe sta proprio in questa capacità di sopprimere ogni falso moralismo, costringendoci a una osservazione frontale, iconica, dei corpi e dei sessi esibiti come oggetti, e al tempo stesso trasfigurando questi ‘oggetti’ in forme pure, con un gioco di contrasti pittorici e plastici, di posture e inquadrature, che suggeriscono immediatamente una matrice precedente, un modello dell’antichità greca e romana, del passato rinascimentale, un’opera caravaggesca o un prototipo neo-classico.
Guardare le sue foto è dunque vivere non tanto l’esperienza del voyeur ma quella del contemplatore, riconoscere una doppia vita all’immagine fotografica: quella di essere comunque specchio del reale – da cui dipende la sua potenza prevaricatrice e perturbante – e quella di essere una forma archetipica che ritorna dal passato, un ritornante, da cui dipende la sua risonanza, la sua umbratile metafisica irradiazione. Trasformando ogni suo soggetto (un corpo, un volto, un fiore) in una forma purissima di arte da cui è stato esautorato ogni possibile giudizio morale, Mapplethorpe è così riuscito a restituire aura alla fotografia, in modo anche da conquistare per essa lo statuto di opera e il riconoscimento pieno della sua pratica fotografica come arte assoluta.
Beauty and Desire | |
Dove | Museo Novecento, Piazza di Santa Maria Novella 10, Firenze |
Quando | Dal 23 settembre 2023 al 14 febbraio 2024 |
Orari | Lunedì, martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 11 alle 20. Chiuso il giovedì |
Ingresso | Intero 9,50 euro; ridotto 4.50 euro. Previste altre riduzioni |
Info | www.museonovecento.it |