“Quando cresci in un luogo i suoi problemi diventano tuoi e hai il bisogno viscerale di mostrarli e cercare di porvi rimedio. Anche quando sei lontano non puoi fare a meno di pensarci. E lo fai con una marcia in più: quella di chi guarda dal di fuori e vede in maniera integra tutte le parti di quel problema”. E’ così che Roberto Pireddu ci racconta il suo progetto, ma | re , dedicato alla spiaggia del Poetto per denunciare un fenomeno di degrado e abbandono. Ma non solo.
Il Poetto é la spiaggia cittadina di Cagliari, capoluogo e piú grande e popoloso centro urbano della Sardegna e durante i primi trent’anni di vita di Roberto Pireddu è stata una costante, un minimo comun denominatore.
“Ripensando ad esso i ricordi si accavallano e si rincorrono spaziando fra i diversi periodi della mia vita. Dalle prime, infantili, seppur sporadiche visite estive con i miei genitori, alle ultime passeggiate autunnali durante le mie giornate di ferie, dopo essermi trasferito a Bologna. Dai sabato sera in discoteca che spesso terminavano con il guardare l’alba, coperto sotto una qualsiasi cosa potesse riscaldarmi, alle nottate estive passate davanti a un falò, una chitarra e qualche birra. Dalle lunghe maratone delle partite di pallone sotto il sole cocente delle 12 ad agosto, al freddo vento di maestrale che, durante l’inverno, fende l’aria mentre, con la mia macchina fotografica sul treppiede, realizzo questo progetto. Dal vedere finire gli amori che la calda estate cagliaritana ogni anno porta con sé al riscoprire un rapporto che, ancora tutt’oggi, è perno fondamentale della mia vita. Non esiste momento, per me, in cui non sia possibile ricollegare un ricordo al Poetto”.
La spiaggia dei centomila, la chiamano, che in un istante ti permette di essere al, o il, centro del mondo, a seconda di come la si voglia vivere.
Solo all’inizio del secolo scorso, però, le viene attribuito questo appellativo. La popolazione della città di Cagliari, che all’epoca, appunto, si attesta intorno ai centomila abitanti, fino alla fine del XIX secolo preferisce altri tratti della costa limitrofa (uno su tutti lo storico sito di Giorgino). Nei primi anni del XX secolo, invece, i cagliaritani iniziano ad apprezzare le dune di sabbia bianca e finissima del Poetto. Sorgono in fretta i primi stabilimenti balneari (il “Lido” e il “D’Aquila”), i primi chioschi e qualche anno dopo viene realizzata una linea tranviaria che collega il centro città alla spiaggia, denominata “Linea P”, che rimane operativa fino al 1973. Ancora oggi il Poetto è convenzionalmente suddiviso in fermate che corrispondono alle vecchie fermate del tram.
Durante il ventennio fascista, sulla spiaggia si edificano i primi casotti, piccole costruzioni di legno utilizzate come spogliatoio.
Nello stesso periodo, e precisamente nel 1937, su progetto dell’architetto cagliaritano Ubaldo Badas, parte la costruzione della colonia marina DVX, imponente edificio a tre piani destinato all’educazione della gioventù fascista che, a causa del conflitto mondiale rimane incompiuto e, nel 1945, viene riconvertito ad ospedale ed inaugurato due anni dopo.
Negli anni successivi alla guerra la vita notturna e diurna della città di Cagliari inizia a risvegliarsi e il Poetto ne diventa il fulcro e oggetto di una frequentazione imponente da parte dei cittadini. A fronte di questo entusiasmo ritrovato colpisce, però, l’assenza di un progetto organico e lungimirante che regoli la fruizione e l’edificazione dei manufatti lungo l’arenile e che permetta uno sviluppo ordinato del litorale fino al massimo delle sue potenzialità.
Tutto questo, purtroppo, segna l’inizio della decadenza del Poetto: il numero dei casotti cresce a livello esponenziale superando addirittura la cifra record di 1400, il loro utilizzo originale viene snaturato e le casette di legno diventano delle vere e proprie residenze estive. Addirittura, tra le varie costruzioni, si possono scorgere delle opere in muratura, ovviamente abusive. Molte porzioni dello stesso litorale, inoltre, vengono occupate dagli stabilimenti riservati alle associazioni militari ed aziendali.
In seguito a questa inarrestabile urbanizzazione della spiaggia sono massicci e frequenti i prelievi di sabbia che causano un ulteriore degrado dell’arenile. Manca, inoltre, una vera e propria rete fognaria per cui i casotti, ugualmente agli stabilimenti e i chioschi, anche essi moltiplicatisi lungo l’intero tratto di costa, contribuiscono ad un pesante aggravamento delle condizioni igienico-sanitarie del litorale. La capitaneria di porto, così, emana un’ordinanza con cui dichiara la spiaggia insalubre.
“E’ il 1986 l’anno in cui le amministrazioni modificano per sempre, e con colpevole ritardo, il panorama del lungomare ordinando l’abbattimento dei casotti e dei chioschi” racconta Roberto Pireddu. “Il Poetto, di nuovo libero dalle costruzioni che lo hanno occupato e usurpato per decenni, mostra così tutto il suo profondo stato di degrado. L’anno dopo, però, sulla parte finale della spiaggia, a ridosso della carreggiata stradale, vengono ricostruiti diciassette chioschi: punti ristoro con funzioni limitate alla sola vendita di bibite e gelati, regolamentati da autorizzazioni provvisorie e stagionali, per cui, alla fine di quell’estate dovranno essere smontati“.
Nel 1989, la società Mediterranea Survey and Service (MSS) viene incaricata di eseguire una rilevazione che permetta di constatare il grado di erosione della spiaggia. I risultati sono eloquenti e certificano che la genesi del degrado del Poetto è concomitante all’inizio dell’occupazione selvaggia e indiscriminata avvenuta nel dopoguerra.
“Gli anni Ottanta scrivono, per il Poetto, un’altra pagina nera della sua secolare storia. La colonia marina DVX edificata durante il ventennio fascista e che, come detto, nel 1947 inizia la sua attività ospedaliera, viene gradualmente abbandonata e trasferita in un edificio poco distante, utilizzato fino a poco tempo prima come struttura alberghiera. Questo lento processo di migrazione inizia nel 1982 e termina circa dieci anni dopo. Da quel momento l’imponente edificio vive in un completo stato di abbandono, preda di vandali, senzatetto e tossicodipendenti che fanno dell’ex ospedale la loro dimora occasionale. Lo stabile, nonostante le diverse promesse di un ipotetico recupero susseguitesi in questi ultimi anni, versa tuttora in quelle identiche condizioni e, da bellissimo esempio di architettura razionalista, è divenuto il monumento all’inerzia e al degrado“.
Alla fine degli anni Novanta (nel 1997 e nel 1999), la MSS, esegue una nuova rilevazione che conferma le cause dell’erosione affermando, inoltre, che il fenomeno, a distanza di dieci anni dalle prime indagini effettuate, si è aggravato notevolmente.
“Il nuovo millennio, fortunatamente, giunge carico di speranza portando in dote la soluzione al disastroso fenomeno dell’erosione: il progetto di ripascimento. L’intenzione, nobile e ambiziosa, è quella di ripristinare la vecchia sabbia, bianca e finissima, che copriva tutto il litorale prima dello scempio dell’occupazione selvaggia culminata con la rimozione dei casotti del 1986. La strategia scelta è quella di prelevare, a diversi chilometri di distanza dalla riva del Poetto e attraverso un sistema di draghe, una tipologia di sabbia che, per colore e composizione, risulta essere identica a quella che in passato ricopriva tutto l’arenile“.
Il progetto del ripascimento è finalmente al via ma, in questo caso, mai proverbio è più azzeccato: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
“La sabbia prelevata si trova a poche centinaia di metri dalla riva e non a diversi chilometri nel luogo precedentemente identificato in fase di studio. Questa manovra criminale vanifica tutte le buone intenzioni e il risultato è sconvolgente: quel che resta delle dune di sabbia bianca finissima è coperto da un composto completamente diverso per colore e granulometria, scuro e grosso, contenente non solo sabbia ma anche conchiglie e concrezioni marine”.
“I chioschi, come detto sopra, ricostruiti nel 1987 e regolamentati da autorizzazioni provvisorie, alla fine di quella stagione balneare non vengono rimossi come prescritto dall’ordinamento. Anzi, avviene tutt’altro. Negli anni si ingrandiscono, compaiono cemento e infissi, ed alcuni ottengono concessioni edilizie palesemente illegittime. Così il 2009 segna l’inizio di un’altra lunga battaglia che dura svariati anni. Si emana un’ordinanza che prevede la rimozione dei baretti ma, tra infinita burocrazia, ritardi, questioni politiche, concessioni stagionali tampone, demolizioni effettivamente avvenute, processi, baretti demoliti poi ricostruiti e ridemoliti soltanto due anni dopo (ahimè, non è un errore di battitura), il termine della disputa appare un miraggio“.
Ufficialmente nel 2012 ma di dominio pubblico da anni, la popolazione cagliaritana scopre che 110 mila metri quadrati di spiaggia sono contaminati dall’amianto. La bonifica, iniziata a maggio 2012, nel 2015 è ancora in corso.
“Causa di tutto questo è la demolizione dei casotti cominciata nel marzo del lontano 1986 e durata circa tre mesi. La manovra riversa sulla spiaggia, per via dello sbriciolamento delle coperture in eternit delle costruzioni abbattute, polveri di amianto i cui effetti, in quegli anni, non essendo ancora presi in considerazione, non prevedono nessuna procedura particolare per lo smaltimento. Anche il ripascimento realizzato nel 2002 ha avuto un ruolo fondamentale per la diffusione delle particelle”.
Nel maggio 2013, il Comune di Cagliari, indice una gara d’appalto per la riqualificazione del lungomare Poetto.
“Si parla di un Poetto nuovo, di un Poetto libero dal traffico automobilistico e capace di diventare una grande zona pedonale, di un Poetto inteso come attrattiva turistica, di un Poetto fruibile anche dai portatori di handicap, di un Poetto moderno capace di ospitare in futuro anche il binario della metropolitana leggera. Si parla di chioschi: finalmente saranno strutture fisse che potranno rimanere aperte tutto l’anno. Si parla di sabbia: la costruzione di un ecofiltro sarà capace di trattenere e proteggere la sabbia favorendo la formazione del vecchio sistema dunale naturale. Si parla di grandi aree parcheggio localizzate: la viabilità stradale sarà riservata solo ai residenti, ai mezzi pubblici, di soccorso e forze armate”.
Nel febbraio 2014 iniziano dunque i lavori che hanno una durata prevista di 540 giorni. Si prevedono leggeri disagi per la presenza del cantiere ma tutto questo è ricompensato dal fatto che a luglio 2015 i cagliaritani, finalmente, potranno avere un nuovo litorale.
I cagliaritani, appunto, sono il fulcro di questa serie fotografica.
“Con l’aiuto delle vecchie foto e soprattutto dei soggetti ritratti che le tengono in mano, mi voglio concentrare sullo stato d’animo proprio di quelle generazioni che hanno conosciuto la vera bellezza del litorale (le dune di sabbia bianca, l’acqua cristallina e quel fondale che ti permetteva di passeggiare per decine di metri con l’acqua alle caviglie) e che soffrono ricordando con amarezza un qualcosa che ormai non c’è più”.
“I ritratti ambientati intervallati da scorci di paesaggio deturpato e abbandonato, strutture fatiscenti lasciate al loro destino, vogliono contestualizzare ed accentuare ancora di più le emozioni che vengono fuori prepotenti dai volti dei soggetti fotografati. In questo modo provo a far capire, anche a chi non sa quale ruolo importante ricopra il Poetto per un cagliaritano, come noi ci sentiamo traditi. E dico “CI” perchè, appartenendo all’ultima generazione che ha conosciuto e vissuto gli ultimi anni di splendore del litorale, questi stati d’animo li avverto e mi dispiaccio“.
Il ritratto della bambina posto per ultimo è testimone del cambiamento avvenuto: a differenza degli altri scatti in cui i soggetti, lasciando intravedere il mare dietro di loro, affermano di avere un ricordo indelebile di ciò che era, lei sarà sempre condannata a non conoscere, e proprio per questo, alle sue spalle, si scorge solo la sabbia.
“E sappiamo, specialmente noi sardi, che una spiaggia senza mare è già di per sè un paradosso. A gennaio 2016, momento in cui scrivo, i lavori procedono ma purtroppo non sono ancora terminati. Ma i cagliaritani sanno aspettare: in fondo sei mesi di ritardo sono poca roba rispetto a cinquant’anni di attesa“.
Roberto Pireddu. Cagliari, 5 ottobre 1984. Fotografo di reportage e fotografia documentaria. Nel marzo 2014 lascia la Sardegna per trasferirsi a Bologna. Questo cambiamento gli permette di avvertire ancora più chiaramente il fascino della sua isola: le sue unicità, le sue forze e, ahimè, le sue debolezze, e da osservatore esterno vuole utilizzare la fotografia per raccontarla dal suo interno. Ha pubblicato i suoi lavori su riviste nazionale ed estere. Nel 2015, tra gli altri riconoscimenti, vince il 1° posto nella categoria “Books – Non Professional” ed è nominato come uno dei 13 fotografi finalisti per il “Discovery of the Year Award” agli “IPA – International Photography Awards 2015” con “ma | re”, serie dedicata al Poetto, la spiaggia cittadina di Cagliari.