MODENA. Fino al 29 novembre alla galleria Einmal sarà in mostra “The Tree of Life” di Luca Monzani.
Che cosa determina l’identità dell’uomo, intesa come coerenza e sincronia delle parti di cui esso è composto? Un’installazione video, tripartita, ricrea l’immagine, presente nella cabala ebraica, dell’albero della vita. Secondo un ordine preciso, tre video mostrano un muro in cemento armato su cui si stagliano ombre di figure umane. Il lavoro si sviluppa in tre frames: rami, tronco e radici. Ai rami può corrispondere la parte più immateriale dell’essere umano, lo sviluppo del suo pensiero, il suo immaginario, il movimento costante del suo potenziale mentale e spirituale. Alle radici, la penetrazione dell’organismo vivente nello spazio fisico, da cui dipende il reperimento di energia dal mondo materiale. Il tronco, perno centrale, sede della stabilità e dell’equilibrio. Le tre parti, quasi fossero autonome e vitali, viaggiano in tempi propri e separati, rendendo visibilmente impossibile una sincronia e quindi una loro conciliazione.
Come Adamo, creato nella tradizione ebraica a partire terra, rimane massa informe e indeterminata prima del soffio divino che infonde in lui un’anima e un’identità, così l’uomo resta informe, e “scollato” in assenza del suo creatore. Ad avere potere nella determinazione e nell’acquisizione di senso della sua identità, e della coesistenza coerente delle sue parti, non è soltanto la presenza in lui del disegno divino. Non ci è dato sapere se il creatore del primo uomo l’avesse previsto. L’esistenza e il passaggio di altri esseri umani che stagliano su di esso le proprie ombre, permanenti o passeggere che siano, influenzano e delimitano il suo costituirsi come un uno unitario. L’incontro con l’altro, l’influenza dell’altro, plasmano e delimitano lo sviluppo del pensiero, plasmano e delimitano la libertà di movimento nello spazio fisico, riempiono o svuotano di senso l’esistenza di un tronco come perno centrale.
Nel silenzio dell’assenza di dio, che fastidiosa e assordante rimbomba, rappresentata da un suono lobotomizzante che si ripete all’infinito, e nell’abuso dell’altro, che delimita il pensiero e il movimento dell’individuo, un’identità e un’umanità, già per natura fragili, appaiono impossibili per l’essere umano. Che resta in balia del caso, inerme nel vuoto di senso dato dall’assenza del soffio divino dentro di lui, e dal vuoto di senso generato dall’altro fuori di lui.
«Il vuoto è il tema portante del lavoro, è la traduzione simbolica dell’assenza che si è insediata nel popolo ebraico dopo l’Olocausto. Ma allo stesso tempo, il vuoto rappresenta l’assenza di Dio durante la Shoah, il suo silenzio durante lo sterminio nazista (…) Le ombre stagliate sulla parete e l’interruzione dei video rievocano il più grande sterminio della storia contemporanea».
Luca Monzani (Modena, 1989) si laurea in Conservazione dei Beni Culturali a Parma. Dal 2009 si occupa di fotografia e architettura e dal 2010 lavora all’uffcio tecnico, allestimenti e collezioni presso Fondazione Fotografia Modena. Nel 2011 integra la propria formazione in UK con la mostra Postmodernism. Style and Subversion 1970–1990 al V&A e si occupa di urbanistica nel complesso del Barbican Center, sede dell’OMA a Londra. Nel 2014 viene selezionato per l’opera Corale Paesaggi Abitati di Studio Azzurro per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia Architettura 2014. Nel 2015 allestisce una personale all’archivio di Stato di Reggio Emilia durante il festival Fotografa Europea. Ha all’attivo mostre in gallerie e spazi privati sul territorio nazionale e collabora come curatore a diversi progetti culturali.
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