ROMA. Dal 14 novembre Global Photography Europe, l’esposizione curata da Stefania Rössl e Massimo Sordi, arriva in Italia e otto fotografi europei -Daniel Augschoell(ITA), Anne Golaz (CH), Michal Luczack (PL), Laura Pannack (UK), Regine Petersen (D), Joffrey Pleignet (F), Lotte Sprengers (NL), Sandra Vitaljic (HR)- che hanno indagato il concetto di spazio (lo spazio che ognuno di noi può vivere, ma anche percorrere, attraversare o ancora immaginare) saranno ospiti di OfficineFotografiche.
La mostra, aperta al pubblico fino al 5 dicembre, propone un focus sulla “giovane” fotografia europea. Se, nel nostro presente, internet costituisce una piattaforma particolarmente efficace per veicolare le infinite immagini e per diffonderle nelle sconfinate diramazioni della rete, Global Photography rappresenta un’opportunità importante per contemplare da vicino la vera natura della fotografia fatta di materia, la stampa fotografica.
Le immagini degli otto autori, ognuno testimone di un diverso Paese europeo, conducono lo sguardo dell’osservatore in otto mondi distinti o piuttosto nella direzione di un mondo solo. Nel loro insieme esse formano un universo in cui è possibile spostarsi, da uno spazio all’altro, tra le infinite sfumature del paesaggio d’Europa. Una delle cinque parti del mondo.
Sandra Vitaljic – Amata. Dopo anni di ricerche dedicate ai delitti d’amore apparsi su quotidiani, riviste e in dossier di polizia, Sandra Vitaljic ha iniziato una singolare interpretazione dei drammi esistenziali narrati realizzando una serie di fotografie costruite su dissezioni di corpi conservati. Scoprendo oscure verità nascoste nell’intimo, un idioma anatomico-scientifico, le immagini prodotte ricordano le prove letali di questi legami. Parti smembrate si convertono allora in feticci, in foto- oggetti che “evocano doni dati in nome dell’amore – l’amore che è in sé così segnato dal tempo”, un amore spesso idealizzato.
Daniel Augschoell – Far Well Fany Stix . Far Well Fany Stix è il racconto di un luogo che appartiene sia a chi ci vive, sia a chi ci è passato e lo ha attraversato soltanto, anche velocemente, senza riuscire a comprenderlo fino in fondo. L’unica cosa che rimane è un immagine, una memoria, fatta di un’ immaterialità in continuo mutamento. Un luogo in cui il confine tra il passato e il presente pian piano svanisce, lasciando spazio ai giorni e ai mesi, eterni viaggiatori.
Michal Luczak – Brutal. La stazione ferroviaria di Katowice è il simbolo della modernità e dello sviluppo della nuova repubblica polacca. Solo dieci anni dopo la sua costruzione, l’edificio subisce un veloce processo di decadenza fino a diventare una vera e propria rovina nel cuore di una delle più importanti città della Polonia: un luogo di passaggio, di transito dei viaggiatori ma anche un luogo di sosta per coloro che utilizzano la stazione come la propria casa. L’edificio, ultimo esempio di architettura brutalista in Polonia, è stato abbattuto nel 2011.
Joffrey Pleignet – Masters of caos . Le immagini ritraggono delle persone sole o in coppia, occultate dal buio della notte, rapite dalle fatiche e/o dall’alcol. Le posizioni dei corpi variano in funzione della stanchezza e della temperatura dell’ambiente. Gli individui, bloccati dal flash, sono assimilabili a delle specie di sculture.
Lotte Sprengers – Home (Thuis). 52˚ 06’ 15’’ N // 05˚ 06’ 59’’ . E La grande carenza di alloggi a seguito del periodo bellico ha portato il governo dei Paesi Bassi a costruire nel dopoguerra centinaia di migliaia di nuovi quartieri residenziali, riflesso di nuova società pensata come mescolanza delle differenti classi sociali. Oggi quei distretti urbani non rispecchiano più il tessuto della società originariamente insediata e sono additati dalla municipalità come luoghi poco sicuri. Affiancata dal sociologo urbano Thaddeus Müller, che dal 2008 al 2011 ha intervistato i residenti, Lotte Sprengers ha scoperto che per molti abitanti lo Staatsliedenbuurt è luogo piacevole da vivere. Home restituisce uno scorcio reale dell’insediamento, non un piano sulla carta o un terreno fertile per i problemi sociali, ma un luogo dove la gente vive accettando i problemi come un fatto della vita.
Anne Golaz – Metsästä . Fluttuando tra ambiente comune e straordinario, Anne Golaz propone un racconto a tratti autobiografico, che mescola finzione e documentazione. Ambientato nella foresta finlandese Metsästä narra una storia agghiacciante quanto incredibile vissuta da personaggi maschili ritratti come uomini a caccia di prede mancanti che si alternano a figure femminili, affascinanti icone e senza tempo. Le immagini in mostra, una selezione del lavoro complessivo, intendono comunicare l’espressione emotiva dell’autrice piuttosto che un processo documentale, un personale percorso iniziatico che si compie all’interno di un bosco perduto dove i soggetti ritratti sembrano sognati più che trovati.
Laura Pannack – Young British Naturists . Attraverso le immagini di un gruppo di giovani naturisti inglesi la Pannack supera quel sipario, solitamente riservato alla sfera privata delle persone, per indagare il tema della nudità come concetto ma anche come stato d’essere dell’uomo. Durante l’infanzia la nudità è ancora considerata naturale, un segno di purezza, non ancora contagiato da connotazioni sconvenienti che cominciano a fiorire, invece, nel periodo dell’adolescenza. Nelle opere in mostra la fotografa svela un modo di vivere che esprime allo stesso tempo innocenza, sessualità o purezza.
Regine Petersen – Find a falling star Chapter 1: Stars Fell on Alabama. Il 30 settembre 1954 un meteorite cade su una casa a Sylacauga, in Alabama. Il fascino per i meteoriti porta la fotografa tedesca a compiere un viaggio nei luoghi e tra i documenti d’archivio, in cerca di possibili tracce lasciate dall’impatto di alcuni frammenti di stelle cadenti nelle case, nei deserti, nella vita dei testimoni visivi di questi avvenimenti. Le immagini in mostra non intendono proporre una ricostruzione di eventi ma una collezione di segni, un’investigazione sui concetti di tempo, di memoria e di storia; un tentativo di creare un dialogo tra l’ordinario e il sublime, di stabilire nuove relazioni tra soggetti e gli oggetti ritratti che rappresentano i segni del Tempo ma anche dell’Infinito.
Info: OfficineFotografiche