Neutro presenta Fotografie senza testo di Stefano Graziani, una mostra aperta a tutti e visibile fino al 31 agosto all’interno della galleria pedonale di via Emilia Santo Stefano, a Reggio Emilia.
Una ricerca aperta a tutti
Quella proposta da Graziani è una ricerca sui generi della fotografia attraverso l’estrazione dell’immagine dal suo contesto informativo.
Trasformando il documento fotografico in un potente strumento di stimolo dell’immaginazione e, grazie a questo, di rigenerazione poetica, Graziani fa emergere racconti che ci accompagnano ogni volta verso profonde riflessioni.
Le immagini di Stefano Graziani non possono essere semplicemente racchiuse in uno o più generi perché sono visioni selezionate da cui emergono racconti che ci accompagnano ogni volta verso profonde riflessioni.
Le grandi bacheche che compongono lo spazio diventano supporto continuo per l’affissione in serie dell’opera che guida il visitatore per tutta la lunghezza del passaggio.
Questo lavoro inedito prosegue la ricerca all’incrocio tra fotografia, arte e architettura che Graziani persegue con la sua pratica e che è stata pubblicata ed esposta in numerosi contesti come CCA Montreal, Fondazione Prada di Milano, Maxxi di Roma, Fondazione Fotografia di Modena.
Una riflessione di Stefano Graziani sul progetto
Con una conoscenza abbastanza imprecisa o perlomeno settoriale della storia della fotografia, negli ultimi anni mi sono interessato ai generi, ovvero i cliché che ci permettono di riconoscere o distinguere una fotografia rispetto ad un’altra come una fotografia di paesaggio, di ritratto, di natura morta.
Includo tra questi i cosiddetti generi minori della rappresentazione e quelli specificamente fotografici – industriale, di strada, reportage; tutte categorie che spaventano non poco. Queste mi interessano in quanto specifiche potenziali fotografie e visioni possibili. L’invenzione dei generi non è che il primo tentativo (riuscito) di istituzionalizzare l’arte.
Si può dire molto probabilmente, ed almeno per me frutto della visione apocalittica di Lewis Baltz, che il momento più prolifico e de-istituzionalizzante per la fotografia negli anni ‘70 sia irrimediabilmente passato. Procediamo a tentoni per aggiungere nuove visioni al mondo che già conosciamo, che abbiamo già visto e che irrimediabilmente stiamo perdendo.
Non resta che continuare a guardare (pensare) con una certa attenzione a ciò che potrebbe succedere in un futuro più o meno prossimo. Mi interessa fare a meno dei generi in quanto agenti imbalsamatori e credo che alcune fotografie e alcune serie di fotografie possano non fare parte o aderire ad alcun cliché in quanto estranee a qualsivoglia categoria o restrizione di senso.