Una open call per raccontare con la fotografia l’Italia terremotata, anche dopo anni dal sisma. E’ questa ‘Terrae Motus‘ la call lanciata da Lo Stato delle cose aperta ai fotografi proprio in questi giorni.
Il terremoto e la ricostruzione. In Italia va tutto a rilento
Da una parte le macerie che ancora occupano la quasi totalità dei 140 paesi colpiti dai terremoti del 2016/2017, dove la rinascita appare un miraggio e dall’altra a L’Aquila e nei centri feriti dal sisma 6 aprile 2009 una ricostruzione che procede a due velocità, senza che una scuola nel capoluogo sia mai stata restituita alla comunità e con decine di frazioni e paesi dove le lancette dell’orologio si sono fermate alle 3 e 32 del 6 aprile 2009.
Una ricostruzione ora discutibile ora incompiuta anche nelle altre Italie messe in ginocchio nell’ultimo mezzo secolo di terremoti.
Dal Belice del sisma del 1968 ai 140 paesi fatti a pezzi dalla sequenza sismica del 2016/2017, a ricomporsi è il mosaico di un’Italia fragile divenuta vittima dello spopolamento e dell’abbandono, fenomeni rispetto ai quali i terremoti rappresentano un fattore di accelerazione.
Una open call per reagire
Sottrarre questa Italia, queste Italie all’oblio, è dunque il primo obiettivo di Terrae Motus, la nuova call per i fotografi e filmaker italiani promossa dallo Stato delle cose.
Oltre 100 i fotografi che ne sono stati finora parte il progetto non profit “Lo stato delle cose. Geografie e storie del doposisma” – il primo osservatorio di fotografia sociale e documentaria sull’Italia colpita dal terremoto online su www.lostatodellecose.com – promuove una chiamata pubblica ai fotografi e filmaker italiani per documentare per la prima volta in maniera sistematica la situazione nei territori colpiti nell’ultimo mezzo secolo dai terremoti in Italia (la call è aperta dall’8 ottobre al 16 dicembre 2018).
Una campagna fotografica immaginata non solo per raccontare la situazione nei paesi e nei luoghi che sono stati colpiti dal terremoto che ha messo in ginocchio il Centro Italia fra il 2016 e il 2017 ma al tempo stesso, alla vigilia del decennale del sisma del 6 aprile 2009, per documentare le luci e le ombre che accompagnano la ricostruzione a L’Aquila e nel territorio.
Non solo. Con la campagna fotografica lanciata attraverso la call Terrae Motus si intende rappresentare lo stato delle cose in tutti i territori del Paese colpiti dal terremoto nell’ultimo mezzo secolo: dal Belice del sisma del 1968 e dall’Irpinia e dalla Basilicata lacerate dal terremoto del 23 novembre 1980 fino a San Giuliano di Puglia e al Molise scosso dal sisma del 31 ottobre 2002 e all’Emilia piegata dal terremoto del 20 maggio 2012.
In questo senso l’obiettivo non si esaurisce tanto nel documentare gli effetti devastanti del terremoto nel Paese, quanto nell’accompagnare e sostenere la ricostruzione necessaria delle Italie ferite dai terremoti, evidenziando appunto lo stato delle cose.
A cominciare da L’Aquila, dove il progetto è nato con una prima campagna fotografica nel 2016 per raccontare la rinascita della città, a partire dal recupero dei beni culturali e dalla capacità di resilienza della comunità, e al tempo stesso fare luce sui luoghi dove il tempo si è fermato alla notte del terremoto del 6 aprile 2009.
Circa 15mila immagini quelle materialmente raccolte in centinaia e centinaia di reportage – l’osservatorio è online dal 21 aprile 2017 – a rendere possibile la realizzazione della più grande campagna fotografica realizzata negli ultimi anni in Italia è stata l’adesione al progetto di alcuni fra i più significativi protagonisti del fotogiornalismo e della fotografia documentaria in Italia.
Omaggio a Lucio Amelio
Si è scelto di intitolare “Terrae Motus” questa call in omaggio alla figura di Lucio Amelio, mecenate e gallerista, che all’indomani del terremoto del 23 novembre 1980 commissionò ai più grandi artisti italiani e internazionali del tempo opere a tema, ispirate agli effetti del devastante terremoto e destinate a dare vita alla straordinaria collezione “Terrae Motus”, donata dallo stesso Amelio allo Stato e oggi esposta alla Reggia di Caserta.
Nella convinzione che fotografare le Italie segnate dal terremoto equivalga a prendersi cura dei luoghi e sia dunque un esercizio che non può e non deve interrompersi.
“Dove vien meno l’interesse, vien meno anche la memoria” è il monito affidatoci da Goethe. E il solo modo perché la memoria sia alimentata e il cuore fragile del Paese non sia consegnato all’abbandono e allo spopolamento, e quindi a una fine certa, è non smettere di raccontare lo stato delle cose.
A suo modo Lo Stato delle cose rappresenta una “anomalia”: una campagna fotografica presuppone una committenza che pure c’è stata e c’è, ma soltanto etica e culturale.
Il lavoro di documentazione dei fotografi è stato infatti da loro stessi autofinanziato come l’intero progetto, che si regge solo grazie al circolo virtuoso di una grande rete tra fotografi, intellettuali e giornalisti. Col risultato “paradossale” che lo Stato delle cose è diventato il più grande sforzo di narrazione collettiva del Paese attraverso la fotografia.
Modalità di partecipazione
L’obiettivo della call è raccogliere l’adesione dei fotografi italiani per continuare un’opera di documentazione che giunga nel corso del tempo a una mappatura integrale dei luoghi colpiti dal terremoto.
Questa nuova chiamata pubblica sarà aperta per la raccolta delle candidature dall’8 ottobre al 16 dicembre 2018 al fine di poter documentare da subito, e nel corso del 2019, la situazione nei centri feriti dal terremoto.
In tal senso a fronte delle attestazioni di disponibilità e volontà di partecipazione di ciascun fotografo, il lavoro sul campo avverrà dietro assignment concordato fra la direzione del progetto Lo stato delle cose e lo stesso fotografo anche e soprattutto in funzione delle necessità rispetto ai luoghi da documentare.
Per poter proporre la propria candidatura è necessario indirizzare una mail all’indirizzo terraemotus.opencall@gmail.com avendo cura di indicare le proprie generalità e informazioni di contatto (telefono, sito web, eccetera). Ciascuna candidatura sarà sottoposta al vaglio della direzione del progetto, che comunicherà l’eventuale accettazione entro 15 giorni dalla presentazione della richiesta di partecipazione al progetto.
Coerentemente con lo spirito non profit del progetto Lo stato delle cose, la propria adesione è da considerarsi come volontaria, così come le spese di trasferimento e di soggiorno saranno a proprio carico. Ciò non toglie, com’è già accaduto, che attraverso l’accoglienza di privati cittadini, associazioni e amministrazioni comunali, possano individuarsi soluzioni di ospitalità a costo zero per i fotografi.
Ai fotografi che risponderanno a questa call si chiederà di condividere in prima istanza il proprio lavoro documentario all’interno del portale dello Stato delle cose – e quindi per le eventuali e possibili future iniziative espositive ed editoriali collettive – fatta salva la titolarità del diritto d’autore e dunque la facoltà del singolo autore di immaginarne altri utilizzi.
Il conferimento delle immagini all’interno del progetto avverrà dunque attraverso una liberatoria ad hoc che ne escluderà ogni possibile sfruttamento commerciale da parte dello Stato delle cose.
Lo Stato delle cose
Ideato e curato dal giornalista Antonio Di Giacomo, lo Stato delle cose è promosso e realizzato dall’associazione culturale senza fini di lucro La camera del Tempo con il patrocinio del Comune dell’Aquila e con la collaborazione dell’associazione culturale Territori, del Dipartimento di Scienze Umane e del Laboratorio di cartografia dell’Università degli studi dell’Aquila, dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, del Segretariato regionale per l’Abruzzo del Ministero per i Beni culturali.
A sostenere il progetto, rendendo possibile la realizzazione del suo sito web, l’impresa di comunicazione Carucci e Chiurazzi (per il concept e design) e Shiftzero (development e digital marketing). A supportare la call Terrae Motus anche la rete Terre in Moto Marche.
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