BOLOGNA. Inaugura sabato 24 gennaio e proseguirà fino al 4 aprile il progetto espositivo “Altrimenti che essere” alla GalleriaPiù di via del Porto 48 a/b. L’esposizione affronta il tema dell’alterità, alla luce del saggio omonimo di Emmanuel Lévinas, secondo un’ottica che guarda alla sensibilità di genere. In occasione dell’inaugurazione sono previste le performance degli artisti Davide Savorani e Nefeli Skarmea. In mostra 10 artisti italiani e internazionali -Patrick Angus, Tomaso De Luca, Didier Faustino, Joanna Piotrowska / Nefeli Skarmea, Elodie Pong, Prinz Gholam, Athi-Patra Ruga, Davide Savorani, Paul Mpagi Sepuya, Namsal Siedlecki- dotati di un’ottica “disturbante”, in grado di percepire una realtà meno omologata e coerente ma sicuramente più autentica. E di celebrare la diversità e l’unicità di ogni individuo.
Il soggetto è interpretato in una visione di apertura e dialogo, come “Io desiderante” che entra criticamente in comunione con ciò che è altro da sé. L’ambivalenza che ne deriva costituisce un segnale di resistenza contro l’omologazione della realtà, è frutto di un pragmatismo filosofico che può essere applicato sia all’arte che alla vita quotidiana, sia all’esperienza estetica che a quella pratica. Qui il processo creativo, inteso come fertile metamorfosi, si formalizza in trasformazione della vita stessa. L’approccio dell’arte intende interrompere il flusso omologato di segni, il suo compito è quello di essere critica e disturbante, di avere uno sguardo strabico che permette di percepire una realtà più autentica.
Come dimostrano le opere in mostra, ciò è reso possibile solo riconoscendo la solitudine dell’altro, la sua unicità, ma anche il suo mistero e il valore del suo essere persona. Confutando Freud, secondo il quale l’alterità non è che una proiezione dell’Io, essa diventa totalmente estranea all’Ego producendo fratture esistenziali anche dal punto di vista iconografico, perché ogni esperienza è unica e mai paragonabile.
Pure laddove gli artisti parlano di sentimento ed emotività li interpretano in una accezione antiromantica perché non implicano la fusione, l’identità totale, e dunque l’Eros non prevede possesso ma mistero verso l’altro, quasi in una accezione metafisica.
Termini crudi come esposizione, vulnerabilità, prossimità, sostituzione, ostaggio, sono ricorrenti in ogni lavoro esposto e sono il risultato di un controllo concettuale prima che emotivo, che non consente abusi sulla sua interpretazione. In questo, tali espressioni confermano quei teoremi di Kurt Gödel sull’incompletezza, per cui la natura dell’arte si fonda sul bisogno soggettivo di interrompere l’equilibrio e l’apparente coerenza del mondo.
Info: www.gallleriapiu.com