Festivalfilosofia 2021 torna, da venerdì 17 a domenica 19 settembre. Tra Modena, Carpi e Sassuolo sono previsti oltre 150 appuntamenti e diverse mostre.
Un’edizione dedicata al tema libertà con ben 45 lezioni magistrali in cui grandi personalità del pensiero filosofico affronteranno le varie declinazioni del tema. Discuteranno di modelli della libertà individuale e partecipativa nel quadro delle trasformazioni dei sistemi politici, sul crinale tra libertà e sicurezza, che comporta anche una rivoluzione nella soggettività e nella vita privata.
Non solo lezioni magistrali, ma anche tante mostre fotografiche da vedere.
Virginia Zanetti. I just want to know who I am
Alla Chiesa di San Nicolò (Modena) la mostra di Virginia Zanetti “I just want to know who I am“. Un focus sul ribaltamento dell’immagine che dà l’illusione di una persona che cade dalla terra, per evocare la vulnerabilità della condizione umana.
L’essere umano da solo in caduta è l’esito della solitudine e del senso di impotenza di fronte alla pandemia, uno spazio vuoto in cui ci troviamo e che ci permette di percepire la nostra fragilità e impermanenza da una parte, e la necessità di rinnovamento drastico e un senso estremo di libertà dall’altra.
Ipotizzando che la vita si sviluppi attraverso fasi cicliche di origine, crescita, degenerazione, morte e rinascita, sia a livello individuale sia collettivo nella storia e nel ciclo della natura, questa installazione indaga la necessità di disintegrarsi per poi ricostruirsi.
Elisabetta Zavoli. Farfalle di velluto
Alla Biblioteca Poletti di Modena è esposta la mostra “Farfalle di velluto” di Elisabetta Zavoli. Esposte 100 fotografie del viaggio compiuto dall’artista nell’Indonesia transgender tra il 2012 e il 2018, che mirano a indagare il processo interiore di trasformazione per realizzare la propria identità.
Maschi alla nascita, le waria si considerano uomini con l’anima femminile o donne intrappolate in un corpo maschile. La femminilità viene raggiunta a livello fisico attraverso il trucco, l’abbigliamento, l’atteggiamento oppure ricorrendo alla chirurgia e al trattamento ormonale. La loro è una trasformazione simile a quella dei bruchi che diventano farfalle: profonda e totale.
Se spesso sono gli stereotipi sulle donne transgender ad essere sottolineati – lavoratrici del sesso, performer chiassose, sieropositive – nel racconto di Zavoli sono invece l’umanità, l’ironia, il dolore e la malinconia ad essere protagonisti.
Tamiko Thiel. Lend Me Your Face: Go Fake Yourself!
La galleria Metronom di Modena ospita la mostra “Lend Me Your Face: Go Fake Yourself!” di Tamiko Thiel. Sul video wall della galleria è proiettato in loop 24 ore su 24 l’intervento di net art Lend Me Your Face: Go FakeYourself!,a partire dal progetto di installazione di Intelligenza Artificiale commissionato nel 2020 da The Photographers’ Gallery di Londra.
In Lend Me Your Face!, un framework di rete neurale deepfake e open source anima fotografie del volto di persone comuni secondo i movimenti facciali e le espressioni di importanti personaggi pubblici internazionali. Il visitatore si confronta su come la parte più intima e tuttavia pubblica di sé, il volto e le emozioni che esprime, possano essere facilmente manipolate e collocate in contesti fuori dal proprio controllo.
Durante il festival verrà esposto sul video wall di METRONOM una versione aggiornata del progetto, con un nuovo set di volti, e tramite un QR code che ricondurrà al sito del progetto, i visitatori potranno caricare un’immagine del proprio viso e ottenere così il proprio deepfake personale.
Mustafa Sabbagh. Spazio Disponibile
Alla Galleria Estense di Modena e al Palazzo Ducale di Sassuolo si trova “Spazio Disponibile” di Mustafa Sabbagh. Si tratta di un progetto pilota che anticipa quello dell’Artist in residence.
Attraverso i mezzi espressivi della fotografia, del video, della scultura, dell’installazione di materiali e strumenti comunicativi diversi, Sabbagh declina una visione personale del nostro rapporto con il patrimonio artistico antico: offerto come merce e prodotto di consumo, o viceversa fonte inesauribile per riflessioni su noi stessi e il presente.
Pietro Lo Casto. Natural Ellipsis
Alle gallerie GATE 26A e Studio Tape di via Carteria, a Modena, va in scena “Natural Ellipsis” di Pietro Lo Casto.
Le fotografie esposte raccontano la realtà di Tangia Basti, villaggio nepalese dove l’uomo vive in simbiosi con una tentacolare foresta. Sulla comunità incombe, da oltre 25 anni, la proposta di costruzione di un aeroporto che implicherebbe sfollamento e deforestazione.
Questo corpo di lavoro vuole essere un tentativo di creare la potenza necessaria per delineare cartografie che possano dirigere la coscienza collettiva verso un percorso di divenire postumano, che è il cuore di un processo di ridefinizione del proprio senso di connessione a un mondo comune e condiviso.
Atlas. L’erbario in viaggio
Non è propriamente una mostra fotografica eppure vale la pena gustarsi anche il progetto ‘ATLAS. L’erbario in viaggio’. Si tratta di un intervento pensato per lo spazio pubblico della città di Modena, nello spazio dei Giardini Ducali, lungo il percorso che, dall’ingresso dell’Orto Botanico (ora in restauro), porta all’ingresso della Palazzina.
Grandi immagini scorrono come una sorta di sequenza cinematografica sulla cancellata dell’Orto Botanico. Questo “atlante” delle principali specie botaniche che caratterizzano il paesaggio del Mediterraneo descrive una vegetazione libera di vagare oltre i confini con spore e semi in volo. Un’installazione scenografica realizzata appositamente per l’edizione 2021 del festivalfilosofia, raccontata attraverso immagini e disegni di artisti internazionali.
Le opere saranno inoltre presentate su grandi schermi nelle stazioni ferroviarie di Milano, Mantova, Modena in occasione di importanti eventi culturali, con l’obiettivo di promuovere il concetto di natura, di viaggio, di libertà, grazie alla collaborazione con RFI – Rete Ferroviaria Italiana.
Giancarlo Pradelli. Intersezioni
Sempre a Modena, al Giancarlo Pradelli Studio, c’è Intersezioni. Si tratta di un lavoro fotografico realizzato su Modena durante il primo lockdown del marzo 2020, quando l’isolamento forzato e le limitazioni negli spostamenti avevano lasciato spazio solo a sporadiche passeggiate in zone circoscritte.
In quel tempo fermo, lo sguardo ha trovato conforto nell’osservazione di una realtà fatta di edifici, di monumenti, di case abitate da ospiti in ostaggio di un nemico invisibile.
Nelle trenta immagini in bianco e nero esposte in mostra le costruzioni moderne e le architetture storiche non compaiono nell’interezza formale, bensì vanno svelando la loro identità attraverso dettagli catturati da una prospettiva spaziale in cui gli intrecci dei rami e delle foglie di alberi antistanti entrano nella scena, divenendone protagonisti.
Alessandra Calò. Libera di diventare me stessa
Alla galleria ArteSì di Modena sono esposti i lavori di Alessandra Calò. La soggettività femminile è stata compressa e costretta in silhouettes e ruoli, persino corpi, modellati dall’esterno. Dalle convenzioni, da regole scritte e non scritte di atavica tradizione patriarcale. Quel che riprende voce oggi nelle donne, più un’istanza di diritti e tutele riconosciute, è una più basilare, sinora aggirata, domanda sull’identità. Chi siamo. Questa è la domanda. Ed è l’interrogativo che si pone l’artista Alessandra Calò, che sembra dipingere su pellicola.
Mappe e cartine geografiche, recuperate con la cura dell’archeologo negli archivi della New York Public Library, fanno dell’alterità la sua intimità, la sua nuova libertà di esplorarsi.
Con le sue cartografie su epidermide, Alessandra Calò rende ibrida e fertile di possibilità l’identità dei soggetti fotografati, trascesi e dilatati in un paesaggio psichico di memoria attiva, allegorica e futuribile.
Ascari, Borraccino, Castelli, Federzoni, Gilli. LimitAzioni
Al centro culturale G. Alberione di Modena la mostra curata dal Fotoclub Colibrì BFI. In ogni sistema sociale l’idea di libertà si trova a fare i conti con il concetto di “limitazione” o, al plurale, “limitazioni”, parola che contiene in sé due espressioni: “limiti” e “azioni”. Tramite l’opera fotografica, si evidenziano quelli che sono i limiti alle nostre azioni ma anche le azioni che creano limiti e, infine, le azioni per abbattere i limiti.
I cinque artisti, attraverso immagini metaforiche, concettuali, simboliche, raccontano una loro personale interpretazione fotografica dell’esperienza appena vissuta, tra abitudini e libertà.
Autenticità o finzione? L’obiettivo e il ritratto
Al Teatro Tempio di Modena una mostra a cura dell’associazione Tempio e ARTyou.
In questo mondo diventato la caverna platonica, quale immagine rappresenta ciò che siamo? Cosa mostrare di sé? Quale libertà ha il fotografo nel momento dello scatto?
Il ritratto è il simbolo di questo percorso filosofico-artistico, in un gioco di relazione tra l’immagine di sé in dialogo con gli altri.La mostra fotografica vuole riflettere sulla libertà creativa del fotografo nel ritrarre le persone; dieci fotografi per un soggetto, per comporre un collage visivo di nuova identità.
L’installazione è parte del progetto fotografico internazionale “Insideout Project”, ideato dal’artista francese JR.
Alessio Romenzi. Don’t leave me alone
Infine, a Modena, nella Palazzina dei Giardini c’è “Don’t leave me alone” con fotografie di Alessio Romenzi.
La pandemia ci ha insegnato che tutto può cambiare da un momento all’altro. In altri paesi guerre, carestie e catastrofi naturali hanno cambiato negli ultimi anni la normalità delle persone. In un mondo che cambia, Medici Senza Frontiere non cambia il proprio impegno, i valori e la propria missione. Attraverso gli scatti di Alessio Romenzi, proviamo a raccontare questa missione a casa nostra.
Le fotografie della mostra raccontano l’intervento di MSF in quattro dei contesti italiani in cui ha agito durante il picco della pandemia della scorsa primavera all’ASST di Lodi; in una RSA nelle Marche; al carcere di San Vittore a Milano e in un insediamento informale a Roma.
Luigi Ghirri. The Marazzi Years 1975-1985
Il Palazzo Ducale di Sassuolo ospita una che mostra celebra la collaborazione instaurata tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta tra il grande fotografo emiliano Luigi Ghirri e l’azienda Marazzi.
Nell’arco temporale di un decennio Ghirri sviluppò un importante corpus di opere quasi completamente svincolate dai canoni dell’immagine pubblicitaria e di prodotto ed estremamente coerenti con la sua ricerca artistica e i suoi filoni di interesse.
La collaborazione stimola quell’incontro tra cose fotografate e paesaggio biografico che caratterizzerà l’arte di Ghirri negli anni seguenti del suo percorso.
La mostra vuole esporre, per la prima volta in assoluto, una selezione di circa 30 stampe dell’Archivio Marazzi. Le fotografie non sono mai state mostrate prima al pubblico e sono sostanzialmente inedite.
Luigi Ottani. Shooting in Sarajevo
Alla Galleria Paggeriarte di Sassuolo si può vedere “Shooting in Sarajevo” mentre la Galleria Annovi ospita un’installazione performantiva.
Luigi Ottani e Roberta Biagiarelli hanno iniziato a lavorare a questo progetto nella primavera del 2015. L’idea è stata quella di fotografare Sarajevo venticinque anni dopo, dagli stessi luoghi dai quali i cecchini tenevano sotto assedio la città e i suoi abitanti.
Gli appartamenti di Grbavica, l’Holiday Inn, la caserma MarescialloTito, le postazioni di montagna sono divenuti il punto di vista ideale per perdersi nella mente di chi, da quegli stessi luoghi, inquadrava per uccidere.
Da una finestra del quinto piano dell’hotel Holiday Inn il 6 aprile 1992 sono stati sparati i primi colpi sui civili. Da quella stessa finestra il generale Divjak ha fotografato una donna con un cappotto rosso, regalandoci così uno scatto per questo progetto condiviso.
Annalisa Vandelli. In un vortice di polvere
Per la prima volta il Crogiolo Marazzi di Sassuolo ospita una mostra con 70 fotografie che rappresentano il distillato di 10 anni di racconti di Annalisa Vandelli.
Nei vortici di polvere si intravede la luce fuori e dentro le cose, i fatti, le situazioni, le persone. Tutto è connesso e rimescolato nel mondo della globalizzazione, così immagini e testi fermano attimi rivelatori, assoluti, condivisi, dove l’essere umano è rimesso al centro, seppure oppresso da un sistema economico e tecnocratico che tende a prostrarlo.
Fulvia Fioroni. Sguardi
Spesso lo sguardo degli osservatori in generale è legato all’abitudine, intesa come automaticità dell’osservare. Lo sguardo di Fulvia Fioroni si stacca dall’abitudinarietà, è un modo di osservare istintuale, non reiterato. Deve allontanarsi dall’abitudine, essere creativo e spontaneo, rompere gli schemi abitudinari.
Nello stesso tempo anche gli oggetti fotografati e in mostra alla Galleria d’arte Cavedoni di Sassuolo mostrano una loro libertà intrinseca. Riempiono la scena interpretandola come se avessero vita propria, slegati dalla mano dell’uomo che li ha creati, ne evocano soltanto il ricordo. Compaiono come eccezioni, variazioni in una scena che solo uno sguardo “libero” può cogliere.
Per info: www.festivalfilosofia.it