AREZZO. “BANG! Nuove generazioni fotografiche” è il titolo della collettiva fotografica curata da Tiziana Tommei e ospitata, fino al 3 novembre, alla galleria 33 (via Garibaldi 33).
La 33 presenta un collettivo composito di personalità artistiche che hanno scelto la fotografia come forma d’espressione. Elisa Girelloni, Danilo Giungato, Fabiana Laurenzi, Simone Martini, Alessandro Rotta e Luigi Torreggiani: sei giovani fotografi, altrettanti progetti.
«Mi sono avvicinata all’arte da piccola, amavo disegnare e creare – racconta Elisa Girelloni (Brescia 1983). Nel 2007 mi sono iscritta ad un biennio di marketing e fotografia e da subito ho capito qual era la mia grande passione: l’autoritratto. Ho usato questa tecnica un po’ come auto-terapia ed ora non posso più farne a meno». L’autoscatto come medium per il raggiungimento e/o il recupero del sé: è questo il fil rouge e la substantia che identifica la galleria di autoritratti della fotografa bresciana, che alla 33 presenta una parte del lavoro “Il respiro dell’anima”(2009). Il processo creativo di E. G. muove dal rapporto osmotico con il contesto che, sia esso natura o spazio costruito, viene sempre restituito come dimensione permeabile, nella quale il corpo della fotografa viene introiettato e assimilato, in primis sul piano formale. Le pose studiate e classiche – le citazioni sono esplicite – i luoghi abbandonati e silenti, risultano escamotages per mettere in atto un viatico interiore.
La fusione con la natura unisce le due fotografe in mostra. Il paesaggio, e soprattutto la realtà naturale, con la sua verità e la sua fisicità, è il tema dell’opera presentata in mostra da Fabiana Laurenzi (Arezzo 1979). «Fotografa, appassionata della vita», F. L. dice di sé: «Il mio lavoro è un’esigenza esistenziale, tanto quanto il riuscire a vedere oltre, cogliendo le sfumature e leggendo tra le righe della quotidianità, fatta di persone, animali, oggetti, ambiente e natura». Nella serie di scatti “Armonica” (2008), mette in atto un superamento della realtà fenomenica, seppure resa nella sua piena consistenza tattile e visiva, al fine di raggiungere la materializzazione della soggettività di visione. L’io di chi guarda e scatta si sovrappone al dato reale, che assume così forma essenziale, mentre risulta pervaso da un caos ordinato. Quanto c’è di mentale e quanto di emotivo nelle sezioni di ‘frammenti di terra’, nei brandelli cromatici e segnici, nella ridefinizione personale e musicale del sistema cartesiano armonicamente precostituito?
La poesia è insita nel reale, saperla cogliere e comunicare non è da tutti. Esistono fotografie che restituiscono la realtà, ritraggono il mondo come finestre che inquadrano una porzione di materialità.
Ci sono poi foto che parlano di chi le ha scattate e che mostrano una dimensione potenzialmente oggettiva in chiave soggettiva e in questi casi noi vediamo la rappresentazione attraverso lo sguardo del fotografo, che sovrappone a ciò che ha di fronte il suo modo di leggere e fermare lo scorrere delle cose. E’ quest’ultimo il caso di Danilo Giungato (Lesina 1985). Per lui la fotografia è «un mezzo di ricerca e un filtro rispetto al reale». Nella sezione di 24 scatti dell’open project “Attraverso” (2010/13), la forma, le proporzioni e una ricercata ‘geometria estetica’ pervadono i luoghi di street photography, attraversati da un’umanità catturata e ritratta tout court.
«Durante un viaggio in Olanda, passeggiando sulle grandi spiagge della bellissima isola di Texel, nelle Frisone Occidentali, ho scattato una serie di fotografie poi rielaborate in digitale. Protagonisti di queste immagini sono la spiaggia bianca illuminata dal sole, il cielo azzurro e limpido e il mare scuro increspato dal vento». Difficile descrivere meglio di Alessandro Rotta (Arezzo 1982) il suo progetto, “Texel” (2009). Il paesaggio non rappresenta il traslato di un mondo interiore, o di chi sta dietro la macchina, ma viene sentito e immortalato con tutta la sua forza visiva, l’atmosfera, i ritmi e la sua straordinaria bellezza. Gli elementi della natura, e quindi anche l’uomo, si dispiegano ordinati, avvolti da una luminosità estrema. A. R. dopo gli studi alla Libera Accademia di Belle Arti, porta avanti la sua attività artistica parallelamente alla fotografia, dedicandosi anche all’autoritratto e a sperimentazioni personali sul genere – come in “Autoritratto falsatamente barocco”.
La parola va a Luigi Torreggiani (Sarmato 1983): «scriverò poco, perché vorrei che tutti leggessero, di questa città che a solo un anno di distanza dall’ultimo viaggio mi richiama. Non mi era mai capitato di tornare, a così breve distanza, in un luogo visitato viaggiando. Ma Sarajevo mi ha colpito a tal punto da lasciarmi dentro un costante, martellante pensiero». Intimità è l’espressione che più profondamente può descrivere la forza delle immagini della serie “Sarajevo” (2012): una realtà che viene restituita, in modo più viscerale che con la scrittura, attraverso uno sguardo attento e sensibile, che non fa sconti e non scende a compromessi e, tuttavia, nobilita. Lo si coglie nel sovvertimento di macro e micro vocaboli catturati dalla macchina: la grandezza dei piccoli dettagli, gli oggetti semplici e l’estrema umiltà degli uomini, i luoghi e gli spazi comuni che, anche isolati, finiscono per subissare moschee, palazzi e fortezze.
La surrealtà, la rappresentazione di una dimensione che sta oltre la realtà sensibile, è il nocciolo che identifica la parte più originale del portfolio di Simone Martini (Firenze 1990), il quale sostiene invece che «la Street Photography e il ritratto – cito – sono i generi che meglio mi esprimono e mi fanno sentire a mio agio». Alla 33 presenta rappresentazioni di storie che da allucinazione diventano realtà: da “Beatrice” a “Cure Rhythm” (2012) fino a “Tartana” (2013). Il fotografo costruisce scenari fantastici, con giustapposizioni prive di nessi logici e pone il riguardante di fronte a immagini nitide e definite, nelle quali la finzione sembra più convincente del reale. Anche il travestimento è da ricondurre al concept surrealista della liberazione dell’individuo dalle convezioni, come medium verso il superamento dei limiti conoscitivi della ragione. Tuttavia, i soggetti messi in scena da S. M. non sono maschere carnevalesche: essi traggono spunto dal costume play e rappresentano immedesimazioni in personaggi che non esistono, desunti da manga, cartoon e videogiochi. In Giappone i cosplayer s’identificano con la norma: riflettiamoci …
Galleria 33 ospita la mostra, visitabile fino al 3 novembre da mercoledì a domenica h 16/19.30 e sabato h 11/13 e 16/19.30 e, con essa, due workshops: domenica 20 ottobre, Alessandro Schinco: “Introduzione alla fotografia analogica: dal banco ottico allo sviluppo del negativo a colori” h 9/18; domenica 27 ottobre, Sandro Bini: “La fotografia documentaria come lettura del Territorio”, h 10/20. I Workshops sono su prenotazione a luigitorreggiani@gmail.com.