Fotografie, video, sculture ma anche installazioni, dipinti e contaminazioni visive per interrogarsi su un grande tema mondiale: il cambiamento climatico. Al Museo del Mare – Magazzino 26 di Trieste, fino al 24 settembre, è ospitata la mostra “Terra in Trasformazione”.
L’esposizione è l’incontro di due mostre provenienti da luoghi e circostanze completamente differenti. In primis, Crisis Gaia che giunge dal Messico, realizzata dall’artista e scienziato Manolo Cocho che vuole farci riflettere sulla vita biologica sulla Terra, sull’impatto che subisce dall’essere umano nel suo sfruttamento e nella usa difesa.
Dall’altra parte, invece, siamo a Trieste con l’ideazione della mostra aQua, a cura di Maria Campitelli, in cui veniamo invitati a meditare sulla risorsa più preziosa essenziale: l’acqua. Essenziale per la nostra vita, mai come in questi ultimi anni l’acqua ha dimostrato di essere troppo assente o invadente, nell’urgenza e nella distruzione. Un dramma che tutti noi stiamo sottovalutando.
Una grande collettiva sulle urgenze biologiche della Terra
Manolo Cocho, curatore di Crisis Gaia e coordinatore del programma Arte, scienze e complessità del “C3 Centro delle Scienze della complessità” dell’Università nazionale autonoma del Messico, durante la pandemia si è costruito una rete di contatti a livello mondiale in cui ha intercettato opere di fotografie e video, ma non solo.
Cocho parte da una riflessione di James Lovelock, chimico britannico da poco scomparso, affermando che: “James Lovelock vede Gaia come un grande essere vivente, che comprende l’insieme degli esseri viventi del pianeta Terra, individui, gruppi e comunità di individui, società ed ecosistemi, insieme all’atmosfera, al clima e ai contesti geografici, alle diverse condizioni e nicchie in grado di ospitare la vita biologica. […] Possiamo creare vita artificiale, proteggere la vita, ma possiamo anche distruggerla. La sovrappopolazione globale e i suoi bisogni, la somma di tutti gli interessi di tutte le persone, gli affari, la portata e il contrasto della povertà, influenzano direttamente il sistema Gaia”.
Le fotografie in mostra
In mostra molte opere, tra cui diverse fotografie. Tra queste: Jane (2021), dalla serie Secret lives dell’austriaca Christiane Spatt, un autoritratto con una scimmia di peluche, tenuta in braccio e in fase di allattamento. Una nostalgia infantile che vuole indicare quella nei confronti della natura. Presente anche lo scatto di Agnes Hamvas, The Invention of Nature 1, in cui identifica la pianta dell’aloe vaombe proveniente dal Madagascar. Il raggio di sole che la illumina vuole forse significare come sia adattata ad essere addomesticata in luoghi diversi, visti anche i suoi usi benefici.
Presente anche qualche fotografia dalla serie di Mondo Caldo e Coraggioso (Brave Warm World) del fotografo sloveno Bojan Golčar. Con la tecnica della manipolazione e della sovrapposizione, l’autore ha inteso raffigurare uno scenario alieno con uno stile imperfetto del graffito pop e del graffiato. In un certo senso, nel suo sguardo si prevede un domani in estinzione. Dell’artista sloveno, Borut Peterlin, invece, divenuto celebre per le sue fotografie realizzate al collodio, è presente l’opera Father and Son, in cui rappresenta la relazione da padre con il proprio figlio in dialogo con la natura.
L’autore italiano Luciano Perini, invece, presenta un progetto di recente realizzazione: Corpora (2022). Qui il soggetto è ripreso con un corpo cosparso di fango in una forma che rimanda ai primordi dell’apparizione dell’uomo sulla terra.
Ancora, nella sua opera Eccesso di testosterone il messicano Marcelo Calvillo riunisce immagini popolari che ci rimandano alla prima metà del XX secolo, enfatizzando sesso e violenza, in questo caso della violenza a livello planetario: l’uomo che si crede invincibile, convinto di poter imporre la propria volontà anche sul pianeta che lo ospita.
Gli eventi legati alla mostra
Tanti anche gli eventi collaterali proposti tra cui una piccola rassegna cinematografica a cura di Mila Lazić che include la proiezione di Lu tempo di li pisci spata (Italia, 1954), Nika Šaravanja: Dusk Chorus (Italia, 2016), L’ignoto spazio profondo di Werner Herzog (Francia, Germania, Regno Unito, 2005).
Seguono quattro mostre di giovani talenti under 35 che si terranno tra settembre, ottobre e novembre in luoghi diversi del territorio triestino, laboratori per ragazzi e seminari scientifici realizzati in collaborazione con Ogs (Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) per dialogare sulle grandi sfide che il cambiamento climatico ci pone oggi e domani.
Da non perdere, infine, Fine del Confine, un progetto internazionale di land art e installazioni video, realizzato all’interno Parco Basaglia di Gorizia e all’Adventure Park di Ceroglie.
Per info e dettagli: www.triestecultura.it