Musica, fotografia, incontri, mostre, letture portfolio. Ma soprattutto tanto scambio culturale tra chi condivide le stesse passioni. E’ tutto questo l’ Umbria World Fest il festival fotografico-culturale che inaugura il 12 ottobre a Foligno ( qui i dettagli e il programma dei giorni inaugurali) con mostre fotografiche aperte fino all’11 novembre.
E visto che noi ci occupiamo di fotografia abbiamo voluto sapere qualcosa di più delle mostre che il festival ospiterà quest anno. Oltre che delle letture portfolio collegati ai premi UWF.
Per questo abbiamo chiesto a Marco Pinna, redattore di National Geographic Italia, direttore artistico della manifestazione fino al 2015 e oggi consulente artistico e curatore di due mostre presenti al festival, cosa dovremo aspettarci da questa edizione 2018.
Umbria World Fest raggiunge ormai le 17 edizioni. Una manifestazione che unisce musica e fotografia e di cui lei dal 2015 è direttore artistico. Negli anni quali sono stati i cambiamenti e gli obiettivi di questo festival? E quali i suoi da quando è entrato nella direzione?
Collaboro con UWF dal 2011, quando si chiamava “canti e discanti” ed era ancora una manifestazione prettamente musicale. In quell’occasione Piter Foglietta, il patron del festival, che aveva sperimentato con alcune mostre fotografiche nell’edizione precedente, chiese a me e ad altri esperti di fotografia di dargli una mano a espandere la parte fotografica del festival.
Ricordo che portai una bellissima mostra del fotografo romano Giancarlo Ceraudo, “Soy Cuba“, a palazzo Candiotti; c’era anche Riccardo Venturi, Ashley Gilbertson, Pietro Masturzo… insomma fu un bellissimo evento, ebbe un ottimo riscontro anche a livello internazionale e da allora la parte fotografica del festival è cresciuta ogni anno.
Da parte mia ho sempre insistito molto sull’invitare a Foligno gli artisti internazionali esposti, che danno lustro e prestigio al festival e portano un respiro e una visione più ampie, e su un miglioramento costante della qualità delle installazioni, con massima cura possibile delle stampe fotografiche e dell’illuminazione.
Insomma, la volontà è di rendere UWF sempre più a livello dei grandi festival di fotografia italiani e mondiali. Credo che ci siamo riusciti, il miglioramento è tangibile. Per la cronaca vorrei però sottolineare che quest’anno ho fatto un piccolo passo indietro e ho dovuto abbandonare la direzione artistica per motivi miei personali, limitandomi a fornire una consulenza artistica generale e a curare due mostre per il festival.
Un percorso di viaggio che condivide con…
La figura principale che mi ha contattato inizialmente e alla quale si deve l’esistenza di questo festival è Piter Foglietta, presidente, direttore e fondatore del festival, che ha creato in onore di suo padre, il musicista Vincenzo Foglietta, in arte Fojetta, il più importante cantautore di Foligno, scomparso prematuramente nel 1980.
Piter ha una grande cultura musicale e si è affacciato al mondo della fotografia di recente, ma devo dire che lo ha fatto con grande umiltà, ascoltando, osservando e dando piena fiducia a me e agli altri esperti che collaborano con il festival. Un’altra figura importante è Michelangelo Spadoni, presidente dell’associazione Platea, che si occupa della parte tecnica e logistica e del sito web. Senza di lui il festival non starebbe in piedi.
Poi ci sono i consulenti artistici , in primis la grande Lina Pallotta, fotografa e docente di fotografia di grande sensibilità e conoscenza che riesce sempre a dare un tocco contemporaneo e originale a questo festival, portando artisti magari poco conosciuti al grane pubblico ma di grande interesse sulla scena dell’arte contemporanea internazionale. Con Lina si va sul sicuro, non sbaglia un colpo e ha il polso della scena mondiale della fotografia come poche altre figure in Italia.
Quest’anno ci affianca anche Diego Orlando, che conosco da tanti anni e che lavora come photo editor e curatore per una rivista online di altissimo livello, Burn Magazine. Inutile dire che il suo apporto dona prestigio e ulteriore respiro internazionale al festival. E come non citare Valeria Ribaldi, la nostra capo ufficio stampa, che ci dà sempre più visibilità sulla stampa nazionale, e altri collaboratori fondamentali come Michela Materazzi, Annalaura Vinti, Elvio Maccheroni, Eduard Gjergji, che ci segue negli allestimenti da anni, e molti altri che – mi perdonino – non sto a citare. Insomma è una gran bella squadra.
Un festival che punta sull’attualità. Quest anno il tema esplorerà il divario economico sempre più ampio tra ricchi e poveri.
L’idea mia, degli altri curatori e degli organizzatori di UWF, è sempre stata quella di puntare su temi di stretta attualità che stimolino una riflessione su temi importanti e controversi che riguardano un po’ tutti. Non ci interessa semplicemente proporre l’estetica fine a sé stessa, per quanto sia evidente che l’aspetto estetico sia fondamentale per la riuscita di una mostra fotografica. Ma le belle foto a nostro avviso non bastano.
La nostra sfida è proprio quella di far passare un messaggio, una riflessione, in maniera fruibile per il grande pubblico, perciò gradevole alla vista, ma che abbia in sé un contenuto forte e attuale, una critica costruttiva sul mondo in cui viviamo. Pur senza prendere posizione, siamo convinti che il ruolo dell’artista – come quello del giornalista – sia quello di analizzare le tendenze della società e – se è il caso – di criticarle più o meno apertamente attraverso il linguaggio artistico che gli appartiene.
Per farvi un’idea nelle ultime edizioni il festival si è occupato di ambiente, di immigrazione, del concetto di famiglia e di altri temi caldi e spesso controversi della nostra epoca. Il tema di quest’anno, 1%, ovviamente riferito al recente rapporto oxfam secondo il quale il 50% della richezza mondiale stia in mano all’1% della popolazione, è noto a tutti, ma vale assolutamente la pena di ribadirlo, anzi di ricordarlo all’infinito, perché questa assurda disuguaglianza è uno dei più grandi scandali dei nostri tempi.
Al centro di tutto sempre le storie, narrate in molteplici forme. Vedremo quindi fotografia giornalistica, artistica, immagini dai social e riprese da videocamere e droni.
Ormai parlare di fotografia significa parlare inevitabilmente di molteplici mezzi espressivi. L’evoluzione della fotografia negli anni recenti è stata paradossamente quella di uscire dal linguaggio fotografico tradizionale e di affacciarsi su altri mondi, come quello del video, dell’arte figurativa o grafica e, naturalmente, dei social network.
Nel contempo sono saltate tutte le barriere tradizionali, perciò non ha quasi più senso parlare di fotogiornalismo o di foto d’arte. I due mondi, i due linguaggi, si sovrappongono in continuazione, unendosi ad altri linguaggi ancora e creandone uno nuovo, che potremmo definire con un termine un po’ snob a molti antipatico, che è quello dello “storytelling”.
Per raccontare una storia quindi ogni mezzo è valido, l’imporante è che la si affronti con onestà intellettuale e sensibilità artistica, senza strizzare troppo l’occhio al mercato e senza ingannare lo spettatore.
Le mostre saranno tutte a Palazzo Trinci. Qui vedremo Dougie Wallace con ‘Harrodsburg’; ‘Hanafuda’ di Shinya Masuda; ‘Money’ di Tania Prill, Alberto Vieceli e Sebastian Cremers; Mario Spada con ‘Ville di Casal di Principe’; le foto del profilo instagram ‘Russian Kids’; Laura Morton con ‘The Social Stage’; Johnny Miller con ‘Unequal Scene’; ‘Tu Non Hai Visto I Loro Volti’.
Le mostre di quest’anno sono davvero molto varie come tecnica, approccio e iconografia, quasi a sottolineare il’apertura alla differenziazione del linguaggio fotografico contemporaneo e la ricerca costante di nuovi mezzi espressivi. Ciò nonostante, tutte le mostre sono molto aderenti al tema scelto.
Senza dubbio la mostra più “classica” come linguaggio è quella di Laura Morton, che con un bianco e nero molto pulito e tradizionale ci regala uno sguardo inedito da “insider” della alta borghesia di san francisco. Poi abbiamo Dougie Wallace, che con un’ironia tipicamente britannica e uno stile un po’ grezzo tipo “snapshot” con flash sparatissimo indaga sui nuovi ricchi di Londra, arabi ma non solo, che spendono fortune nei grandi magazzini Harrods e hanno cambiato il volto del quartiere londinese che lui definisce “Harrodsburg” acquistando immobili a prezzi da capogiro. Un lavoro molto efficace dal punto di vista visivo ma denso di contenuto e di spirito critico.
Hanufada invece ha un approccio del tutto diverso; l’autore, Shinya Masuda, sfrutta un evento della sua vita personale per fare una riflessione sullo spreco di cibo e sulla decadenza dei nostri tempi usando un linguaggio che sconfina nella pop-art. Più classico come approccio il lavoro di Mario Spada, che ci offre uno spaccato inquietante e suggestivo delle ville sequestrate ai boss della criminalità campana, evidenziandone l’opulenza ma anche la decadenza. Unequal scene parte invece da un concetto molto semplice, quello delle divisioni dei quartieri delle città tra ricchi e poveri, ma grazie all’uso del drone riesce a sbatterci letteralmente in faccia questa disparità in maniera molto grafica ed efficace, in un modo che non sarebbe stato possibile fotografando “da terra”.
Il lavoro di Mayrit, You haven’t seen their faces, offre invece una critica indiretta e raffinata mostrandoci i volti degli uomini più ricchi della city di Londra ripresi attraverso telecamere di sorveglianza, fsacendo un parallelo con le immagini di manifestanti considerati delinquenti dalle autorità.
Abbiamo poi Prill, Vieceli e Cremers con il loro splendido libro “Money”, che indaga, con grande sensibilità estetica, sul significato delle immagini che compaiono sulle banconote di tutto il mondo. Infine abbiamo una selezione di foto prese direttamente da instagram, per la precisione dall’account Rich Russian Kids, che raccoglie immagini di pura opulenza realizzate e ostentate dai figli dei miliardari della nuova russia, tra jet privati, auto di lusso, champagne, fotomodelle e animali domestici esotici…
In mostra ancora, i lavori del vincitore del Premio Umbria Photo Fest 2017 Cinzia Canneri e ‘Behind the dream’ di Melissa Carnemolla del premio Nuovi Talenti dedicato ai giovani under 30.
Due lavori splendidi a mio avviso, una scelta molto felice della giuria dello scorso anno. La Canneri sviluppa un reportage molto classico, in perfetto stile fotogiornalistico in bianco e nero, su un tema terribile, quello dell’avvelenamento da amianto in Italia, ma lo fa con grande sensibilità e rispetto nei confronti delle vittime e con dei guizzi da grande fotografa.
Melissa Carnemolla invece ha vinto meritatamente la sezione giovani dello scorso con un lavoro di grande forza poetica che a mio avviso potrebbe avere visibilità anche a livello internazionale sulla condizione di un quartiere periferico di Roma, la Rustica. Non è un lavoro di denuncia ma, come avviene nel caso della migliore documentazione artistica, coglie davvero in pieno l’essenza del luogo e della sua gente.
Oltre alle mostre ci sarà un altro grande appuntamento per UWF: le letture portfolio. Lei è presidente di giuria. Cosa cercate? Cosa vorreste vedere? Se la sente di dare qualche consiglio dell’ultimo minuto?
Le letture, legate al premio Umbria Photo Fest (la giuria sceglie i pemiati tra i portfolio presentati), sono un momento importante di confronto per i fotografi, giovani e non, che vogliono sottoporre i loro lavori agli esperti del settore e avere un riscontro, capire se stanno andando nella giusta direzione.
Personalmente spero di vedere lavori di qualità fotografica eccelsa che abbiano spirito critico, sensibilità artistica e, soprattutto, idee geniali e originali. Oggi non si può pensare di affacciarsi sul mercato della fotografia senza avere idee o punti di vista originali, senza avere delle belle storie da raccontare.
Tutti – studiando – possono arrivare a scattare belle foto. Ma ben pochi hanno qualcosa da dire che intressi al pubblico.
Il mio consiglio? Mettetevi nei panni dello spettatore, ma senza abbandonare la vostra visione personale dle mondo. E studiate, studiate, studiate! Uno su un milione “nasce imparato”. Gli altri devono studiare.