Domenico Taddioli, Lontane realtà è la mostra a cura di Simona Guerra ospitata fino al 6 dicembre, allo Spazio Piktart di via Mamiani 14, a Senigallia. In mostra 27 opere del fotografo osimano, riconosciuto a livello nazionale.
La mostra di Domenico Taddioli a Senigallia
Domenico Taddioli è stato attivo durante una delle stagioni più vive per la fotografia marchigiana: la seconda metà del ‘900. Allievo di Giuseppe Cavalli, poi sperimentatore appassionato del genere reportage sociale, appartiene a quegli autori affascinati dalla realtà e dalle sue innumerevoli possibilità di racconto.
Le “lontane realtà” lo sono nel tempo e nello spazio: sono quelle raccontate nel sud Italia, esotico e magico per la sua generazione, fotografate negli anni ’60. Sono visioni di feste, tradizioni e di un quotidiano che fatichiamo a credere sia il nostro passato recente.
Nei suoi primi anni di attività Domenico Taddioli ha guardato con interesse all’insegnamento di Giuseppe Cavalli, suo maestro, che sosteneva tra l’altro un uso del mezzo fotografico libero da finalità documentarie. Tuttavia, successivamente, Taddioli ha saputo dar vita a un percorso personale che lo ha spinto verso il reportage e il racconto fotografico e che è l’oggetto di questa mostra.
Tra il 1965 e il 1957 Taddioli viaggia molto e fotografa il sud Italia: in particolare la Basilicata (1965, 1969), la Puglia (1962-1964), l’Abruzzo (1965, 1967) e L’Umbria (1965 e oltre) ma anche altre zone d’Italia e ovviamente le Marche. A sud resterà particolarmente attratto dal lavoro, dalle feste e dalle tradizioni (ai luoghi visitati si aggiunge la Sicilia nel 1994 e Carrara nel 1997).
In mostra l’Italia dalle mille sfaccettature
Si tratta di reportage che nel tempo sono andati impreziosendosi perché testimonianze di un patrimonio storico e sociale tutto italiano. È questo, ad esempio, il caso di Castelluccio di Norcia, ripresa per la prima volta nel 1965, quando era ancora una meta sconosciuta ai fotografi. Nelle immagini vediamo un passato che non può tornare. L’usanza di raccontare la storia delle sue genti sui muri, i muri stessi, sono andati in gran parte perduti dopo il terribile terremoto del 2016 che ha quasi raso al suolo il paese.
Ma lo stesso si può dire per i costumi delle donne della Lucania, per le condizioni abitative in Puglia, per le relazioni interpersonali, per i modi di manifestare il proprio credo durante le feste religiose illustrate.
Oltre all’insegnamento delle attività di camera oscura, in queste opere si nota come Taddioli, del maestro Cavalli, conservi la lezione sulla composizione e quella sul valore del bianco: uno spazio che non è assenza di toni bensì luogo prediletto del fotografo per misurarsi con la luce. A questo aggiunge un personale senso di sincera amorevolezza nei confronti della realtà e delle situazioni che sa trattare con rispetto: un “altro da sé” che racconta senza mai invadere.
Taddioli si inserisce con la sua opera nel contesto culturale regionale del dopoguerra che aveva due approcci fotografici vissuti come opposti. Si parte da quello formalista-crociano portato avanti da Cavalli (“scuola” di Senigallia) e quello realista proposto da Luigi Crocenzi (“scuola” di Fermo). La sua posizione è sempre stata al di sopra di orientamenti rigidi. Ha affermato che la fotografia per lui è sempre stata una compagna di emozioni e ricordi e il senso con cui ha vissuto quest’arte è stata quella di rendere grazie alla bellezza che lo ha circondato in vita.
L’associazione fotografica e il sodalizio con Guidi
A Osimo nel 1964 fondò un’associazione fotografica di spessore, date le sue autorevoli adesioni, il “Senza testa”. Con lui c’erano Enzo Bevilacqua, Giuseppe Campanelli, Nicola Canalini e Alberto Pesaresi. E tanti altri autori noti sono passati da questa realtà culturale in cui il dibattito teorico e pratico è sempre stato vivo e produttivo. Tra questi, per fare qualche esempio, Corrado Vidau, Giovanni Pietro Nardi e Eriberto Guidi.
La presenza di Guidi in particolare – autore fermano riconosciuto come primo discepolo di Luigi Crocenzi – è particolarmente significativa e rappresenta un chiaro segno di interesse e condivisione delle reciproche visioni fotografiche e un’apertura al racconto fotografico di matrice crocenziana che Taddioli ha accolto nel suo lavoro. Per fare un esempio, da ricerche eseguite nei rispettivi archivi, sappiamo che le fotografie dei calanchi sembrano essere state eseguite assieme, Taddioli e Guidi, durante un viaggio. Quelli di Guidi sono visibili nella sua serie “L’orrida bellezza” (e oltre a Volterra sono stati scattati a Ripatransone, nelle Marche) mentre quelle di Taddioli restano soggetti singoli.
Due documenti speciali, inoltre, si prestano come approfondimento alla mostra: il verso di due stampe dal titolo “La sciarpa bianca” dimostrano quanto effervescente fosse l’attività associativa vissuta da Taddioli e i suoi sodali e ci parla della febbrile stagione dei concorsi fotografici che si svolgeva in quegli anni. Altro documento importante è un docufilm/intervista, visibile in sala, dal titolo “Domenico Taddioli, Maestro della fotografia” a cura di Daniele Papa, (intervista a cura di Suor Barbara) realizzato nel 2015 nello studio del fotografo a Osimo.
Domenico Taddioli, Lontane realtà | |
Dove | Spazio Piktart, via Mamiani 14, Senigallia |
Quando | fino al 6 dicembre 2021 |
Orari | Da martedì a domenica dalle 18 alle 20 visite solo su appuntamento. |
Ingresso | libero |
Info | www.pikta.it/piktart |