ROMA. Anche in questa edizione 2016, FotoLeggendo si sofferma su vari aspetti che accompagnano il fenomeno migratorio presentando, dal 15 giugno al Polo Museale ATAC in via Bartolomeo Bossi,7 (all’interno dei vecchi vagoni ferroviari) e alla stazione Piramide Metro B- banchina Roma-Ostia Lido, tre lavori fotografici e uno di disegni e parole, per ampliare ed approfondire la visione della questione.
In mostra ci saranno i lavori Let me in di Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi; Stuck in a limbo | Inside Idomeni refugee camp di Francesco Pistilli; Presidio No Borders di Ventimiglia – estate 2015 di Laura Spianelli e Arance amare di Gabriele Guida. Tutti diversi per estrazione gli approcci stilistici: di documentazione e reportage sono i lavori di Guida su Rosarno e di Pistilli su Idomeni, più intimo e relazionale il lavoro di ritratto di Caimi e Piccinni, per arrivare ai diari personali della fumettista Laura Spianelli alla frontiera di Ventimiglia, carichi di esperienze condivise.
FotoLeggendo ha sempre inserito nella sua programmazione dei focus su tematiche di rilevanza sociale, e la scelta di continuare a raccontare delle migrazioni viene dalla consapevolezza dell’importanza sempre maggiore che il fenomeno riveste nella nostra vita di tutti i giorni, a dispetto della scarsa presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica della complessità della situazione. “Se nella passata edizione ci siamo concentrati sugli sbarchi – raccontano gli organizzatori- in questa rassegna i lavori in mostra ci portano sul lungo cammino intrapreso dai migranti e riflettono su alcune tematiche che hanno trovato attenzione particolare sui media nazionali: il viaggio, con tutto il carico di aspettative e speranze, la sosta alle frontiere e nei centri di permanenza, e l’arrivo “a destinazione” nei campi agricoli del Sud Italia“.
Ecco che allora la rassegna “L’ESODO – il viaggio continua” è la prosecuzione della riflessione sulle migrazioni iniziata lo scorso anno con la collettiva L’Esodo e la mostra Mare Nostrum di Massimo Sestini, nello spirito di questa nuova edizione in cui la fotografia si contamina con altre forme di espressione.
LE MOSTRE
LET ME IN – Valentina Piccinni e Jean-Marc Caimi
Let Me In è un lavoro composto da 40 autoritratti e altrettanti messaggi scritti a mano da migranti o rifugiati, realizzato seguendo il recente movimento migratorio lungo la rotta balcanica. Da Belgrado a Subotica, da Horgos a Sid, Tovarnik, Berkasovo, negli accampamenti provvisori, nei parchi delle città, nelle stazioni ferroviarie, sui confini serbo-ungherese e serbo-croato, nei campi dove ci si nasconde in attesa di raccogliere il denaro per raggiungere l’Europa, i fotografi hanno chiesto alle persone in fuga dalla loro terra di scattarsi un autoritratto e di scrivere un messaggio. I testi, redatti in diverse lingue (arabo, urdu, pashtu, farsi, tamil, turco, francese e inglese), sono messaggi indirizzati alla nazione che vorrebbero raggiungere, aneddoti relativi al loro lungo viaggio, riflessioni intime e personali, canzoni, disegni, poesie e molto altro.
Ogni ritratto, singolo o di famiglia, insieme alla sua corrispettiva lettera, va a formare un dittico, una dichiarazione di esistenza ed individualità, che si pone l’obiettivo di andare oltre l’immagine della massa migratoria indistinta. Evitando di indulgere nel sentimento di compassione o sulle immagini di miseria, le persone si fotografano guardando dritto negli occhi il popolo europeo e quello che sperano sia il loro futuro. Lo scopo finale del progetto è quello di restituire dignità ad ogni singola persona attraverso il suo messaggio e la sua presenza, per promuovere una maggiore comprensione sulla crisi migratoria e sulle sue vittime.
Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni si occupano di fotografia documentaristica e di progetti più intimi e personali. Lavori recenti includono la crisi migratoria, il conflitto nel Donbass, l’inquinamento in Italia, la rivoluzione di Maidan in Ucraina (esposto a Malmö e al LUMIX Festival For Young Photojournalism, vincitore di molteplici HM al NPPA Best of Photojournalism). Il loro lavoro è regolarmente pubblicato sulla stampa internazionale. Hanno all’attivo tre libri: “Daily Bread” (T&G) progetto esposto in Svezia (Vasli Souza Gallery), Giappone (Reminders Gallery) e Italia (Interzone), “Same Tense” e “Forcella” (Witty Kiwi Books), sul quotidiano vivere in un quartiere napoletano conosciuto per le faide camorristiche, esibito a Roma (Cascina Farsetti) e durante FotoGrafia 2016.
STUCK IN A LIMBO | Inside Idomeni refugee camp – Francesco Pistilli
A partire dal 2015, circa 1,2 milioni di migranti e rifugiati sono arrivati in Europa, innescando una crisi che ha scosso profondamente il Vecchio Continente. E la situazione è destinata ad aggravarsi se – come previsto dalla Commissione Europea – altri 2 milioni di richiedenti asilo arriveranno in Europa da qui al 2017.
La chiusura dei confini europei e la mancanza di un’efficace strategia per far fronte al massiccio afflusso di profughi in fuga da Siria, Afghanistan, Iraq e altri Paesi ha come conseguenza quella spezzare le famiglie, esponendo i più vulnerabili (donne sole con bambini e minori non accompagnati) al rischio di essere preda di smuglers e trafficanti.
Per quelli che ora sono intrappolati in Grecia (fino a poche settimane/mesi fa punto d’approdo per i barconi provenienti dalla Turchia) il sogno di raggiungere la Francia o la Germania è presto diventato un incubo. Un incubo fatto di campi profughi improvvisati e sovraffollati, di continue code per il cibo e l’acqua. Attualmente, circa 10mila persone vivono in piccole tende e negli spazi abbandonati della vecchia stazione ferroviaria di Idomeni (al confine tra Grecia e Macedonia). Il campo profughi di Idomeni si estende per centinaia di metri lungo la ferrovia che attraversa il confine e per centinaia di metri su entrambi i lati. La maggior parte dei profughi dorme in tende da campeggio, piantate direttamente sul terreno fangoso o sulla massicciata della ferrovia. Altre tende sono state installate sui piazzali di alcune stazioni di servizio come “Albergo Hara”. Ancora, nei pressi di edifici abbandonati lungo l’autostrada che corre vicino al confine tra Grecia e Macedonia, dove vivono soprattutto profughi in fuga dal Kurdistan e dal Pakistan. Ho trascorso due settimane a Idomeni, documentando le condizioni in cui centinaia di persone sono costrette a vivere. Accampate lungo il confine greco-macedone, in una sorta di limbo. Una terra di nessuno dove sono bloccati, costretti a vivere in situazioni drammatiche. Ma con la speranza di riuscire ad attraversare legalmente (o no) il confine con la Macedonia. Per poi raggiungere il cuore dell’Europa.
Francesco Pistilli nasce a L’Aquila nel 1982. Si laurea alla Facoltà di “Cinema e Visual arts” di Bologna con una tesi sul nuovo cinema italiano di Matteo Garrone. Dal 2009 si dedica al Reportage come fotografo e film-maker freelance. Nel 2011 lavora come fotografo di Staff al Tico Times, in Costa Rica. Dal 2012 al 2015 collabora continuativamente con il magazine Wired (edizione Italia). Attualmente sta lavorando ad una campagna nazionale per Emergency, la ONG del chirurgo di guerra Gino Strada, documentandone il lavoro nelle cliniche attive nel continente africano. Le sue immagini sono state pubblicate sulle maggiori riviste internazionali ed nazionali: Time, M Le Magazine du Monde, Vanity Fair, L’Espresso, Internazionale, Wired, Politico e molti altri.
ARANCE AMARE – Gabriele Guida
‘Arance Amare’ è la storia di un luogo del Sud, dimenticato dalle istituzioni, consumato negli anni dalle cronache, che oggi non fa più notizia. Nella Piana di Gioia Tauro però, tra Rosarno e San Felice, nulla è cambiato. Questa è la storia dei braccianti della Piana e del sapore che hanno i nostri agrumi. Molti vivono in dei veri e propri ghetti, poli abitativi precari e fatiscenti, autogestiti ed “autosufficienti”, dove vi sono attività di vario genere: spacci alimentari, macellai, sale tv, prostituzione, coiffeur, ciclisti e luoghi di culto. La maggior parte di questi braccianti viene dal West Africa; hanno affrontato viaggi lunghi mesi, se non anni, fatiche atroci, perso amici lungo la strada ed attraversato il deserto e poi il mare. Tanti vivono in Italia da più di dieci anni con un regolare permesso di soggiorno, arrivati prima della crisi quando il lavoro nelle fabbriche del Nord ancora c’era. La Piana è piena d’orgoglio, di forza d’animo e di storie che ormai sembrano lontane, eppure qui i braccianti vengono emarginati e sfruttati.
La raccolta degli agrumi si divide in due fasi: quella dei mandarini è la più faticosa, le braccia sono continuamente in alto e fa freddo. La paga è di 1€ a cassetta e ogni cassetta pesa circa 20kg. Finiti i mandarini, inizia la raccolta delle arance, la più pericolosa perché bisogna arrampicarsi in cima all’albero e scuoterlo, per far cadere i frutti dal ramo, con il rischio che questo si spezzi; ma il frutto a terra non ha valore perchè la paga è a cassetta, 0,50€/cent l’una per un peso medio di 20kg. L’alternativa al cottimo è la paga a giornata, intorno ai 25€, meno il prezzo del trasporto fino al campo che è di circa 3€. Non c’è differenza tra chi ha un contratto e chi non lo ha. Quello del lavoro grigio è un fenomeno sempre più diffuso in agricoltura, denunciato da MEDU, nel rapporto Terra Ingiusta, e dalla Flai Cgil: un contratto c’è, ma non garantisce nessuna tutela lavorativa. Nonostante le molte denunce, la situazione dei braccianti della Piana resta tuttora altamente a rischio.
Gabriele Guida, classe ’89, fin da piccolo giocava con le macchine fotografiche ed una volta cresciuto, decise di diventare un fotografo. Ha studiato tre anni alla Scuola Romana di Fotografia e si è specializzato in fotogiornalismo frequentando il Master in Fotogiornalismo Contemporaneo a cura di Emiliano Mancuso presso Officine Fotografiche Roma. Ora collabora con AGR, una storica agenzia di Roma, ed appena può parte per l’India, un luogo che ama. Gabriele crede fermamente nel ruolo del fotogiornalismo e per questo motivo è profondamente impegnato nella sua crescita professionale e personale e vorrebbe combinare tutti i mezzi di comunicazione: video, foto, audio e testi in un unico prodotto multimediale.
Presidio No Borders di Ventimiglia. Estate 2015 – Laura Spianelli
Un taccuino è una serie di fogli, rilegati o non, dove appuntarsi note, cose importanti, numeri e scritte. Un sistema utile ai distratti per non scordare. Ma può diventare qualcosa di più. Una mostra per esempio, come in questo caso. Il lavoro di Larua, disegnatrice e fumettista è uno squarcio nel tempo, un’istantanea di un momento, un’immagine impressa sulla carta. E in questo modo diventare più di un fuggevole ricordo che strappa un sorriso: può diventare il ricordo stesso descritto al momento, quasi una fotografia soggettiva di chi l’ha creato, condito con tutte le sue note ed impressioni. Ed in quel momento, quel taccuino diventa un pezzo di Storia, come le foto di un reporter di guerra. Perché di guerra si tratta. Diventa un mezzo dove scrivere, appuntare e fissare a fuoco ciò che in quel momento accade, ciò che in quel momento viene detto, viene combattuto e viene vinto o perso, a seconda di chi racconta. Una cronaca in tempo reale di un protagonista della lotta assieme ai lottatori e alle lottatrici, contro l’ingiustizia della quotidianità con tutte le sue bassezze, ma anche a favore di tutte quelle grandi e piccole soddisfazioni che solo la vita sa dare e chi la vive sa ricevere. E quel piccolo, semplice pezzo di tela con rilegati dei piccoli fogli di carta diventa un’arma per il futuro, diventa un muto testimone oggettivo, diventa ciò che spaventa chi divulga oggi notizie false o faziose.Diventa un testamento per i lottatori e le lottatrici di domani. (Simone Delladio)
Laura Spianelli è nata a Roma nel 1978. Nel 1998 frequenta il corso triennale di Fumetto Realistico alla Scuola del Fumetto di Milanosotto la guida di insegnanti come Alessandro Baggi, Mauro Muroni, Giovanni Civardi e Diego Cajelli. Terminata la scuola muove i primi passi nel campo dell’editoria lavorando con Stregatto Editore, Sciacallo Elettronico e Filippo Editore. Negli anni a seguire svolge commissioni nelle vesti di fumettista e di illustratrice per case editrici di importanza nazionale e internazionale come: Gruner und Jahr/Mondadori, Rizzoli , Editoriale Aurea, Banca Anton-Veneta, Heavy Metal, Star Comics, Pavesio Production. Nel 2009 fonda lo Studio Mostarda insieme a Simone Delladio, disegnatore e professionista col quale collabora tutt’ora. Nel tempo libero porta avanti i suoi progetti, ovvero: “Stirpe di Pesce” e “i Diari della Resistenza”, diari di viaggio realizzati durante le manifestazioni e gli incontri di piazza di cui la presente mostra fa parte.