“Il viaggiatore non descrive solo l’esperienza visiva ma cerca di cogliere l’anima dei luoghi e della gente.” E’ stata usata questa frase per raccogliere in poche parole la poetica di Ivano Bolondi, fotografo reggiano di Montecchio Emilia. Bolondi inizia la sua esperienza fotografica negli anni ’70 e, con un susseguirsi di mostre e riconoscimenti, il suo percorso prosegue fino ad oggi. Inizialmente fa parte di un circolo cinefotografico dove muove i primi passi guardando con entusiasmo ad un pilastro portante dell’arte fotografica come Henry Cartier Bresson, presto però si accosta con maggiore interesse al suo conterraneo Luigi Ghirri, di cui coglie le proposte innovative del linguaggio fotografico italiano.
Da Ghirri riesce a ricavare l’idea che la fotografia è un’operazione concettuale non destinata a proporre solo immagini descrittive della realtà ma a fornire strumenti interpretativi capaci di sollecitare pensieri ed emozioni nell’osservatore. Guardando le foto di Ivano sembra di fare il giro del mondo: dagli Stati Uniti all’Africa, dalla Birmania alla Cina passando però costantemente dalla sua nativa terra emiliana. Per Ivano fotografare vuol dire farsi coinvolgere ed essere capace di trasmettere le emozioni provate. Viaggio e fotografia si intersecano perfettamente nella sua arte, Bolondi, viaggiando, osserva, coglie e fa propri attraverso l’obiettivo, paesaggi, usi e costumi dei diversi popoli che incontra. Dalla religione agli spettacoli pagani fino alla vita quotidiana di popolazioni più evolute o di quelle del “terzo mondo”, Bolondi sa cogliere attraverso i suoi scatti attimi di vita comune quotidiana attraverso un’attenta ricerca dei valori estetici che traslano la realtà nella creatività.
Molto note le sue fotografie “specchiate” dove il mondo si può unire come in un filo diretto da Gualtieri a Las Vegas, immagini sfuocate, dai contorni incerti, poco nitidi quasi come in una dimensione onirica. Come racconta Fulvio Merlak, critico d’arte, parlando dell’arte di Bolondi “la sua è la fotografia del processo visivo sintetico, un’immagine dai contorni sfumati che è interpretata dall’osservatore attraverso il suo subconscio.”
Dai manifesti pubblicitari alle immagini riflesse nelle vetrine, dai paesaggi reinterpretati attraverso il suo obiettivo alle usanze delle popolazioni di tutto il mondo, questi i suoi scatti più frequenti che ritroviamo anche in uno dei suoi progetti più recenti “Quale Cina?”. Una serie di scatti ci presentano le varie sfaccettature della cultura orientale, a tratti ancora così misteriosa. Armonia, spiritualità, modernità, intessuti di saggezza e cultura popolare, creano le atmosfere sospese di un Paese con una civiltà millenaria che incuriosisce e affascina. Come abbiamo visto recentemente nella sua mostra personale a Palazzo Magnani, le immagini non sono staccate l’una dall’altra ma creano un viaggio immaginario, in poche ore l’osservatore si ritrova a fare il giro del mondo, non casualmente la mostra iniziava proprio con la frase “Un viaggio di migliaia di miglia comincia con un solo passo.”
C’è una frase che rispecchia l’animo di Ivano Bolondi, la frase è “La vita mi emoziona”. E proprio grazie alla sua arte ha avuto grandi riconoscimenti. “Le sue foto sono come sogni”, così ha scritto il Premio Nobel Aung San Sun Kyi, dopo aver visionato il libro sulla Birmania, mentre a novembre del 2012 a Bangkok è stato ricevuto dal Re di Thailandia a cui ha donato alcune sue opere.