REGGIO EMILIA. E siamo arrivati quasi alla conclusione della decima edizione di Fotografia Europea. Se ancora non siete riusciti a vedere nessuna delle mostre istituzionali legate al tema “Effetto Terra” non disperatevi. Manca ancora un week end ed ecco una mini guida su cosa potreste vedere.
La mostra più interessante di questa edizione 2015, secondo noi, è “A Noor Journal on The Changing planet 2009-2015”, progetto a cura di aBcM e mostra a cura di Laura Serani con gli scatti dei fotoreporter dell’agenzia olandese Noor ai Chiostri di San Pietro (via Emilia San Pietro, 44/c). In mostra una carrellata che documenta i disastrosi effetti dei cambiamenti climatici nel mondo denunciando le condizioni in cui vivono popolazioni intere colpite da carestie, malattie, conflitti, migrazioni forzate e perdita dei mezzi di sussistenza che invita a riflettere e sottolinea l’urgenza di intervenire su realtà cruciali e drammatiche.
Nella stessa sede anche gli scatti di Olivo Barbieri, Ersatz lights, in una mostra che raccoglie immagini realizzate lungo un arco temporale di 30 anni di lavoro. Le immagini sono state scelte dall’autore stesso facendo ricerca nel proprio ricco archivio, alcune inedite per una selezione di circa 200 immagini nelle quali le espressioni spaziali dell’oriente e dell’occidente sono confrontate attraverso un unico elemento in comune: la luce artificiale.
Proseguendo veloci verso i Chiostri di San Domenico (via Dante Alighieri, 11) qui ci si può soffermare sul bel lavoro di Arianna Arcara e Luca Santese, Found photos in Detroit, che i due fotografi (tra i fondatori di Cesura) hanno realizzato con l’intenzione di raccontare la città di Detroit, dopo la crisi che l’ha colpita su più fronti, da un nuovo punto di vista: quello documentario. Lo hanno fatto raccogliendo materiali abbandonati in strutture pubbliche e avviando un’operazione di ricostruzione sulla città e i suoi abitanti.
Sempre ai Chiostri vale una visita anche “A Drop in The Ocean”, a cura di Alessandro Calabrese e Milo Montelli, un racconto sulla vita dell’ambientalista e professore Sergio Romagnoli ucciso in circostanze mai chiarite. In mostra una piccola parte delle immagini realizzate da Sergio Romagnoli nel corso della sua breve vita: scatti prettamente amatoriali si fondono con altri di natura scientifica, spinti da un’esigenza di catalogazione quasi ossessiva che coinvolge in primo luogo il mondo flogistico.
E ora corriamo a Palazzo Da Mosto (via Mari 7) per una collettiva di fotografi –No Man Nature, il titolo della mostra- che nell’insieme -chi più e chi meno- si lascia guardare piacevolmente. Con il lato più che positivo che si può scoprire anche un palazzo appena ristrutturato che certamente vale la pena visitare.
Al Palazzo dei Musei (via Spallanzani, 1) c’è da andare per vedere Joan Fontcuberta, con due mostre, Fauna Secreta e Gastropoda, che hanno diviso il pubblico della fotografia. Di certo queste due mostre vanno viste con ironia perché mentre in Fauna Secreta Fontcuberta ha giocato con la fotografia, la fantasia e i collage inventando nuove “specie” da andare a ricercare tra le teche de museo, in Gastropoda, il fotografo ha voluto mettere in atto un’altra sperimentazione e cioè mettere in mostra fotografie mangiate dalle lumache. Insomma, non è una mostra che può piacere a tutti però va vista e, ripeto, con la giusta ironia e apertura mentale (del resto molti hanno creduto, visitando il museo, che le opere di Fauna Secreta fossero creature reali. Cosa che ci apre la mente sul concetto di finzione e realtà nel mondo fotografico).
Ma passiamo oltre. Corriamo verso la Galleria Parmeggiani (corso Cairoli, 2). Qui potrete andare dritti verso il secondo piano per Fotoscopia di Alessandra Calò , un omaggio all’ospedale reggiano Santa Maria Nuova e ai suoi primi 50 anni. Storie di pazienti, medici, famigliari che si intralciano nelle foto e nei montaggi della Calò.
Senza perdere il ritmo, ci mancano due tappe: la Sinagoga (via dell’Aquila) e lo Spazio Gerra (piazza XXV Aprile, 2). Partiamo con ordine, dalla Sinagoga, dove troveremo Unfinished Father di Erik Kessels ovvero la ricostruzione – materiale e fotografica- di una vecchia Fiat Topolino appartenuta al padre di Kessels. Un progetto personale visto che Kessels ha cercato di finire il progetto non terminato dal papà, grande appassionato di queste utilitarie, e purtroppo colpito da un ictus. Nella grande sala al piano terra della Sinagoga si può vedere il lavoro di de-costruzione e ricostruzione dell’auto, ordinato in piccole “teche” di vetro che custodiscono polaroid.
Più interessante la seconda parte della mostra “La Topolino a Reggio Emilia” sempre a cura di Kessels. Si tratta di un’esposizione in cui i reggiani sono stati chiamati a partecipare con foto d’epoca che ritraevano loro e parenti insieme a Fiat Topolino. Il risultato sé stato una serie di pareti piene di immagini d’epoca, in quadretti o grandi poster, murales appiccicati al muro, che raccontano un po’ il nostro passato.
Concludiamo il nostro giro veloce allo Spazio Gerra in cui, per tutti e tre i piani luminossimi, sono state esposte fotografie legate alla storia del jazz (E lo chiamano Jazz, il titolo della mostra). Parliamo di fotografie di Riccardo Schwamenthal con i grandi nomi del jazz appesi nelle tre sale dello Spazio Gerra con fili trasparenti. L’effetto è davvero notevole e, come vuole lo stile a cui ci hanno abituato quelli dello Spazio Gerra, non mancano contenuti multimediali (e soprattutto filmati e musica a tema).