Il festival di Cortona On The Move si prepara a spegnere cinque candeline e per festeggiare alla grande si prepara a vivere una nuova ed intensa edizione 2015 che -come ormai ci hanno abituato gli organizzatori- sarà ricca di eventi, mostre e nuove proposte. Il tema come sempre sarà quello del viaggio e anche quest’anno non mancheranno proposte di altissima qualità, nazionali ed internazionali. Abbiamo chiesto qualche info in più ad Antonio Carloni, una delle anime che ha materialmente creato e che fa vivere da cinque edizioni il festival cortonese.
Siamo giunti alla quinta edizione di COTM e anche quest’anno le proposte sono tante. A partire dalle mostre. A quale sei più legato?
A: La parte più emozionante della selezione delle mostre per il festival è stata quella, secondo me, legata alla contemporaneità. E se devo pensare ad una mostra in particolare allora mi viene in mente Maybe di Phillip Toledano, un viaggio fotografico nel tempo, su come sarà e come evolverà. Di solito la fotografia ha questo aspetto meraviglioso di congelare il tempo invece qui, per una volta, un fotografo pensa al futuro. Questa la trovo un’idea meravigliosa, uno spunto che ci insegna a vivere la contemporaneità in maniera assoluta. Non è per forza la mia mostra preferita ma credo sia quella che rappresenta al meglio il festival nella sua ricerca.
Nel senso che?
A: Il tema del viaggio è molto vasto ma il nostro compito è quello di mettere in prima linea i lavori che si muovono nel contemporaneo. In quest’ottica Toledano rappresenta a pieno la nostra linea e per questa cosa dobbiamo ringraziare Arianna Rinaldo che, come direttore artistico, ha un occhio molto contemporaneo.
Per quanto riguarda invece l’Off?
A: Una soddisfazione immensa. Il volume di richieste è addirittura raddoppiato rispetto all’anno scorso vistoc he abbiamo ricevuto 1210 lavori da tutto il mondo. E poi constatiamo che si verifica un fenomeno strano.
Cioé?
A: Noi di solito lanciamo sempre una call per l’Off ed una per un premio; un premio internazionale che mette in palio del denaro e a cui partecipano molte più persone. Stranamente, però, nell’Off è come se i fotografi ci credessero di più. Chi viene scelto come finalista nell’Off infatti espone direttamente quest’anno quindi il percorso è più breve mentre al premio solo il vincitore esporrà, ma questo nell’anno successivo. È come se, in un certo senso, i fotografi fossero più attratti dall’Off.
E per quanto riguarda i lavori proposti?
A: Arrivano sempre dei lavori molto interessanti e soprattutto dei reportage, dall’Oriente e dall’Europa Orientale. L’Off è un po’ lo specchio di quello che succede intorno e anche per questo, avendo visto i lavori dello scorso anno, abbiamo deciso di proporre per questo 2015 un focus sulla Russia (sezione che sarà curata da Andrei Polikanov). Si tratta di Paesi che hanno vissuto il Comunismo e da dove arriva una visione del contemporaneo molto fresca, molto giovane, e dove gli autori usano la fotografia con delle tonalità diverse da quelle che siamo abituati a vedere di solito.
Ora, invece, vorrei tornare un attimo indietro alla prima edizione del festival. Quest’anno è la quinta ma tu che ricordi hai degli inizi? Com’è stato organizzare il primo festival?
A: La prima edizione è stata… per prima cosa emozionante. Era veramente l’ignoto assoluto. Pensa a tre amici che un giorno si sono detti “facciamo una cosa dedicata alla fotografia” e poi che si sono trovati ad aver a che fare in poco tempo con pietre miliari della fotografia. Il nostro primo direttore artistico è stato Carlo Roberti, fondatore del Toscana Photographic Workshop, e alla prima edizione abbiamo lavorato con Alex Majoli, Alan Harvey, Antonin Kratochvil, tutti i grandi nomi della fotografia degli anni Novanta, che abbiamo avuto tutti qui a Cortona. E’ stato come aprire un vaso di Pandora. Dovevamo fare una cosa piccola e ci siamo ritrovati a dover gestire una cosa gigantesca.
Quindi vi è un po’ sfuggita di mano?
A: Esatto, ci è completamente sfuggita di mano… Tant’è vero che anche economicamente la prima edizione è stata un disastro.
Da allora ad oggi? Come avete corretto il tiro?
A: Come prima cosa abbiamo cambiato subito il direttore artistico, anche perché i rapporti con Carlo non erano così idilliaci. È arrivata quindi Arianna, con cui abbiamo fatto un primo anno un po’ difficile perché dovevamo ancora capire come si organizzava un festival. Lei arrivava da una formazione editoriale ed era abituata ad avere una “macchina” di assistenza dietro di lei, ben diverso da quello che eravamo noi, tre ragazzi con tanta voglia ma poca esperienza. Abbiamo così cominciato ad organizzarci. L’unico modo per fare un festival di queste dimensioni è lavorare sulla sostenibilità economica e abbiamo quindi aperto una sezione per cercare gli sponsor, poi ci siamo suddivisi i compiti: comunicazione, ufficio stampa, allestimenti. E dietro a tutto questo ci sono tante persone. Conta che durante tutto l’anno siamo in cinque poi adesso sono arrivati gli stagisti e siamo diventati dieci, mentre in periodo di festival saremo in una cinquantina, più o meno.
Ognuno con le sue competenze?
A: Esatto. Poi abbiamo i volontari che costruiscono l’atmosfera del festival, lo spirito di condivisione, la freschezza. Loro arrivano il primo di luglio, stanno con noi 20 giorni, paghiamo loro vitto e alloggio. La cosa bella è che arrivano da tutto il mondo: oltre che dall’Italia dallo Sri Lanka, dagli Stati Uniti, dalla Russia, dal Sud Africa e vengono tutti per lavorare al festival. Questa è una cosa magica (ride, ndr).
Sempre per capire il dietro le quinte di Cortona On The Move; vorrei capire, come funziona la selezione delle mostre?
A: L’impostazione del festival è tutta a cura di Arianna poi ci sono casi come il “Focus sulla Russia” dove noi scegliamo un curatore che gestisce la selezione.
Dopo la selezione, come vi muovete per la promozione, la comunicazione?
A: Per spargere la voce ci affidiamo ai media partner, come facciamo con voi. Costruiamo un rapporto in cui cerchiamo di fare uno scambio visibilità-contenuti, questo lo facciamo con Repubblica, con The Trip Magazine, Fp Mag, con Sky Arte e naturalmente anche con The Mammoth’s Reflex. Puntiamo tanto sui social network perché sono una formula conveniente e che funziona. Spendiamo relativamente poco (tra le figure che paghiamo ce n’è una dedicata appunto ai social network) poi, altra cosa importante, sono le call. Quando noi lanciamo la call per il circuito Off a febbraio e la call per il premio ad aprile, creiamo già tutta la comunicazione intorno al festival.
Scelta delle mostre, comunicazione non manca che l’allestimento. Sono confermate le solite sedi?
A: Purtroppo mancherà all’appello la chiesa di Sant’Antonio che era uno dei nostri luoghi preferiti ma abbiamo affittato un intero piano di un palazzo nobiliare in centro, dove gli scorsi anni c’era il bookshop, e lì verranno allestite tre mostre. Poi, comunque, tu conosci il festival e lo hai visitato vero?
Certo, per tre edizioni. Ed il fatto di esporre in luoghi così belli e caratteristici per me è uno dei vosti punti di forza.
A: Esatto. E’ proprio uno dei nostri punti di forza. Il primo anno non lo abbiamo fatto perché non avevamo i soldi poi ci siamo accorti che comunque anche la location è una grossa attrattiva ed abbiamo cominciato ad investirci.
Proseguendo il nostro ‘dietro le quinte’ del festival, arriviamo ai giorni clou, quelli inaugurali.
A: Più o meno e strutturato così: il giovedì inaugureremo verso le 17 con un primo giro di mostre nella parte centrale di Cortona, poi alla sera faremo una cena in piazza in cui metteremo a sedere, uno di fianco all’altro, volontari, editor, fotografi, esperti… Una cosa diciamo “democratica”, dove tutti hanno la stessa importanza. Il momento della cena è uno di quei momenti in cui vengono fuori i progetti e se riesco a mettere insieme, ad esempio, un photo editor del New York Times con un fotografo di un altro paese, in modo che possano collaborare insieme beh in questo caso io ho fatto il mio lavoro.
Nel secondo giorno, invece, è dedicato alle letture di portfolio e per tutta la giornata i fotografi si incontrano con gli esperti. Poi di solito facciamo conferenze, presentazioni, booksigning a cui seguirà il secondo giro di inaugurazioni. Tutto si concluderà alla Fortezza di Girifalco dove ci sono altre cinque mostre. Una sede di cui abbiamo preso la gestione per i prossimi 10 anni e in cui apriremo un’accademia di fotografia.
Una bella novità la gestione della Fortezza.
A: E non è l’unica. Qui a Cortona inizierà la mostra itinerante di un progetto che nasce dalla collaborazione di 15 partner, altri festival legati alla fotografia. Ogni festival produrrà tre lavori legati al concetto di persona che vive la città e si partirà da qui, da Cortona On The Move.
Parlando di progetti itineranti Cortona On The Move, con Hungry Eyes, è arrivato a Milano.
A: A Cortona abbiamo l’esigenza di produrre tutte le mostre perché le nostre location hanno problemi di umidità, di illuminazione, di qualità dell’aria. Ci prendiamo quindi la responsabilità di produrre tutte le mostre e l’accordo che facciamo con i fotografi è: noi ti paghiamo la mostra, ti paghiamo da dormire, da mangiare, ti portiamo a Cortona però la mostra rimane a noi così possiamo affittarla. Facendo questo è vero noi ci troviamo un magazzino gigantesco con un sacco di mostre ma dall’altro lato abbiamo l’opportunità di portare il festival fuori da Cortona e far conoscere meglio il nostro lavoro.