BOLOGNA. Dal 3 settembre al 4 ottobre, Ono arte contemporanea presenta “Marilyn in White” una mostra dedicata a una della più importati leggende del cinema, celebrazione stessa degli anni Cinquanta, in occasione del sessantenario dallo shooting tratto dal suo film più celebre, “Quando la moglie è in vacanza”.
Il suo nome evoca un’esistenza leggendaria, segnata da rappresentazioni così tanto radicate nell’immaginario collettivo, da farla diventare a tutti gli effetti molto più che una semplice icona. Marilyn Monroe è infatti vero e proprio mito. Dopo un’iniziale carriera come modella, il suo debutto nel mondo del cinema avvenne nell’agosto del 1946, quando la giovane Norma Jeane – questo il suo vero nome – aveva appena divorziato dal suo primo marito e firmato il suo primo contratto cinematografico. Marilyn viveva a Los Angeles e gli Studios non potevano non rappresentare il luogo più ambito, la meta finale a cui approdare dopo i numerosi corsi di recitazione che fino a quel momento aveva intrapreso. Ancora lontana dal successo planetario che i film successivi le faranno raggiungere, Marilyn cambia nome e nel giro di pochi anni diventa una vera e propria femme fatale ma anche quella che oggi definiremmo una bad girl, ossia la cattiva ragazza che arriva tardi agli appuntamenti, fa abuso di farmaci e alcool e poco si interessa di ciò che le malelingue le riservano. Questo atteggiamento è però sempre condito e bilanciato da un alone di candore e innocenza che sembrano farle perdonare ogni atteggiamento sconveniente, uniti ad un innegabile e incondizionato amore per la recitazione.
Nel 1954 viene fotografata mentre indossa l’ormai leggendario abito bianco, che farà la sua comparsa ufficiale presso il grande pubblico nella pellicola che l’ha portata alla ribalta e che racchiude tutti i tratti salienti del personaggio che le era stato cucito addosso, “Quando la moglie è in vacanza“. Il film di Billy Wilder, ormai diventato di culto, ha segnato la generazione postbellica ed è diventato simbolo di un’epoca e di un modo d’essere. E sul set era presente anche George Barris, giovane newyorkese che dopo aver lavorato come fotografo per l’esercito americano durante la seconda guerra mondiale, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta si era avvicinato al mondo hollywoodiano, immortalando la maggior parte delle star in auge in quegli anni. E il loro rapporto è andato ben oltre quei singoli scatti, tanto da portarli a progettare insieme la realizzazione di un libro illustrato e una autobiografia a quattro mani.
L’intimità che li lega si riesce a percepire in tutti i suoi scatti, che ripercorrono gli ultimi anni della carriera dell’attrice. Davanti ai nostri occhi si sviluppa la semplice storia di una donna, Marilyn, che senza trucchi né artifici si lascia immortalare sulla spiaggia di Santa Monica e in una casa di Hollywood: in questi scatti si mostra la persona celata fino a quel momento, dietro al personaggio. Un personaggio che, dalla controversa “Diamonds Are a Girl’s Best Friend” fino al celebre “A qualcuno piace caldo” aveva contribuito a rafforzare la reputazione della dumb blonde, la bionda un po’ svampita e distratta che la stessa Marilyn però non riconoscerà mai appieno. A rafforzare poi il mito e la sua immagine, ci pensano le sue relazioni, chiacchierate e controverse, con molti protagonisti dello showbiz dell’epoca, da Joe DiMaggio, a Frank Sinatra fino al matrimonio con Arthur Miller e la relazione con John Fitzgerald Kennedy per cui, nel 1962, aveva intonato la conturbante Happy Birthday Mr. President. E quello stesso 1962 fu per lei fatale: a distanza di qualche mese da quell’esibizione, fu trovata morta nella sua casa di Los Angeles, segnando per sempre l’epilogo di una stella ma contemporaneamente, la nascita di un mito.
Info: www.onoarte.com