AREZZO. Dal 19 novembre al 9 gennaio 2015 la street photography sarà protagonista al ristorante Mariano (Corso Italia 40). Nei locali del ristorante sarà infatti esposta “Subway. Lisboa 2013, New York 2014” con scatti di Simone Martini e un testo critico di Tiziana Tommei.
Protagonista è il quotidiano, che viene catturato, fissato entro un’immagine ed enfatizzato con ironia o distacco per una fotografia che mostra quello che generalmente sfugge allo sguardo di chi si muove in quei medesimi contesti senza osservarli davvero, di chi è presente in essi senza viverli, di chi li occupa fisicamente senza conoscerli. Non c’è alcuna apparizione o visione epifanica dettata da particolari stati emotivi. Non c’è alcuna suggestione. Conta la presa diretta e subitanea di quello che scaturisce dall’incontro tra l’occhio del fotografo e il mondo. Conta l’istante, la capacità di afferrare quel momento, che è qualcosa di unico, avente una sua durata – puntuale – e un carattere irripetibile.
Esiste uno stacco sostanziale tra le due serie: “Lisboa 2013” e “New York 2014”. Nella prima lo spazio è ampio e aperto, l’occhio si spinge in profondità, muovendosi tra quinte prospettiche, alternate in composizioni complesse, ma unite da un centro sempre geometrico e mai narrativo. Esiste in esse un elemento emergente – come il Cristo, la tavola periodica, il distributore di gelato – e una divisione in fasce parallele, orizzontali e verticali, che s’incrociano formando un sistema di quadri in cui quello centrale è nucleo provvisorio. Tutto è sparso entro ampi confini e concorre al racconto. C’è sempre una porzione di spazio semivuoto, in genere occupata da una strada, che corre verso un fulcro centrale. Qualcosa che potremmo definire quasi ‘anticamera prospettica. Tutto questo in contrapposizione con “New York 2014”. Nelle immagini americane, infatti, tutto viene spinto in primo piano, a ridosso di chi guarda. La profondità di veduta (quando c’è) viene negata per mezzo di ostacoli e barriere, fino ad arrivare ad una chiusura della scena, che nega ogni punto di fuga verso il fondo. In Lisbona l’alternarsi delle quinte lascia immaginare la presenza di una dimensione oltre l’ultima linea di demarcazione. In New York si è assaliti da un senso di claustrofobia, come se fosse rifiutata l’esistenza – almeno in quanto conoscenza – di un ‘oltre’. Come nello spazio di una rappresentazione teatrale, dove tutto è contenuto entro i limiti del palco e l’umanità si muove solo ai lati di esso, entrando e uscendo dalla scena a destra e a sinistra, e senza mai sondare la terza dimensione. Minimo comune denominatore di entrambe le serie è qualcosa che non si può spiegare non considerando l’altra parte del lavoro di questo fotografo: la surrealtà. Martini alterna realismo e visioni, vita vera e mise en scène, street e mondo onirico.
Info: www.galleria33.it ; www.facebook.com/ilristorantemariano ; www.smartini.it