REGGIO EMILIA. Le Officine Reggiane di allora, con i muri in rovina e gli oggetti ormai rovinati che hanno parte dell’azienda reggiana. E’ il progetto di Fabio Boni che racconta per immagini ciò che resta di una vecchia fabbrica abbandonata, un’azienda che ha dato lavoro, nel periodo della seconda guerra mondiale a 11 mila-12mila dipendenti. Il suo progetto inizia nel giugno 2005 quando entra nei capannoni dell’azienda, alcuni vuoti e abbandonati, altri operativi e con le persone al lavoro. <<Il primo istinto di fronte a questo luogo – dice Boni – è stato quello di fotografare tutto, davvero tutto, per fissare in fretta la memoria che quasi svaniva davanti ai nostri occhi, con la chiara percezione che ciò che avevamo davanti sarebbe mutato in breve tempo>>. Dalla selezione delle fotografie è uscito un catalogo di oggetti e di ambienti, densi di memoria, che ci raccontano in maniera semplice l’importanza e la grandezza che questi luoghi hanno avuto, in molti decenni.
Il suo lavoro ora (e fino al 15 dicembre) è in mostra al Tecnopolo, ricavato in uno dei capannoni delle Reggiane, al piano terra della struttura. In mostra alcuni scatti a colori, ritratti di luoghi abbandonati, tra finestre rotte e tende sfilacciate, tra macchinari arrugginiti e poltrone abbandonate. Insieme ai suoi scatti, per la mostra ‘Officine Reggiane’ anche quelli di Fabrizio Cicconi che nello stesso periodi Boni entrò nello stabilimento Reggiane con l’idea di realizzare un libro documentativo sulla fabbrica focalizzato sugli uomini che la rendono attiva con il loro lavoro visto che da lì a poco sarebbe andata dismessa. <<Durante il percorso di documentazione, ho ritratto alcuni operai al lavoro (meccanica, tornitura, saldatura) e con loro ho parlato della situazione lavorativa e il loro destino: si sapeva già che alcuni sarebbero stati delocalizzati e poi, con le ultime riforme, alcuni esodati>>. I suoi scatti sono ospitati nel soppalco ricavato nel Tecnopolo. Di grandi dimensioni, i suoi ritratti raccontano il lavoro alle Reggiane tramite le persone, gli operai che per anni hanno messo in moto i macchinari.
Sempre nel soppalco anche un altro progetto fotografico che si concentra sui lavoratori delle Reggiane. Alessandra Calò, infatti, dopo aver intervistato i dipendenti dell’azienda reggiana ha trasformato le storie dei lavoratori in ritratti ai quali si sovrappongono i segni stessi del lavoro. Disegni, grafici e calcoli che diventano una mappa che conduce lo spettatore al cuore delle immagini. Un progetto originale che mischia alla fotografia l’arte grafica. Sei immagini di grandi dimensioni, appese al soffitto: stessi colori, volti e racconti differenti.