REGGIO EMILIA. Luigi Menozzi, reggiano classe 1957, inizia a fotografare nel 1977, prediligendo il bianco e nero e stampando da se’ le proprie immagini, cominciando un percorso sul paesaggio che diverrà col tempo monotematico legato all’Appennino reggiano e culminerà nel 1999 dopo dieci anni di ricerca, nella pubblicazione del libro In attesa dell’incanto. Nel suo percorso creativo l’artista ha sempre utilizzato la pellicola, ritenendo anche indispensabile sviluppare e stampare personalmente le proprie fotografie. Ha esposto in numerose personali e collettive in Italia e all’estero e nel 2009 ha esposto un suo progetto nel circuito ufficiale di Fotografia Europea.
“Platinotipie” questo il titolo della mostra che Menozzi presenta alla Galleria Zannoni in occasione della decima edizione di Fotografia Europea. Grande successo nelle giornate inaugurali, la mostra prosegue fino al 7 giugno.
Dieci anni di lavoro, di studio intenso, un lavoro che si svolge intorno al paesaggio dell’Appennino Reggiano, questo il luogo prediletto dall’artista. Effetto Terra questo il tema di Fotografia Europea 2015 e il progetto più recente di Luigi Menozzi si inserisce perfettamente all’interno di questo tema. Visitare la mostra sembra quasi di fare una camminata tra fiumi, dall’Enza al Tassaro, e colline emiliane fino ad arrivare alla Pietra di Bismantova. Tutto rigorosamente in bianco e nero, l’artista spiega in modo dettagliato infatti il suo procedimento di stampa, un procedimento antico, lento e meditato che si trova in netto contrasto con i metodi veloci del digitale di oggi.
[quote_box_center]“Cerco di produrre immagini che abbiano una forte componente di artigianalità, quasi dei pezzi unici, sono passato dalla carta baritata a quella naturale, per incisioni o per acquerello, personalmente preparata con gelatina ed emulsione fotografica al cloro-bromuro d’argento e successivamente virata al selenio. – Prosegue – Ho scelto per i miei ultimi lavori la stampa a contatto su carta sensibilizzata al platino/palladio, un punto d’arrivo nella fotografia analogica e chimica.”[/quote_box_center]
Guardando i suoi scatti non si può non notare il chiaroscuro, il gioco di luci e ombre ancora più evidenti nel bianco e nero e soprattutto la contrapposizione di toni caldi ottenuti dal palladio e dei toni freddi del platino.
[quote_box_center]Così come ben evidente è il formato di piccole dimensioni e così l’artista spiega , “Ho cominciato a elaborare fotografie di paesaggi a larghe vedute, mettendo tutto a fuoco e cercando di arrivare a una stampa finale che fosse perfettamente conforme a quello che posso chiamare il momento dell’incanto. All’aumentare del formato del negativo (dal 6×6 al 10×12, fino al 20×25), cambia anche l’approccio al paesaggio e la mia ricerca diviene più minimalista, mi concentro su particolari della natura apparentemente insignificanti per cercare di mettere a fuoco quello che non si nota a prima vista.”[/quote_box_center]
Ben evidente nei suoi scatti sono gli spunti presi dai fotografi americani Adams e Weston. “Proprio la visita a una mostra di Ansel Adams – racconta l’artista – ha fatto scoccare la scintilla: da qui è iniziato il progetto che mi lega al paesaggio e alla natura dell’Appennino reggiano.”