MODENA. Greenhouse è uno dei nomi con cui Ruth van Beek chiama il proprio archivio, nel quale conserva immagini fotografiche di diverso tipo e su supporti variabili, dagli album di famiglia alle diapositive, fino ai ritagli di giornale, a partire da cui realizza le proprie opere. Foto che, fino al 29 giugno, saranno in mostra al Metronom di Modena (viale G. Amendola 142) per una mostra a cura di Selva Barni e Francesco Zanot.
Ruth van Beek usa le fotografie come se fossero oggetti, i suoi lavori si compongono con uno stile che ricorda banali e quotidiane operazioni di “taglia e incolla” aprendosi però a soggetti e risultati sempre diversi. Accostando immagini a grandezza naturale con elementi simili, van Beek opera in modo tale che forme, grandezza e colore collaborino per dare una apparenza di veridicità a qualcosa che in realtà non è mai esistito. Si creano quindi incidenti aerei, strani oggetti, o composizioni floreali, che grazie a una accurata costruzione formale riescono a offrire una immagine di realtà e di credibilità.
Fatto di oggetti senza peso né sostanza, animali senza testa, incidenti senza giustificazione, l’universo di Ruth van Beek appare immediatamente impossibile, al di là delle regole che governano la realtà in cui abitiamo dandoci sicurezza. Tuttavia, il materiale che dà forma a queste opere, esclusivamente fotografico, si riferisce necessariamente al nostro mondo, registrandone la superficie con esattezza, ma sono sufficienti poche pieghe della carta e qualche combinazione inusuale per rendere sostanzialmente irriconoscibile ciò che, invece, conosciamo. E’ così che Ruth van Beek innesca un cortocircuito fra descrizione e interpretazione, trasparenza e opacità, schierandosi fra gli artisti che definiamo come visionari.
Inserita nella tradizione di coloro che utilizzano materiale preesistente per la realizzazione dei propri lavori, Ruth van Beek continua a produrre fotografie. Le sue opere, infatti, fanno leva esattamente sui meccanismi di fiducia e individuazione della verità che definiscono il nostro rapporto con le immagini fotografiche. Il fatto poi che non faccia uso di una macchina fotografica costituisce contemporaneamente un adeguamento alla contemporaneità (dopo quasi 180 anni di storia e l’avvento di Internet sono ormai miliardi le immagini fotografiche disponibili all’interno degli archivi tradizionali e digitali) e un gesto politico che rimanda alla logica del riciclo (perché realizzare una nuova immagine quando ne esistono già moltissime?). Ci dimostra così che una fotografia si può fare anche senza guardare attraverso l’obiettivo.
Nata nel 1977 in Olanda e diplomatasi nel 2002 alla Gerrit Rietveld Academy di Amsterdam, in questa occasione Ruth van Beek presenta per la prima volta il suo lavoro in Italia in una mostra personale.
Ruth van Beek ha esposto in mostre personali presso: Lost Property, Amsterdam; AMC, Amsterdam; C3 Gallery, Amsterdam (2012); Galerie 37, Spaarnestad, Haarlem (2011); Okay Mountain, Austin Texas, U.S.A; Suze May Sho, Arnhem (2010); FOAM_ 3h, Amsterdam (2008). I suoi lavori hanno preso parte a mostre collettive in diversi spazi pubblici e gallerie: Gallery LhGWR, DenHaag; Good Press Gallery, Glasgow (2012); Galery Koal, Berlin; Season Gallery, Seattle (2011); New York Photo Festival, Amsterdam Centrum voor Fotografie, Van Zoetendaal Gallery, Amsterdam (2010); Moser Performing Arts Center, Chicago U.S.A (2008).
Per info: www.metronom.it